Si guarda intorno circospetto per poi lanciarsi tra gli alberi di corsa: sono le prime immagini dell'orsetto M56 salvato dai Forestali in Trentino nel 2019 e reintrodotto con successo in natura dopo poco più di un mese di cure.
Il piccolo prima di uscire si guarda intorno circospetto e sembra che punti gli occhi direttamente sulla persona che riprende. Poi si dà lo slancio e corre a perdifiato nella sua casa, il bosco. Si tratta delle immagini diffuse dall'ex forestale trentino Alberto Stoffella che in questi anni ha lavorato a strettissimo contatto con gli orsi contribuendo a salvare prima il cucciolo M11 e poi M56, protagonista del video.
Avrebbe salvato anche il cucciolo albino morto la scorsa settimana se fosse stato ancora in servizio, come spiega a Kodami: «Esistono delle regole precise che dicono che un animale in difficoltà va soccorso. Anche quel piccolo andava visitato da un medico veterinario, in questo caso però questo passaggio è stato bypassato». E aggiunge: «L'opzione più semplice è quella di ignorarlo sperando che muoia in fretta e di non avere ulteriori problemi».
Alla luce della storia recente trentina, M56 potrebbe essere l'ultimo cucciolo di orso salvato e reintrodotto in natura.
«Il cucciolo albino doveva essere visto da un veterinario»
Stoffella per trent'anni ha contribuito monitorare un gran numero di orsi prima e dopo l'avvio del progetto Life Ursus, attraverso il quale sono stati reintrodotti in Trentino 10 esemplari provenienti dalla Slovenia perché ripopolassero le Alpi occidentali sulle quali era rimasto uno sparuto gruppo di tre maschi.
Fino al 2004 capofila del progetto è stato il Parco Adamello Brenta, con il coordinatore scientifico Andrea Mustoni, dopodiché il testimone è passato alla Provincia Autonoma di Trento. Tra coloro che hanno seguito sul campo lo sviluppo di tutte le fasi del Life Ursus c'era anche Stoffella: «Ho smesso di lavorare da poco, per fortuna. La linea più recente dell'amministrazione provinciale è quella di recuperare meno animali possibile».
La prova, secondo la ex guardia forestale, sarebbe la vicenda di un altro piccolo di orso, il figlio di M89: «Era caduto in un canalone, poi era stato curato e l'obiettivo era quello di recuperarlo per reintrodurlo in natura, ma l'amministrazione diede il diniego, condannandolo alla cattività permanente».
Al cucciolo albino è toccata invece la morte: «Andava visitato – ripete Stoffella – Non è detto che sarebbe sopravvissuto ma almeno un medico lo avrebbe visto. Ma è stata scelta l'opzione più semplice».
Questo problema però si ripresenterà. Non è raro che nella stagione degli amori gli orsi maschi cerchino di uccidere i cuccioli delle femmine per potersi accoppiare con queste. Durante gli assalti le famigliole possono separarsi: Sarebbe stato opportuno creare un luogo idoneo a questo tipo di recupero, lo proposi, ma questo di fatto non gli è mai interessato [all'amministrazione provinciale]».
L'ultimo cucciolo di orso salvato e poi liberato in natura in Trentino potrebbe restare quindi M56.
La storia di M56
M56 come tutti i piccoli di orso era nato tra gennaio e febbraio, aveva quindi circa 5 mesi quando è stato investito verso la fine di maggio, come ricorda Stoffella: «Era il 2019, ci segnalarono la presenza di un piccolo di orso nella Valle dei Laghi. Dalle immagini che ci inviarono l'orsetto era immobile sulla strada, ma quando arrivammo sul posto si era già dileguato nel bosco. Lo abbiamo ritrovato su una pianta e in quel momento decidemmo di lasciarlo in pace dato che non aveva ferite significative. Ma rimanemmo in zona».
Lo scopo era verificare il ricongiungimento con la madre, incontro che però non avvenne: il piccolo dopo aver attraversato il Monte Gazza è approdato sulle rive del laghetto di Bior, a Molveno, e qui la sua strada si ricongiunge a quella del forestale. «Una mattina ci telefona una ragazza che aveva visto l'orsetto sulla porta del garage. C'era molta incertezza sul da farsi, io però ho insistito per recuperarlo e prestargli soccorso perché alcuni anni prima avevo recuperato un altro orsetto, M11, che aveva seguito lo stesso iter con successo».
M56 è stato quindi salvato e per circa 40 giorni i forestali con gli esperti si sono occupati di lui: «Ho preso contatti con i migliori centri in giro per il mondo con esperienza in plantigradi, dagli Stati Uniti alla Russia, grazie anche all'esperienza fatta già per M11».
La questione era particolarmente delicata: il rischio che un orso così giovane si abitui alla presenza umana e diventi confidente è molto alta: «Grazie alle indicazioni ottenute abbiamo messo in atto un protocollo: pochissimo contatto, mai usare la voce, mai parlare. So di aver lavorato nella maniera corretta, lo dimostra il tempo».