Nell’ambito della protezione degli animali d’allevamento, il trasporto è una questione sempre molto spinosa a causa dei numerosi rischi che implica per gli animali. Negli ultimi anni l’attenzione è stata particolarmente posta sul trasporto via mare.
Alcune investigazioni da parte di grandi ONG hanno messo in risalto le pessime condizioni di trasporto in tutte le sue fasi e alcuni fatti di cronaca ci hanno raccontato della morte e l’abbattimento di migliaia di animali.
L’Europa si sta allora muovendo per ripensare la pratica del trasporto via mare e per rivedere la normativa europea che lo regolamenta.
Il trasporto degli animali da produzione e il trasporto via mare
Il trasporto è una fase delicatissima che, più di altre, espone un animale da produzione a molteplici fattori che rischiano di intaccare il suo benessere e la sua incolumità psico-fisica. Gli animali viaggiano per andare al macello o per essere spostati da un allevamento all’altro e possono essere trasportati più di una volta nell’arco della loro vita.
Il carico e lo scarico, le manovre da parte degli operatori (non sempre delicate), il viaggio in sé con le tante ore in piedi, circondati da individui a volte sconosciuti, la costrizione fisica, la fame, la sete, le temperature estreme, il rischio di lesioni e fratture, la paura e il senso di smarrimento sono alcuni dei fattori di questi fattori di rischio.
I viaggi possono anche essere molto lunghi, specialmente quando effettuati a livello internazionale, via mare. Questi viaggi implicano chiaramente un doppio trasporto. Gli animali, negli allevamenti di origine, sono prima caricati sui camion e trasportati via strada, per poi essere scaricati e ricaricati sulle navi. Ed è proprio nei porti e sulle navi che la situazione sfugge solitamente ai controlli ufficiali, come numerose inchieste ci raccontano.
Ogni anno, l’Unione Europea esporta via mare circa 2 milioni di ovini e bovini verso la Turchia, il Medio Oriente e il Nord Africa.
I viaggi sono infiniti, possono durare più di una settimana. Le navi che trasportano gli animali sono vecchie navi cargo spesso riconosciute come ad “alto rischio” nel compimento degli standard minimi di navigazione e sicurezza, oltre che per il trasporto stesso di animali.
Alcuni fatti di cronaca che riguardano il trasporto via mare
Associazioni come “Animal Welfare Foundation”, “Tierschutzbund Zürich” e “Animal Equality” hanno svolto numerose investigazioni su navi che negli anni sono partite dall’Europa verso Paesi Terzi come l’Egitto, l’Arabia Saudita o la Libia. I dati raccolti sia prima che durante il carico e durante il viaggio stesso di agnelli, pecore o vitelli hanno fatto emergere un quadro terribile di crudeltà e cattive prassi.
Oltre all’utilizzo di pungoli elettrici e di bastoni (espressamente vietati dal Regolamento CE 1/2005) da parte degli addetti alle procedure di carico/scarico, si sono potute riscontrare gravi violazioni di numerosi requisiti tecnici richiesti dal Regolamento stesso, come ad esempio la mancata disponibilità di acqua, l’inadeguata ventilazione sui mezzi e l’assenza di dispositivi antincendio.
Oltre alla crudeltà e alle violazioni frequentemente constatate, numerosi fatti di cronaca hanno acceso la preoccupazione verso questo tipo di trasporto.
Ricordiamo l’episodio dell’11 giugno di quest’anno in cui oltre 15 mila le pecore sono annegate nel Mar Rosso nel naufragio di una nave proveniente dal Sudan e diretta in Arabia Saudita.
Altri casi eclatanti sono stati quelli delle navi Elbeik (che trasportava 1.776 vitelli dalla Spagna verso la Libia) e della Karim Allah (che ne trasportava 895 dalla Spagna verso la Turchia). A causa del sospetto di una malattia infettiva a bordo (la “Blue Tongue”, o “Lingua Blu”), le navi hanno vagato in mare per mesi costringendo gli animali a un viaggio interminabile, in condizioni infernali e del tutto fuorilegge. Molti animali sono morti di stenti a bordo, mentre i sopravvissuti sono stati abbattuti appena le navi hanno fatto ritorno in Spagna dopo l’interminabile vagare.
L’ultimo fatto di cronaca: la nave Nader-A
Le notizie di cronaca non finiscono. Lo scorso 2 settembre la nave Nader-A ha lasciato il porto francese di Sète (Montpellier) con 780 vitelli a bordo destinati alla macellazione per il consumo umano ad Algeri. Al loro arrivo, dopo due giorni di viaggio, le autorità algerine si sono rifiutate di scaricare gli animali a causa dei presunti rischi sanitari che comportava; sembra che alcuni vitelli non avessero i documenti che li attestassero come non portatori della “Rinotracheite Bovina Infettiva” (IBR), una malattia altamente contagiosa.
Dopo 15 giorni di attracco con gli animali a bordo e senza che nessuno, neppure il personale veterinario locale, potesse metterci piede, la Nader-A lascia il porto di Algeri per tornare al punto di partenza. Dopo altri due giorni di viaggio e altri due di attracco al porto francese, le prime ispezioni veterinarie hanno stabilito che numerosi animali erano già morti e altri erano in condizioni deplorevoli. Tutti i sopravvissuti al viaggio sono poi stati abbattuti il giorno dopo l'arrivo del Nader-A nel porto di Sète, nei macelli di Rodez e Saint-Affrique, requisiti per l'occasione dallo Stato francese.
In Francia, il misero destino di queste centinaia di vitelli ha toccato sia i professionisti del settore che il pubblico in generale.
Cosa cambierà?
Data la drammatica situazione e i numerosi episodi ormai inaccettabili, la Commissione Europea ha messo a punto una proposta di regolamento delegato che dovrebbe entrare in vigore nel terzo trimestre del 2023. Lo scopo è quello di migliorare il modo in cui le autorità competenti effettuano i controlli ufficiali per le condizioni di viaggio degli animali nei punti di uscita dai porti marittimi europei.
La Commissione propone inoltre l’obbligo di produrre e conservare registrazioni video e prove fotografiche delle condizioni della nave, di ogni riscontro di inadempienza e della presenza di animali non idonei al viaggio o trasportati in condizioni che possono comprometterne il benessere.
L’inasprimento dei controlli e la maggiore tracciabilità delle inadempienze sono sicuramente necessari, ma dati i numerosi fatti di cronaca, la severa compromissione del benessere di migliaia di animali e la legittima indignazione che ne segue, solo un'azione potrebbe effettivamente rispondere alla protezione animale: porre fine all'esportazione di animali vivi destinati al consumo umano verso Paesi Terzi.