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8 Luglio 2022
16:18

Il traffico di specie selvatiche vale 199 miliardi di dollari l’anno

Il traffico di specie selvatiche vale fino a 199 miliardi di dollari l'anno. È il parere fornito dall'Ipbes, il comitato scientifico dell'Onu per la biodiversità.

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biodiversità scimmia

Il traffico di specie selvatiche vale fino a 199 miliardi di dollari l'anno. È il parere fornito dall'Ipbes, il comitato scientifico dell'Onu per la biodiversità.

A livello internazionale quello delle specie selvatiche rappresenta il terzo mercato illegale dopo il traffico di esseri umani e la droga. Nell'ultimo rapporto dell'Ipbes gli esperti hanno rilevato che almeno metà della popolazione mondiale sopravvive attraverso l'eccessivo sfruttamento delle specie selvatiche.

Distruzione degli habitat, agricoltura intensiva e inquinamento stanno portando numerose specie oltre il punto di recupero. Sono oltre un milione le specie animali a rischio e il declino della biodiversità è più rapido che in qualsiasi altro momento della storia umana. È la sesta estinzione di massa, e la responsabilità di questo fenomeno è imputabile alla sempre più estesa impronta ecologica che l'essere umano sta imprimendo sul pianeta Terra.

In questo contesto drammatico un ruolo importante è giocato dalle istituzioni nazionali e sovranazionali che nell'ultimo anno si sono riunite con continuità ai tavoli di discussione per elaborare strategie in favore della conservazione della biodiversità e dell'ambiente, alzandosi però, ogni volta con un nulla di fatto.

Le discussioni si sono rivelate «inutili blablabla», per usare le parole dell'attivista Greta Thunberg, che non hanno portato alla conclusione di accordi vincolanti o davvero capaci di invertire la rotta presa dal Pianeta.

Il vertice di Roma e la Cop26 sono i grandi appuntamenti falliti con il cambiamento, nonostante segnali positivi provenienti dalla partecipazioni di Cina e India, tra i paesi più inquinanti a livello globale, gli accordi sono stati giudicati unanimemente «poco incisivi», frutto di una mediazione eccessiva. Come aveva sottolineato a Kodami la responsabile Wwf per il clima e l'energia Mariagrazia Midulla: «Si è verificato quello che temevamo di più: i governi invece di costruire utilizzando come base la prima bozza di accordo hanno cominciato a togliere. Questo ha fatto sì che la parte dei combustibili fossili sia stata notevolmente indebolita. Eppure i prossimi 10 anni saranno decisivi saranno decisivi sotto questo fronte».

Se infatti l'accordo finale della Cop26 di Glasgow è riuscito a mettere nero su bianco la volontà di contenere l'aumento della temperatura entro 1,5 gradi, nulla dice su come questo contenimento dovrà essere concretamente messo in atto dai paesi firmatari dell'accordo.

Chi teneva in mano le redini del gioco non è riuscito ad attuare una strategia vincente, come ammesso dallo stesso direttore dell'Onu Antonio Guterres a conclusione del summit: «I testi approvati sono un compromesso. Gli accordi riflettono gli interessi, le condizioni, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo».

Oggi gli occhi del mondo oggi sono puntati sul vertice Onu di Nairobi, in Kenya, l’ultima sessione di negoziati preparatori alla nuova Convenzione sulla Biodiversità. Qui ancora una volta i grandi della terra si trovano riuniti con l'obiettivo ambizioso di invertire la tendenza globale al declino delle specie animali.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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