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2 Gennaio 2022
9:31

Il tribunale blocca la Shell: stop alle indagini sismiche nelle acque del Sudafrica. Salve, per ora, le balene migranti

Bloccate le indagini invasive che la compagnia petrolifera Shell aveva programmato per indagare la presenza di nuovi giacimenti nelle acque davanti alle coste del Sudafrica, attraversate ogni anno dalle balene durante il periodo delle migrazioni. Fondamentale per la decisine dei giudici la ricaduta sulle popolazioni locali e sull'economia del territorio. Una petizione internazionale aveva raccolto quasi 450 mila firme.

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Giornalista
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Delfini, foche, squali e pinguini sono gli abitanti delle sue coste. Ma sono soprattutto le balene a popolare le sue acque. La Wild Coast del Sudafrica è uno dei luoghi più incredibili al mondo dove è ancora possibile farsi incantare dalla magia dell’avvistamento delle balene. Proprio qui, infatti, i grandi cetacei migrano dalle fredde acque artiche, e da giugno fino alla fine di novembre è un infinito ripetersi di piroette e salti nelle acque tiepide davanti Cape Town che garantiscono uno degli spettacoli più belli del mondo.

Ed è proprio sull’incanto di questo paradiso, considerato un patrimonio di biodiversità senza uguali, che stava per abbattersi la scure delle indagini sismiche che dal primo dicembre la compagnia petrolifera Shell avrebbe voluto iniziare per cercare giacimenti di petrolio o gas lungo tutta la costa orientale, da Morgan Bay a Port St. Johns.

Un disastro ambientale annunciato, al quale si sono fermamente opposte frange ecologiste e popolazioni locali e che finalmente ha portato allo stop del progetto. Le esplorazioni petrolifere a onde sismiche al largo della Wild Coast, infatti, sono state considerate «viziate e illegittime» dall’Alta Corte di Makhanda, che ha intimato alla multinazionale di interrompere immediatamente le operazioni e di pagare tutte le spese processuali.

Il progetto della Shell

Era stata la stessa Shell Exploration and Production South Africa ad informare «di aver incaricato  Shearwater GeoServices di iniziare con un'indagine sismica tridimensionale (3D) all'interno della sua Transkei Exploration Area al largo della costa orientale del Sud Africa non prima del 1° dicembre 2021. «L’indagine – spiegava il documento – sarà condotta sotto Exploration Right 12/3/252 e coprirà un'area di circa 6 011 km2 situata all'incirca tra Port St Johns e Morgans Bay. L'area di indagine è situata a più di 20 km dalla costa nel punto più vicino a profondità d'acqua comprese tra 700 e 3 000 m. Si prevede che l'indagine sismica richiederà nell'ordine da quattro a cinque mesi per essere completata, a seconda delle condizioni meteorologiche e attuali».

Ad opporsi allo scempio potenzialmente disastroso per l’ecosistema e la ricaduta economica sulle popolazioni locali, gli attivisti di Oceans Not Oil che, da novembre ad oggi hanno raccolto quasi 450 mila firme contro il progetto, indirizzando la petizione internazionale alla ministra dell’Ambiente del Sudafrica, Barbara Creecy, e alla multinazionale anglo-olandese Royal Dutch Shell.

Il no degli attivisti a un enorme disastro

«Per cinque mesi, la nave gestita dai noleggiatori di Shell Exploration e Shearwater GeoServices (pagati da Production SA), trascinerà metodicamente fino a 48 cannoni ad aria compressa attraverso 6.011 km² di superficie oceanica, sparando emissioni di onde d'urto estremamente forti che penetrano per 3 km di acqua e 40 km nella crosta terrestre sottostante il fondale marino»,  spiegano nelle motivazioni della petizione gli attivisti di Oceans not Oil coalizione di individui e organizzazioni che si sono uniti per opporsi alla continua dipendenza dai combustibili fossili del Sud Africa. «La nave sarà attiva 24 ore su 24, sparando con i cannoni ogni 10 secondi. Nel processo, la vita marina della fragile Wild Coast, in preda al panico, sarà assordata e danneggiata».

Un disastro enorme per i mammiferi marini, per i quali la comunicazione acustica ha acquisito un ruolo privilegiato rispetto agli altri canali di comunicazione. «I mammiferi marini vivono in un mezzo che trasmette poco la luce ma attraverso il quale il suono si propaga bene e velocemente, anche a grandi distanze. Per questo i mammiferi marini si affidano al suono per comunicare, investigare l'ambiente, trovare le prede ed evitare gli ostacoli – spiega il Centro Interdisciplinare di Bioacustica e Ricerche Ambientali dell’Università degli Studi di Pavia. – Aumentando il livello il suono può disturbare gli animali ed indurre l’allontanamento o altre modifiche del comportamento. Se gli animali per qualunque ragione non possono evitare una fonte di rumore, possono essere esposti a condizioni acustiche capaci di produrre effetti negativi, che possono andare dal disagio e stress fino al danno acustico vero e proprio con perdita di sensibilità uditiva, temporanea o permanente. L’esposizione a rumori molto forti, come le esplosioni a breve distanza, possono addirittura produrre danni fisici ad altri organi oltre che a quelli uditivi».

La ricerca internazionale che conferma i danni dell’inquinamento acustico

Ma cosa succede quando nelle acque del mare c’è troppo rumore? Ha cercato di spiegarlo una ricerca internazionale guidata dal Politecnico di Torino e dall’Università di Melbourne: quando c'è troppo rumore le balene “parlano meno” e hanno difficoltà a comunicare tra loro. Come raccontato da Kodami il lavoro, pubblicato sulla rivista scientifica Royal Society Interface, è stato condotto da Kevin Painter e da Stuart che insieme hanno studiato gli effetti  dell’inquinamento acustico derivato dall’uomo tra le balene Minke, esemplari di balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata) nel Mare del Nord.

Anche in questo caso sono proprio i troppi rumori dettati dalle esplorazioni di giacimenti di petrolio e gas naturale oltre che dal traffico marittimo a creare i maggiori problemi alle balene locali. Si tratta quindi dello stesso tipo di problema al quale sarebbero andati incontro i cetacei che attraversano le acque del Sudafrica, se il tribunale non avesse bloccato gli esperimenti della Shell.

La motivazione della sentenza

Non sono state però motivazioni di puro carattere animalista o ecologista quelle che hanno spinto il giudice ad emettere una sentenza a sfavore del progetto Shell, quanto invece una serie di considerazioni sull’impatto che queste indagini avrebbero avuto sulla vita delle popolazioni indigene della zona. «La Shell aveva il dovere di consultarsi con le comunità che sarebbero state colpite dall’indagine sismica» ha infatti sentenziato Gerald Bloem – La popolazione ha il diritto su quel tratto di costa anche per una speciale connessione spirituale e culturale con l’oceano».Il giudice ha quindi voluto sottolineare come, distruggere l’equilibrio faunistico e floreale attuale porterebbe una ricaduta enorme anche sullo stie di vita di chi abita questa zona poco turistica e molto selvaggia del Sudafrica. Ad ogni modo, qualsiasi motivazione ci sia stata alla base dell’obbligo di interrompere le indagini nella profondità delle acque davanti alla costa africana, il risultato è che almeno per ora le balene, e con loro i delfini, le foche e gli squali possono dormire sogni tranquilli e lasciarsi osservare, da lontano, mentre si muovono liberi nel loro habitat naturale.

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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