Il 27 ottobre, se la data sarà rispettata, il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero della Transizione Ecologica (MITE), sentito l’ISPRA (Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale) dovrà stabilire la cosiddetta “lista positiva”, cioè l’elenco degli animali esotici che potranno continuare a essere detenuti nelle nostre case, purché rispettino i requisiti stabiliti dal Regolamento Europeo 429/2016.
Se questo elenco non venisse emesso entro il 27 ottobre entrerebbe in vigore la lista già prevista dal regolamento Europeo all’allegato 1, che consente la detenzione, oltre a cani gatti e furetti, di una lista solo apparentemente ristretta di animali esclusi dai divieti di detenzione. Una lista che, in realtà, vuole accontentare un settore economico che solo in Italia muove interessi economici milionari: stiamo parlando di tutte le specie di crostacei e pesci destinati agli acquariofili e quelle di anfibi, rettili e uccelli non già oggetto di divieti per ragioni legate alla conservazione o all’incolumità pubblica. Per arrivare sino ai mammiferi appartenenti alla categoria dei roditori, come conigli, criceti, topolini e ratti, cavie, cincillà e molte altre "specie da gabbia".
Nello stesso giorno dovrà essere pubblicata anche la “lista negativa”, che comprenderà invece tutte le specie che saranno ritenute pericolose e non detenibili, andando a integrare l’elenco già esistente degli animali che i privati non possono più detenere dal 1996, data di entrata in vigore del D.M. 19/04/1996 e delle successive integrazioni e modificazioni stabilite da altri provvedimenti.
Per gli animali che entreranno nel novero di quelli vietati sarà consentito al detentore di custodirli, con l’obbligo di non farli riprodurre, sino alla morte naturale. Un provvedimento in sintonia con quanto accaduto nel 1996 quando fu emanato l’elenco delle specie pericolose che non potevano più essere detenute dai privati. Una scelta che, seppur logica, si concretizzò in un fallimento: le prefetture che erano state deputate a raccogliere le denunce, in rarissimi casi istruirono degli elenchi utili a garantire corrette verifiche e molte situazioni, spesso in condizioni di reale maltrattamento per gli animali, rimasero totalmente fuori controllo, con riproduzioni illegali e detenzioni irregolari.
Ancora adesso il decreto sugli animali pericolosi è purtroppo applicato senza criteri omogenei. Ad esempio per i circhi che continuano a poter detenere specie così considerate, senza che le prefetture facciano rispettare le condizioni di detenzione. In questo modo i circhi vengono autorizzati alla detenzione di specie pericolose sulla base di autorizzazioni prefettizie che consentono la detenzione delle specie in elenco, come elefanti e grandi felini, senza far esplicito riferimento alle strutture di custodia. Che, invece, dovrebbero essere indicate e valutate prima di concedere le autorizzazioni. Una prescrizione che invece se messa in atto correttamente impedirebbe anche il noleggio degli animali pericolosi come comparse, come recentemente successo a Roma per la realizzazione di un film del regista Nanni Moretti. La questione è stata sollevata da molto tempo, senza che in effetti si sia ancora arrivati all’adozione di corrette procedure.
Il Regolamento Europeo del 2016 è una misura eminentemente sanitaria, la cui origine era quella di limitare il libero commercio di animali di cattura, al fine di impedire la circolazione di virus che avrebbero potuto essere al centro di future pandemie. Un provvedimento rivelatosi lungimirante, alla luce della pandemia originata dal virus SARS-Covid19 che ha sconvolto il pianeta. Una lungimiranza che non fu colta dal nostro paese che ratificò il Regolamento UE, con colpevole ritardo, solo nel 2021, a pandemia già in corso.
L’Italia, purtroppo, come ha dimostrato l’epidemia di Covid, non ha mai preso troppo sul serio i rischi sanitari rappresentati dalle zoonosi, con un piano di contrasto alle pandemie datato, reiterato e mai corretto, che ha portato a lunghe indagini giudiziarie e a polemiche mai sopite. Privilegiando in questo modo le questioni economiche piuttosto che la prevenzione, esponendo però così i cittadini a maggiori rischi sanitari.
Si ha ragione di temere che l’attenzione verso il benessere degli animali costretti a una vita di sofferenze da trascorrere in gabbia o, comunque, in condizioni di detenzione che non siano in grado di assicurare l’assolvimento reale delle necessità etologiche delle specie, non sarà valutato come particolarmente importante nella redazione della lista positiva.
Lista che potrebbe non essere decisa entro i termini perentori indicati dal decreto dal nostro ministero ma lasciata alle valutazioni già contenute nell’Allegato 1) del Regolamento UE. Un comportamento pilatesco, che consegnerà milioni di animali a una vita di privazioni nelle case degli italiani, per non voler decretare che il periodo delle gabbie è finito, così come quello degli animali tenuti in cattività per il solo piacere dell’uomo.
In questo modo, considerati i divieti, aumenterà la pressione su tutte quelle specie, anche molto complesse sotto il profilo evolutivo e della loro detenzione, che alimentano il mercato dei pets: dai pappagalli ai criceti, dai rapaci alle cavie, passando per pitoni, sauri e tante altri che non vengono individuati come un pericolo per l’uomo, senza valutare quanto la nostra specie possa rappresentare, invece un pericolo per la loro esistenza e per il loro corretto benessere.