Guerre e conflitti armati possono avere un impatto devastante anche sulla fauna selvatica, ma raramente sono al centro dei dibattiti sulla conservazione. Dove le guerre devastano e destabilizzano i paesi, infatti, spesso a farne le spese sono anche gli animali selvatici, cacciati e uccisi direttamente dai militari o ritornati a essere l'unica fonte di cibo per le comunità messe in ginocchio dai conflitti.
Ma se l'impatto diretto della guerra sulla fauna è piuttosto intuibile e facile da immaginare, ancor meno si sa sulle conseguenze a lungo termine che i conflitti armati generano sugli animali e il loro comportamento. Un nuovo studio recentemente pubblicato sulla rivista The American Naturalist ha dimostrato come anche a distanza di diversi anni dalla fine della guerra civile, gli uccelli selvatici in Sri Lanka continuano a vivere in uno "stato di paura" e sono molto diffidenti nei confronti dell'uomo.
La guerra civile in Sri Lanka
La guerra civile in Sri Lanka è iniziata nel 1983 ed è durata ben 26 anni, prima di concludersi definitivamente nel 2009. Nella regione hanno perso la vita un numero indefinito di persone, secondo alcune stime tra le 40 e 70mila. Durante l'escalation di violenza, mentre la guerra devastava il Paese, sono stati segnalati numerosi incidenti con la fauna selvatica, con animali abbattuti direttamente a colpi d'arma da fuoco o finiti accidentalmente vittime delle mine antiuomo. A distanza di oltre 10 anni dalla fine dei conflitti i ricercatori si sono chiesti quindi se era possibile aspettarsi dei cambiamenti nel comportamento degli animali selvatici nei confronti dell'uomo.
Per scoprirlo hanno studiato la distanza di fuga di 157 specie di uccelli che vivono nelle aree in cui i conflitti sono stati più intensi. La distanza di fuga è un parametro molto utilizzato per valutare il grado di confidenza o di timore di un animale nei confronti dell'uomo. Si tratta in pratica della distanza "di sicurezza" oltre la quale un animale avvicinato dall'uomo scappa o – in questo caso – vola via. La distanza di fuga è un parametro etologico estremamente variabile e plastico, che può cambiare sia tra le varie specie che tra i singoli individui. Basti pensare agli animali abituati a mangiare per mano dell'uomo (pessima pratica quasi sempre da condannare), che diventati troppo confidenti si lasciano avvicinare fino a distanze pericolosamente brevi.
Anche gli uccelli non dimenticano
Gli scienziati hanno quindi misurato e raccolto un totale di 1400 eventi di fuga, comparandoli successivamente con quelli relativi alle distanze di fuga nei confronti dell'uomo raccolte però in zone che non erano state toccate dalla guerra civile. Dai risultati è emerso che la distanza di fuga degli uccelli alla vista dell'uomo era significativamente più elevata in quelle zone che erano state coinvolte profondamente dalla guerra civile rispetto a quelle in cui non ci sono stati conflitti. Inoltre le specie più timorose tra tutte erano gli uccelli di maggiori dimensioni, dato che coincide con l'ipotesi che la guerra abbia portato a una maggiore pressione venatoria proprio nei confronti di queste specie.
Questo studio dimostra quindi che la guerra e le attività umane possono lasciare un segno indelebile negli animali selvatici, e a distanza di molti anni gli uccelli continuano ad associare alla sola presenza umana eventi pericolosi o traumatici passati. Alterano di conseguenza il loro comportamento e vivono in un "clima di terrore", scappano via molto a distanze notevolmente maggiori. Il "ricordo" della devastazione della guerra resta perciò tangibile – e a quanto pare indelebile – persino nella memoria delle specie selvatiche.