Da alcuni anni, tra Toscana e Umbria, vive una piccola popolazione di castoro euroasiatico (Castor fiber) comparsa letteralmente dal nulla. La specie si era infatti estinta in Italia più o meno dal 1500, ma in seguito alla liberazione in natura non autorizzata di alcuni esemplari – avvenuta tra il 2017 e il 2018 non si sa bene come e a opera di chi – i roditori hanno cominciato a riprodursi e a ripopolare lentamente i corsi di alcuni fiumi, come sta accadendo lungo il Tevere in provincia di Arezzo.
Considerando l'origine illegale dei castori e l'enorme impatto potenziale che questi ingegneri ambientali possono generare sulla vegetazione e sul corso dei fiumi, è lecito quindi chiedersi se questo ritorno a sorpresa possa rappresentare un problema per gli ecosistemi e le attività umane. Ne abbiamo quindi parlato con Andrea Viviano, ricercatore dell'Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRET) e membro del gruppo Rivers with Beavers (Fiumi con castori), che studia e monitora costantemente questi animali sin dalla loro prima comparsa.
Come se la passano i castori in Italia
«Stiamo monitorando con molta attenzione la situazione, anche per stabilire con precisione l'entità della popolazione e la sua distribuzione – spiega Andrea Viviano – Dai nostri primi dati, sembra che effettivamente il castoro si stia lentamente espandendo e stiamo raccogliendo segnalazioni, segni e tracce in aree in cui fino a qualche anno fa non c'erano. Attualmente, possiamo già stimare diversi nuclei riproduttivi, per ora tutti tra Toscana e Umbria e forse nel Lazio, per un totale di circa 50 o 60 individui in totale».
La popolazione del Centro Italia è quindi in salute e in espansione, come del resto sta accadendo anche nel resto d'Europa e in alcune zone delle regioni italiane del Nord-Est, dove il castoro è però arrivato dall'Austria in modo del tutto spontaneo. All'inizio del XX Secolo, però, ne erano rimasti a malapena poco meno di 1.200 esemplari, nascosti in poche aree tra Europa e Asia. Ma grazie a numerosi progetti di riproduzione in cattività e reintroduzione, pian piano il castoro ha ripreso a ricolonizzare il Vecchio Continente e grazie a questi progetti è tornato in Francia, Spagna, Gran Bretagna, Scandinavia e Europa Centrale.
È stata la caccia spietata su larga scala a far scomparire il castoro euroasiatico un po' dappertutto, soprattutto causa della pelliccia e del castoreo, una sostanza oleosa giallastra e dall'odore forte che viene prodotta da una ghiandola situata tra l'ano e gli organi genitali, molto utilizzata in passato nell'industria dei profumi e in campo medico. Il castoro euroasiatico, però, come il cugino nordamericano (Castor canadensis), è famoso soprattutto per le sue attività di costruzione di dighe con tronchi, rami, fango e sassi, attività possono trasformare significativamente foreste, fiumi e ambienti in cui vive.
L'impatto del castoro sull'ambiente
«I castori sono veri e proprio ingeneri ambientali e hanno certamente un impatto forte sugli ecosistemi – spiega ancora Viviano – Proprio per questo, c'è molta attenzione sull'eventuale impatto negativo su foreste e fiumi, soprattutto da parte di popolazioni, enti e organizzazioni che vivono, gestiscono o lavorano in questi contesti. Tuttavia, questo eventuale impatto negativo sull'ambiente non ha alcun riscontro in bibliografia e anche i nostri studi lo confermano. Anzi, al momento, il ritorno del castoro rappresenta solamente un elemento positivo per ecosistemi e biodiversità».
Come confermano infatti diversi studi condotti in aree dove il castoro è tornato dopo un lungo periodo d'assenza, il suo ritorno ha spesso avuto un impatto positivo sorprendente sulle piante e sulle altre specie animali. Grazie alle attività di costruzione di dighe, rosicchiamento di alberi e creazione di nuove pozze d'acqua, il più grosso roditore d'Europa favorisce il ritorno di molte specie plasmando nuovi habitat ormai perduti a causa di una cattiva gestione umana di fiumi e foreste.
«Il castoro attua una vera e propria gestione gentile degli ambienti ripariali, al contrario di quella umana che è pesantemente distruttiva – sottolinea Andrea Viviano – Con le sue attività favorisce il ritorno della biodiversità, creando microhabitat, spazi, rifugi e risorse per anfibi, pesci, uccelli acquatici, rettili, pipistrelli e macro e microinvertebrati di acqua e suolo. Abbattendo alcuni alberi, per esempio, genere microhabitat per alcuni coleotteri del legno particolarmente minacciati e protetti da numerose normative e direttive nazionali ed europei. Inoltre, favorisce anche al ripresa delle specie vegetale autoctone rispetto a quelle invasive e dove c'è il castoro persino la nutria, che è davvero una specie aliena invasiva e dannosa, si riduce naturalmente».
Perché qualcuno vuole rimuoverli
Il castoro sembra quindi essere un vero e proprio toccasana per gli ecosistemi e la biodiversità, tuttavia l'origine illegale di questa popolazione e il rilascio non autorizzato, secondo alcuni dovrebbe in ogni caso essere seguito da un intervento di rimozione o trasferimento da parte di enti e autorità come ISPRA, l'organo tecnico-scientifico del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, e le Regioni coinvolte, anche per non creare un possibile precedente e diffondere il messaggio che si possono liberare specie selvatiche per iniziativa personale e senza seguire le procedure previste dalla legge.
«Non sappiamo esattamente chi e come ha liberato in natura questi animali. I nostri studi e le analisi genetiche, suggeriscono comunque che questo rilascio è avvenuto probabilmente tra il 2017 e il 2018 e che i castori hanno un'origine centro europea, provenienti probabilmente dalla Germania – conclude Viviano – Il ritorno del castoro è chiaramente un fenomeno del tutto inedito, in continua evoluzione e che merita di essere seguito con attenzione. Secondo i nostri dati, non c'è però nessuna urgenza o motivazione per rimuoverlo. Allo stato attuale non determina alcuna compromissione dell'ambiente. In tutti i paesi in cui è stato reintrodotto, inoltre, le popolazioni hanno imparato in fretta a convivere pacificamente con questo animale e, come emerge dai nostri sondaggi, anche in Toscana e Umbria le persone vedono di buon occhio il suo ritorno».
Nonostante ciò, il castoro in Centro Italia continua a essere sotto ai riflettori, a generare un forte dibattito ed è perciò difficile prevedere come finirà questa storia, che resta una vicenda sicuramente spinosa. Da un lato, siamo di fronte all'introduzione non autorizzata di una specie selvatica – seppur non alloctona – che è un'attività potenzialmente molto pericolosa per gli ecosistemi, oltre che illegale. Allo stesso tempo, però, ci siamo trovati tra le mani una popolazione in salute di una specie che resta ancora particolarmente protetta da tutte le norme e le Direttive Europee, che fa bene all'ambiente e alla biodiversità e che numerosi paesi europei hanno reintrodotto deliberatamente. Un bel dilemma da sciogliere e che, in un modo o nell'altro, creerà un importante precedente. Noi, nel frattempo, ci godiamo questo inaspettato e sorprendete ritorno atteso da almeno quattrocento anni.