Il silvilago orientale (Sylvilagus floridanus) è un mammifero dell'ordine dei lagomorfi originario del Nord America, introdotto negli anni 60 per scopi venatori in Francia e Italia dove è conosciuto anche col nome di minilepre ed è considerato un animale alloctono. I primi esemplari vennero importati da un allevatore francese e, secondo quanto riportato dalla IUCN, è attualmente per quanto riguarda l'Italia la specie è naturalizzata in Piemonte, localmente in Lombardia, in Umbria, Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna.
Differenza tra lepre e minilepre
Il nome inglese del silvilago orientale è cottontail rabbit (coniglio coda di cotone) per via della sua caratterista coda bianca a batuffolo che presenta una macchia color ruggine. Le sue dimensioni sono nettamente inferiori rispetto a quelle della lepre comune, la quale può raggiungere anche i 5 chilogrammi, mentre la minilepre non raggiunge i 2 chili. Le due specie sono distinguibili anche per via delle orecchie (che nel silvilago orientale sono più piccole) e per il colore del pelo che, a differenza di quello della lepre comune, in questo caso è più tendente al grigio intorno alla testa e al collo.
Il silvilago non manifesta evidente dimorfismo sessuali, se non per il fatto che le femmine sono leggermente più grandi dei maschi. I leprotti invece, sviluppano il colore degli adulti dopo alcune settimane e inoltre hanno una chiazza bianca a forma di fiamma sulla fronte.
Alimentazione
Il silvilago orientale è un animale erbivoro dalle abitudini prevalentemente crepuscolari e notturne. Se l'habitat in cui vive è particolarmente tranquillo e non presenta rischi eccessivi, questa specie può però talvolta risultare attiva anche nelle ore diurne. Durante i mesi estivi si nutre di una grande varietà di erbe, ma prevalentemente graminacee e leguminose. Nella stagione invernale invece predilige trifogli, germogli, ramoscelli e cortecce.
Riproduzione
La stagione riproduttiva delle minilepri è regolata principalmente dalla quantità di luce presente durante il giorno. Come accade per altri lagomorfi, in base alle condizioni climatiche può protrarsi per tutta la durata dell'anno o abbreviarsi sensibilmente, ma ma generalmente i mesi in cui si denota il maggior numero di fecondazioni vanno da febbraio ad agosto. Le nascite infatti, che avvengono circa 28 giorni dopo l'accoppiamento, hanno solitamente un aumento nei mesi primaverili ed estivi. I piccoli nascono con occhi chiusi e senza peli, all’interno di un nido profondo approssimativamente 10 – 15 centimetri, scavato nel terreno e rivestito di vegetazione secca e pelo che la madre si strappa attivamente dal ventre e dai fianchi proprio nell'intento di ricoprire la nidiata. Le femmine sono in grado di partorire anche 4 nidiate all'anno che generalmente comprendono dai 3 ai 5 piccoli, i quali resteranno nel nido per i primi 12, 14 giorni e raggiungeranno la maturità sessuale precocemente, già intorno ai 4 – 5 mesi di vita.
Distribuzione e habitat
Per via delle numerose immissioni per mano dell'uomo e della presenza di condizioni ecologiche favorevoli, la specie è oggi ampiamente diffusa in Piemonte, mentre altre popolazioni circoscritte si trovano in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Umbria. Uno studio condotto in provincia di Alessandria, attraverso un progetto di monitoraggio notturno e osservazione degli individui rimasti vittime del traffico stradale, ne ha rilevato, nei primi anni 2000 un leggero aumento nel Nord Ovest. La specie risulta invece ancora assente sull'Appennino e nell'Italia Meridionale.
La specie è estremamente adattabile dal punto di vista ecologico. Sebbene si tratti di un animale originario degli Stati Uniti orientali, si riproduce anche in territori più aridi, desertici e nelle savane tropicali. Non fatica inoltre a diffondersi anche nelle praterie temperate, nelle foreste e ai margini delle zone umide, anche se coltivate in maniera intensiva da parte dell'uomo. L'unico fattore che risulta indispensabile in queste zone climatiche, è la presenza di rifugi dove proteggersi dai predatori. Proprio per questo motivo, secondo quanto riportato nelle linee guida per la conservazione e gestione dei lagomorfi in Italia, pubblicate da ISPRA nel 2015, può frequentare anche aree nei pressi di insediamenti umani, case abbandonate e antichi ruderi. La presenza di cespugli e rovi ne favorisce indubbiamente la diffusione e determina inoltre maggiori densità.
Le condizioni climatiche della stagione invernale possono portare la minilepre a spostarsi verso aree più protette dal freddo, rischiando così durante i trasferimenti, di rimanere vittime delle automobili. Il silvilago sembra favorire gli ambienti ricchi di fitto sottobosco, le siepi e i campi di mais, soia e grano, dove poter inoltre trovare sufficienti riserve d'acqua. Raramente supera i 1500 metri di altitudine e la dimensione del suo home range dipendono dalla densità della popolazione ma anche dalla qualità dell'habitat stesso.
Il silvilago orientale e l'uomo
La presenza di questa specie alloctona può avere alcune ricadute negative sull'ecosistema. In primo luogo la minilepre può creare competizione con le altre specie native come la lepre comune e il coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus) con cui divide l’habitat. Inoltre questo lagomorfo può essere portatore di funghi dermatofiti trasmissibili anche all'uomo. Nutrendosi di graminacee la minilepre può creare anche danni alle coltivazioni di orzo, mais e altri cereali. L'abitudine di scortecciare i piccoli alberi da frutto, infine, rende il silvilago orientale una minaccia anche per i frutteti.
Il metodo più utilizzato per monitorare la specie nelle aree in cui è stato introdotto è il rilevamento notturno con fari luminosi posti su percorsi scelti a campione. Questi metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti ma al momento vengono applicati solo in poche realtà locali.
A complicare i processi di eradicazione di questa specie è il loro elevato potere riproduttivo (una femmina può arrivare ad allevare fino a 35 cuccioli all’anno) e inoltre il silvilago ha un'alta adattabilità a differenti habitat. In Italia alcuni nuclei di minilepre sono tenuti sotto controllo tramite la caccia. Tuttavia, nonostante la costante attività venatoria, la specie continua a diffondersi negli ultimi decenni.
Cosa fare se si trova un cucciolo di minilepre?
Dopo le prime due settimane di vita, i piccoli cominciano ad uscire dal nido per esplorare il mondo, ma la mamma non si allontana mai troppo ed è quindi difficile che i piccoli siano davvero da soli. Esattamente come per qualunque specie selvatica, anche in questo caso è indispensabile evitare di toccare o interagire con gli animali. L'unico caso in cui è opportuno intervenire è se il piccolo si trova in imminente pericolo, in mezzo ad una strada oppure se è possibile accertare che la madre sia morta. In questi rarissimi casi sarà necessario fare in modo di manipolare il minimo possibile l'animale, proteggendosi le mani con delle foglie in modo che non vi sia un contatto diretto e spostarlo verso un luogo più sicuro.