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9 Agosto 2021
11:32

Il rinforzo positivo, una teoria imperfetta

Attraverso premi e gratificazioni il cane può apprendere o accentuare dei comportamenti, abbandonandone invece altri. Il rinforzo positivo può quindi essere molto utile, ma occorre conoscerne i limiti per capire cosa possiamo davvero insegnare al cane e cosa no, tenendo sempre presente le motivazioni e la personalità di ogni individuo.

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Come impara un cane? E come possiamo insegnargli nuove cose? Grande importanza avranno le conseguenze delle sue azioni. In particolare certi comportamenti verranno più facilmente ripetuti quando porteranno ad una gratificazione, mentre altri saranno abbandonati. Queste semplici osservazioni sono alla base della teoria del “rinforzo positivo”, formulata nella prima metà del 1900 dallo scienziato americano Burrhus Skinner.

Che cos’è il rinforzo positivo?

Secondo questa teoria, si definisce rinforzo positivo la conseguenza piacevole ad un certo comportamento o, in altre parole, una conseguenza che funge da premio o ricompensa. Tuttavia, sebbene questa teoria suoni all’apparenza molto semplice, le cose nella realtà sono estremamente più complesse.

Skinner infatti partiva da alcuni presupposti che si sono rivelati in parte scorretti. Anzitutto i suoi esperimenti in laboratorio tendevano a semplificare la realtà, escludendo tutte le variabili che sono presenti nella vita reale e che possono invece essere determinanti. Inoltre, e questo è l’errore più grave, secondo la sua teoria (definita behaviorista o comportamentista) il comportamento non dipende tanto da fattori soggettivi, ma dagli stimoli provenienti dall’ambiente. In pratica non si pensava vi fosse differenza ad esempio tra un topo, un piccione o un cane poiché si riteneva che, sottoposti agli stessi stimoli, questi animali avrebbero manifestato le medesime risposte.

I limiti del rinforzo positivo

Se ciò può essere vero nelle particolari condizioni di un laboratorio, certamente così non è se li riportiamo nell’ambiente naturale. In tale contesto non soltanto esprimeranno comportamenti molto diversi, ma soprattutto reputeranno importanti (e dunque daranno attenzione a) elementi diversi della realtà. Prima quindi di parlare di ciò che è possibile insegnare attraverso il rinforzo positivo è necessario evidenziarne i limiti, così da non illudersi di poter ottenere qualunque risultato.

Le motivazioni

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Gli animali che noi conosciamo sono il frutto di una lunga storia evolutiva. Questo significa che assieme alle loro caratteristiche fisiche si sono evoluti anche i loro comportamenti. Per i cani poi vi è stata anche una selezione artificiale delle razze che ha ulteriormente accentuato questo processo. E così non soltanto certi comportamenti sono naturalmente espressi dai singoli soggetti, ma questi ricercano anche e prediligono gli stimoli atti a suscitarli.

Ad esempio un Border Collie non solo sarà facilmente interessato a inseguire cose in movimento, ma anzi le ricercherà attivamente nell’ambiente che lo circonda. Allo stesso modo un Labrador tenderà a cercare cose da trasportare e riportare. Certi comportamenti, dunque, tenderanno ad emergere spontaneamente perché, in qualche modo, sono scritti nel DNA.

In questi casi sarebbe forse utile distinguere tra “rinforzo” e “gratificazione”, poiché ad essere gratificante non è solo l’eventuale premio che segue il comportamento, ma il fatto stesso di esprimerlo. Nel caso del Border Collie è l’inseguire che dà piacere e non solo il poter raggiungere ciò che sta inseguendo. Se dunque ci porterà una pallina sarà per farsela lanciare. All’opposto un Labrador vorrà che la lanciamo per poterla riportare. Se anche dunque un Labrador e un Border Collie faranno attività simili (come giocare con una pallina), il loro maggior piacere sarà per cose diverse: in un caso l’inseguire, nell’altro il riportare.

Questi comportamenti saranno molto semplici da incentivare e sarà dunque moto facile impostare delle attività su di essi. Dall’altro lato sarà però molto difficile, se non impossibile, eliminarli ed anzi, se non si dà modo al cane di poterli esprimere, si rischia di causargli gravi problemi di frustrazione. Meglio dunque cercare di disciplinarli dando dei giusti modi e dei giusti contesti per poterli attuare.

Un ultimo grave rischio è quello che possano svilupparsi delle maniacalità, in quanto incentivare troppo un comportamento molto piacevole può far sì che si perda interesse verso altre cose. Per tornare all’esempio del Border Collie e del Labrador, nel primo caso può capitare che ci lasci continuamente oggetti davanti ai piedi per farseli tirare, mentre nel secondo che raccolga ovunque oggetti, o che li porti in giro e non li voglia lasciare.

Le emozioni

Un altro aspetto fondamentale è quello legato alle emozioni. Non soltanto l’espressione di un comportamento e i suoi esiti sono importanti, e fanno in modo che esso possa essere ripetuto o meno in altre occasioni, ma anche lo stato emotivo è centrale. E così se ad esempio un cane è spaventato anche le attività più piacevoli potrebbero non essere allettanti. Se invece il nostro amico è in un momento di particolare gioia potrebbe divertirsi anche nel fare cose che altrimenti non lo interesserebbero granché. Infine se è impegnato in qualcosa che reputa estremamente gratificante, altre attività possono perdere di valore pur se, in un momento diverso, lo potrebbero anche interessare.

Come utilizzare il rinforzo positivo nell’educazione del cane

Fatte queste premesse cosa possiamo dunque insegnare ai nostri amici? E come possiamo farlo? La risposta è che, suscitando delle emozioni positive attraverso un premio, possiamo insegnare tantissime cose. Naturalmente sarà più semplice insegnar loro quelle che sono in linea con le loro motivazioni.

In questi casi possiamo raggiungere risultati incredibili e ne sono esempi i cani che fanno sport come l’agility, il disc dog o la dog dance, quelli che si occupano di assistenza per non vedenti o persone con disabilità, fino ai cani impiegati dalle forze dell’ordine, nell’esercito o in protezione civile. E non è un caso se per queste attività quasi sempre vengono selezionati cani appartenenti a razze particolari.

Attraverso il rinforzo positivo, utilizzando come premio il cibo, un gioco o, a volte, anche la semplice gratificazione sociale (ossia lodandolo quando esegue un particolare comportamento) possiamo associare a emozioni positive moltissime attività e così ottenere che vengano ripetute anche su nostra richiesta.

A partire dal rinforzo positivo sono state elaborate vere e proprie tecniche di lavoro utilizzate non solo in ambito cinofilo: ad esempio il metodo ABA le utilizza anche in ambito umano nell’insegnamento delle autonomie a persone con spettro autistico o altre disabilità. Un esempio nell’addestramento dei cani è il clicker training. Ma di cosa si tratta?

Lo shaping, o modellaggio,  consiste nel premiare non solo i comportamenti desiderati, ma anche quelli che vi si avvicinano, in modo da raggiungere l'obiettivo per gradi e lasciando al cane la libertà di ragionare e fare proposte. Il chaining, o concatenamento, consiste invece nel suddividere un comportamento complesso in tutte le sue fasi. Si insegnerà separatamente al cane ogni particolare fase per poi richiedergli di svolgerle in sequenza. In questo modo è possibile insegnare comportamenti estremamente complessi come ad esempio aiutarci a rifare un letto oppure una performance di dog dance.

Il rinforzo positivo per risolvere problemi comportamentali

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È possibile attraverso il rinforzo positivo risolvere anche delle problematiche comportamentali? Secondo alcune teorie si può associare allo stimolo che causa un comportamento problematico un nuovo stimolo che invece ne produce uno gradito. Se ad esempio abbiamo un cane che alla vista dei suoi simili cerca di aggredirli si potrebbe associare alla vista di altri cani l’offerta di un premio in cibo da parte del suo compagno umano. In questo modo, secondo la teoria definita di controcondizionamento, il cane imparerà a non buttarsi verso gli altri cani, ma a rivolgersi al suo umano per ricevere il premio.

Questo tipo di tecnica, sebbene possa essere una delle strade da considerare, ha tuttavia delle importanti limitazioni. Lavorare soltanto sugli stimoli infatti non aiuta una profonda comprensione delle reali cause dei comportamenti. Questi, sebbene possano manifestarsi in concomitanza con determinati stimoli, sono in genere legati a ragioni molto più profonde come il carattere del cane, le precedenti esperienze, le sue relazioni sociali, il contesto generale di vita, il suo assetto emozionale o motivazionale.

Lavorare soltanto sugli stimoli non solo potrebbe non risolvere i problemi o magari semplicemente spostarli, ma potrebbe anche creare pericolose dipendenze. Il risultato infatti potrebbe essere legato solo a dei processi artificiali che riguardano non tanto il cane, ma la nostra capacità di controllo e gestione degli stimoli. Dunque anziché lavorare sull’elasticità e la plasticità della relazione il rischio grande è di chiudersi in schemi e fissità, che limitano il comportamento e lo rendono dipendente dal controllo dei fattori esterni.

Il rinforzo negativo

Assolutamente da non confondere col rinforzo positivo vi è infine il suo opposto, ovvero il rinforzo negativo. Sebbene alla base di entrambi vi sia infatti quello che può essere considerato un “premio”, nel primo caso esso consiste nell’offrire al cane qualcosa di piacevole, mentre nel secondo il premio è quello di sottrarre un qualcosa di negativo o spiacevole. Lavorare col rinforzo negativo, dunque, significa anzitutto mettere il cane in una situazione di stress o disagio per poi rimetterlo a suo agio quando attuerà il comportamento desiderato.

La condizione di disagio può avere diversi livelli di severità ma, se portato a livelli estremi, essa può addirittura essere peggiore di una punizione. Per comprendere questo aspetto possiamo considerare l’uso che viene fatto in alcune pratiche addestrative del cosiddetto collare a strozzo. Questo strumento, nell’immaginario collettivo, viene di solito associato ad una punizione: il cane tira, attraverso il collare viene soffocato e in tal modo smette di tirare. In realtà l’uso che viene fatto di questo strumento (con la definizione di “mettere il cane in gestione”) è sovente ben diverso. In pratica, attraverso una serie di colpi secchi e ripetuti il cane viene messo in una situazione di disagio alla quale può sottrarsi solo se smette completamente di prendere qualunque iniziativa: sia essa quella di tirare, ma anche soltanto di muoversi senza consenso, sia quella di annusare in terra, fino alle volte anche soltanto di guardare in direzione diversa dal proprio conduttore. Obiettivo di questo genere di pratiche (spesso esplicitamente dichiarato) è quello di una totale sottomissione del cane al volere del proprio conduttore, il quale deve potergli fare qualsiasi cosa senza alcun tipo di reazione. Questo risultato viene ottenuto, con quello che a tutti gli effetti è un rinforzo negativo, facendo capire al cane che solo il non prendere alcun tipo di iniziativa può sottrarlo ad uno stato di disagio.

Al di là delle ovvie ragioni etiche per cui l’uso e l’intensità del rinforzo negativo dovrebbero essere sempre attentamente valutati in qualunque circostanza e, quando possibile, sempre assolutamente evitati, bisogna evidenziare che oltretutto tale strumento, se attuato da persone non esperte e non consapevoli, potrebbe minare irreversibilmente il rapporto di fiducia col nostro amico ed essere anche estremamente pericoloso.

Prima dunque di ricorrere a questa metodica di lavoro, che sempre e comunque prevede uno stato di disagio, dovremmo sempre interrogarci approfonditamente (magari anche col consiglio di un esperto) se non vi siano altre strade da percorrere che restino sulle coordinate del benessere e del piacere.

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Francesco Cerquetti
Esperto in etologia applicata e benessere animale
Laureato in Filosofia a partire dal 2005 ho cominciato ad appassionarmi di cinofilia approcciando il mondo dei canili. Ho conseguito il Master in Etologia Applicata e Benessere animale, il titolo di Educatore Cinofilo e negli IAA.
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