Su ricorso presentato dall'Associazione Vittime della Caccia, il TAR della Campania ha annullato la delibera regionale sul calendario venatorio che autorizzava la caccia alla pavoncella, un uccello spesso al centro delle battaglie amministrative tra il mondo venatorio e quello ambientalista.
Tra le motivazioni della sentenza, pubblicata il 26 aprile, vi è l'assenza di «un valido piano di gestione idoneo a salvaguardare la pavoncella» per cui risulta «censurabile l'avvenuto inserimento della stessa tra le specie cacciabili». La Regione Campania, quindi, nonostante il parere negativo dell'ISPRA, la massima autorità nazionale in materia di tutela della fauna selvatica, com'era già successo in passato ha provato ugualmente a scavalcare le indicazioni e i paletti suggeriti dallo Stato inserendo ugualmente la specie tra quelle cacciabili.
Si è di fatto schierata, ancora una volta, al fianco delle associazioni venatorie come con Arcicaccia, Enalcaccia e la Federazione Italiana della caccia, che dovranno inoltre farsi carico anche del pagamento delle spese della lite. Le battaglie a colpi di sentenze del TAR tra cacciatori e Regioni da una parte e ornitologi e ambientalisti dall'altra, sono ormai la norma nel nostro Paese. Sono soprattutto tre le specie che hanno animano più di tutte le altre il dibattito venatorio: la tortora selvatica, il moriglione e appunto la pavoncella.
Come evidenziano tutti gli studi scientifici più recenti, compresa la nuova Lista Rossa degli Uccelli Europei, queste specie da sempre oggetto di prelievo venatorio hanno subito un forte calo numerico in tutta Europa, ma nonostante ciò l'Italia non sembra voler prendere le giuste contromisure: «La Commissione Europea ha più volte avvertito l'Italia che per poter cacciare queste specie occorre avere un piano di gestione chiaro ed esaustivo che tenga conto dello status di conservazione» – aveva sottolineato a Kodami Giovanni Albarella della LIPU.
Piani di gestione che prevedono alcuni requisiti precisi, tra cui l'esistenza di dati aggiornati e affidabili sulla consistenza delle popolazioni in natura e sul numero degli animali abbattuti dai cacciatori, ma che l'Italia ancora non possiede. Quasi nessuna Regione è in grado di soddisfare questi requisiti, nonostante le richieste da parte dell'Europa, che ha più volte sottolineato la necessità di sospendere la caccia a queste specie chiedendo di eliminarle dai calendari venatori.
Ma nonostante ciò alcune Regioni non lo hanno fatto e si è dovuto ricorrere al TAR, come accaduto durante l'ultima stagione venatoria in Sardegna, per quanto riguarda la caccia alla tortora selvatica, oppure in Sicilia a causa dell'emergenza legata agli incendi e alla siccità. La stagione venatoria 2022/2023 è ancora lontana, ma si preannuncia già piuttosto movimentata e piena, ancora una volta, di battaglie a suon di ricorsi al TAR.