È polemica in Brasile per la decisione del governatore dello Stato di San Paolo, Tarcísio de Freitas, di porre il veto al disegno di legge approvato lo scorso 8 agosto dall’Assemblea Legislativa che vietava la vendita e la creazione di animali vivi nei negozi e sul web. La norma, in particolare, riguardava cani, gatti e uccelli domestici e avrebbe avuto come obiettivo quello di mettere fine all’attività massiccia di riproduzione di animali per la successiva vendita via Internet.
Una scelta, quella di de Freitas, pesantemente contestata dalle associazioni animaliste brasiliane e, per contro, appoggiata dagli imprenditori che sostenevano un rischio di “incoraggiare la vendita illegale di animali domestici” qualora la norma fosse diventata operativa.
Il testo della legge messa al veto nello Stato di San Paolo prevedeva che si potessero vendere animali solamente passando tramite allevatori regolarmente registrati e che cani e gatti dovessero essere consegnati al cliente castrati, vaccinati e dotati di microchip. Pena una multa e la perdita della licenza per la vendita di animali. Ma, secondo Tarcísio de Freitas, repubblicano e molto vicino al presidente Jair Bolsonaro, la legge avrebbe rischiato di “violare il principio della libera impresa”.
Il governatore di San Paolo, inoltre, il giorno successivo al veto ha dichiarato di aver inviato all’Assemblea Legislativa dello Stato una controproposta per vietare l’esposizione di cani e gatti in vetrine chiuse all’interno di negozi o, in generale, sottoporli a maltrattamenti ai fini della loro vendita. «Il veto è stato posto perché la legge violava il principio di libera iniziativa che è un cardine dell’ordine economico – spiegano dal governo dello Stato di San Paolo – il progetto nasce per migliorare la legge 523/2023 che vietava l’allevamento e la rivendita nei negozi di animali e negli esercizi commerciali e che creava il Registro Statale degli Allevatori di Animali». Una legge che, però, prima di essere fermata sul nascere nello Stato di San Paolo, aveva ottenuto l’approvazione anche dal Consiglio Regionale di Medicina Veterinaria. Se fosse passata non sarebbe stata permessa la vendita di animali consentendone solamente l’adozione.
Il Brasile non è l’unico Paese a dibattere sul divieto di vendita di animali nei negozi. A New York, infatti, è stata presentata una proposta di legge, il cosiddetto “Puppy Mill Pipeline”, che ha l’obiettivo di mettere un freno agli allevamenti di cani, gatti e conigli finalizzati esclusivamente a generare profitto senza tenere conto del benessere degli animali, mentre la California è stato il primo Stato ad approvare una legge simile nel 2017, aggiungendosi al Maryland (la firma è arrivata nel 2018), all’Illinois e a numerose altre città e Contee tra cui Cook County (Chicago), Boston, Dallas e Philadelphia. In Canada la vendita di animali di razza nei negozi è vietata dal 2019, e i negozi di animali possono vendere solo cani, gatti e altri animali da compagnia provenienti da rifugi certificati.
In Europa questa strada è già stata intrapresa in Spagna, dove nel novembre del 2021 è stato avviato l'iter di approvazione di una legge che prevede che tutti gli animali d'affezione, tranne i pesci, saranno adottabili solo negli allevamenti e nei rifugi riconosciuti. Anche in Francia il governo, nell’ottobre 2021, ha approvato una serie di riforme riguardanti il benessere animale che includono anche che dal 1 gennaio 2024 venga vietata la vendita di cuccioli di cani e gatti nei negozi di animali, oltre al divieto di esporre animali in vetrina. In Italia, invece, non c'è traccia neppure di un abbozzo di legge in questo senso. Le norme nazionali, sancite dall’Accordo Stato Regioni del 2013, prevedono il divieto di vendita e cessione di cani e gatti in due soli casi: se sono di età inferiore ai due mesi, di tre mesi se il cucciolo è di importazione (regolamento della comunità europea 998/2003).