Il Tar dell'Umbria ha sospeso l'apertura della caccia, accogliendo l'istanza presentata dalle associazioni ricorrenti: Wwf Italia, Lipu, Legambiente Umbria, Lav, Lac ed Enpa. Quaglie, beccacce, alzavole, marzaiole, germani reali e altri sono salvi, almeno fino all'udienza fissata dal Tribunale amministrativo regionale per il 4 ottobre.
Il presidente del Tar ha infatti disposto la sospensione dell'avvio della stagione venatoria che la Regione aveva fissato al 18 settembre 2022. Grazie al decreto n. 199/2022è stata accolta così la domanda cautelare avanzata dalle associazioni.
Le specie nei cui confronti la Regione aveva autorizzato la caccia, in contrasto con il parere rilasciato dall'Ispra e che dunque non potranno essere abbattute, comprendono anche beccaccino, canapiglia, codone, fischione, folaga, frullino, gallinella d’acqua, mestolone, porciglione, tordo bottaccio, tordo sassello, cesena, fagiano e starna, nonché la piccola selvaggina.
Il provvedimento è stato motivato dalla necessità di scongiurare «il paventato pericolo che l’apertura al 18 9.2022 possa arrecare danni irreversibili al patrimonio faunistico” anche alla luce del fatto che "gli interessi di natura sportiva-privata […] appaiono tuttavia recessivi rispetto alla protezione faunistica».
Una misura con la quale concorda la maggior parte degli italiano, come emerso sia dal più recente Rapporto Italia dell'Eurispes, sia dal sondaggio realizzato dal Wwf all'inizio del 2022, in occasione del 30esimo anniversario della Legge quadro sulla caccia e sulla tutela della fauna selvatica. In particolare, secondo l'indagine del Wwf è emerso che il 76% degli intervistati è contro l’attività venatoria in Italia e sarebbe d’accordo nel vietarla in tutto il territorio nazionale.
In attesa della pronuncia del 4 ottobre le associazioni esultano: «Si tratta di un risultato straordinario che conferma il ruolo delle associazioni di protezione ambientale chiamate, di fatto, a svolgere un'attività di tutela di un bene dello Stato che proprio lo Stato, attraverso i suoi organi decentrati, mette a rischio con provvedimenti che spesso si rivelano illegittimi. È inammissibile che la fauna selvatica continui ad essere merce di scambio elettorale e che gli uffici regionali debbano essere sottoposti a pressioni fortissime da parte dei rappresentanti politici del mondo venatorio, mirate semplicemente a fare concessioni ad una categoria di potenziali elettori senza tenere conto dei rischi per la biodiversità e delle responsabilità, anche penali ed erariali, che singoli funzionari sono costretti ad assumere».