Sono ripresi i viaggi e le vacanze a largo raggio, dopo il lungo periodo di blocco legato all’emergenza sanitaria, anche se ancora oggi non si può dire conclusa. Riprende quindi il turismo anche verso mete esotiche e paesi lontani, dove molto spesso l’attenzione e i controlli sul traffico di animali, ma anche sul loro sfruttamento, è ancora insufficiente.
Nonostante i molti passi in avanti fatti dai paesi emergenti nella tutela della natura e della biodiversità è indubbio che crisi economica e povertà, per non parlare dei veri e propri cartelli criminali dediti al traffico di specie protette, costituiscano situazioni pericolose che minano la protezione reale. In questi paesi è ancora facile poter acquistare in negozio e sulle bancarelle souvenir prodotti con derivati animali, ma anche vegetali, che possono appartenere a specie soggette a tutela, commerciate illegalmente e acquistate da turisti poco attenti, che non si sono informati con attenzione prima del loro viaggio.
In questo modo nelle valigie può finire di tutto: da articoli di artigianato prodotti con il carapace delle tartarughe, a souvenir realizzati con parti in coccodrillo o con pezzi di pelliccia di felini protetti. Per non parlare delle conchiglie, dei gioielli in avorio o di piante vive come molte specie di cactus, per i quali esistono problemi non solo di protezione delle specie in pericolo di estinzione, ma anche di natura fitosanitaria.
Molti turisti non sanno che esistono convenzioni internazionali che regolamentano il commercio di animali, piante e di prodotti realizzati con derivati che provengano dalle specie minacciate. Le convenzioni internazionali, la più famosa delle quali è la CITES, tutelano molte specie, sia animali che vegetali, prevedendo una serie di restrizioni, che vanno dalla regolamentazione sino al divieto totale del commercio, sia degli esemplari viventi che dei manufatti realizzati con loro parti.
L’Unione Europea inoltre ha stretto ulteriormente le maglie al traffico delle specie in pericolo, aumentando le restrizioni anche per animali e piante di cui in altri paesi è consentito uno scambio controllato, soggetto all’emissione di certificati che autorizzano il commercio. Lo scopo di queste restrizioni, volute dalla Comunità, è da ricercarsi nella volontà di contrastare il commercio di esemplari catturati in natura che possano causare un impoverimento della biodiversità, ma è anche quello di eliminare tutte le specie che possano creare dubbi, per somiglianza con altre, contribuendo così a creare molta confusione durante i controlli.
Il rischio quindi, sotto il profilo penale e pecuniario, è che il turista possa acquistare qualcosa di lecitamente vendibile nel paese visitato, che potrebbe però essere proibito importare in Italia e in altri paesi europei. Questo è il motivo per cui negli aeroporti ogni anno vengono sequestrati decine di migliaia di oggetti portati incautamente dai turisti nel nostro paese, con conseguente deferimento dei responsabili all’Autorità Giudiziaria per i casi più gravi.
Il meccanismo che regola importazione e sanzioni è abbastanza complesso, ma per i turisti che non resistono a comprare souvenir esotici è più che sufficiente sapere che l’infrazione alla legge 150/92, che applica in Italia la CITES, comporterà, anche nei casi più lievi, una sanzione di diverse migliaia di euro, per non parlare delle violazioni di carattere penale. Resta ovviamente sempre vietata, per questioni sanitarie, l’importazione dai paesi esotici di animali vivi e piante ed è sempre buona norma, durante i viaggi, evitare ogni contatto con gli animali selvatici, per non creare disturbo ma anche per non correre spiacevoli rischi.
Il turista responsabile riconosce il valore della biodiversità e si comporta sempre in modo rispettoso, evitando di dare soldi a tutte quelle attrazioni che si dimostrino poco rispettose dei diritti degli animali, mantenendoli in cattività e approfittando della scarsa conoscenza delle loro sofferenze. Da tempo i più grandi tour operator hanno eliminato dalle loro proposte di viaggio tutte le attrazioni che prevedano lo sfruttamento animale, come le foto con i grandi felini, le gite a dorso di elefante o le visite ai falsi santuari che in realtà sono piccoli e grandi zoo, che non sono nati per difendere gli animali ma soltanto per trarre guadagni dai turisti.
Turista avvisato, mezzo salvato: dalle sanzioni, dai rischi sanitari e dai tardivi rimorsi per aver contribuito a far guadagnare chi dagli animali trae solo guadagno, causando loro anche con grandi sofferenze.