Un gruppo di scienziati, politici e semplici cittadini si sta impegnando per salvare i pochi esemplari di ocelot presenti in Texas, l'ultimo paese degli USA che continua ad essere abitato da questa specie. L'idea è quella di promuovere una grande campagna di ripopolamento e reintroduzione in natura, che possa aiutare gli ocelot reclusi in ranch privati o in aree recitante dentro le riserve a dare vita a nuove popolazioni e ad ampliare il loro areale.
Dai tempi del Far West, sono moltissime le specie selvatiche che si sono estinte di seguito all'espansione dei coloni americani negli Stati Uniti. E fra i mammiferi che un tempo erano diffusi e che furono braccati per il grande valore delle loro pellicce c'è proprio l'ocelot (Leopardus pardalis), il gattopardo americano che era uno fra i simboli più importanti dei paesi affacciati nel golfo del Messico.
Oggi, dopo oltre quarant'anni dall'inserimento di questa specie nella lista degli animali protetti dalla caccia, il Texas dispone di circa 100 esemplari, che negli ultimi decenni però hanno subito una forte degradazione del proprio territorio per colpa dei frequenti incendi che ne hanno provocato la mosaicizazzione. Il più grave pericolo che però sembra oggi minacciare questi animali, chiariscono gli esperti, è l'eccessiva consanguineità degli esemplari che tra i tanti problemi può portare alla nascita di cucciolate che presentino malattie genetiche.
Proprio per aiutare questi animali ad avere una prole sana che disponga di una maggiore eterogeneità genica rispetto a quella dei genitori, diverse enti locali (agenzie federali, statali, gruppi di volontari ed enti scientifici) come l'U.S. Fish & Wildlife Service, la Duquense University, il Caesar Kleberg Wildlife Research Institute e l'associazione Predator Conservation hanno iniziato a far riprodurre gli esemplari presenti in Texas con scambi tra i ranch e i vari zoo statunitensi.
Gli ocelot più interessati da questa campagna sono quelli ospitati dalla Laguna Atascosa National Wildlife Refuge che oltre a disporre un maggior numero di esemplari presenta anche maggiori spazi, utili per consentire agli ocelot di riprodursi e di crescere con un po' di privacy, senza essere costantemente sotto le lenti dei ricercatori.
Secondo i promotori del progetto, fra cui il presidente federale della U.S. Fish & Wildlife Service, Martha Williams, questa campagna di riproduzione non sarà a rischio per colpa degli allevatori visto che questi felidi, a differenza di altri animali, non cacciano il bestiame ma si limitano a cacciare roditori ed uccelli, fra cui alcune specie che causano alcuni danni alle campagne coltivate dagli agricoltori.
Il riferimento agli operatori del primo settore ovviamente non è casuale. In passato infatti queste figure hanno fatto ostracismo per la reintroduzione di altre specie carnivore non solo in Texas ma anche in altri stati degli USA. Proprio però per testimoniare come oggi gli agricoltori e gli allevatori siano d'accordo con una campagna di reitroduzione dell'ocelot, alcuni di loro hanno deciso di dare direttamente una mano, istituendo un accordo di collaborazione, simile ai progetti di Citizen Science, in cui dovranno raccogliere dati degli esemplari che si avvicineranno al confine dei loro terreni.
Il primo obiettivo di questo progetto, che ha una durata indefinita, prevede di ottenere almeno altri 100 animali adulti all'interno del Texas entro il 2030 e di redistribuirli all'interno del territorio statale a partire dallo stesso anno. Per far questo, i biologi della conservazione coinvolti dovranno lavorare di comune accordo anche con ecologi e botanici per rintracciare le aree maggiormente indicate per questa reintroduzione.
Il governo statale del Texas ha deciso di contribuire alla campagna stanziando vari fondi per le attività di studio e di protezione dell'ocelot e per la prima volta in questo secolo sta pensando anche di acquistare degli esemplari dagli altri rifugi ed allevamenti degli Stati Uniti, per accelerare le prime fasi del progetto.