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3 Luglio 2022
15:00

Il ramarro occidentale (Lacerta bilineata)

Il ramarro è una delle lucertole più grandi del nostro paese. Si distingue dalle lucertole comuni soprattutto per i colori brillanti della sua livrea. Il suo morso non è velenoso né pericoloso per l'uomo.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Il ramarro occidentale (Lacerta bilineata) è un rettile squamato del sottordine dei sauri e appartenente alla famiglia dei lacertidi. Ha un corpo lungo e solido ed è riconoscibile grazie ai colori accesi che vanno dal verde al blu. Può raggiungere anche i 45 centimetri di lunghezza ed è, infatti, tra le lucertole più grandi del nostro paese.

Come è fatto il ramarro occidentale

La forma del corpo del ramarro è quella che caratterizza tutte le lucertole, ma si distingue dalle lucertole muraiole (Podarcis muralis), le più comuni nel nostro paese, per la sua livrea dai colori più brillanti. Il ramarro occidentale, infatti, ha il dorso di colore verde che, talvolta, mostra un reticolo di zone più scure, ma rimane comunque molto acceso. Le femmine e i giovani, inoltre, hanno spesso striature più chiare sui lati, che possono essere più o meno visibili.

I maschi, invece, nel periodo degli amori sono riconoscibili perché sviluppano un'evidente colorazione blu sulla gola e sul collo. Lo stesso fenomeno è presente, talvolta, anche nelle femmine, ma in misura decisamente inferiore. Le zampe hanno cinque dita, le quali sono munite di piccoli artigli.

Un ulteriore fattore che permette di distinguere questa specie dalle altre lucertole presenti in Italia è la dimensione. Il ramarro occidentale, infatti, è una delle lucertole più grandi del nostro paese e può raggiungere anche i 45 centimetri di lunghezza. A superarla per dimensioni, in Italia è solo la lucertola ocellata (Timon lepidus), diffusa unicamente in Liguria occidentale.

Dove vivono i ramarri

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Il ramarro occidentale è diffuso in tutte le regioni italiane, fatta eccezione per la Sardegna. È  stato segnalato anche sull'Isola d’Elba, mentre è totalmente assente nelle altre isole minori. Secondo uno studio pubblicato da Ispra nel 2016, In Friuli Venezia Giulia vi è una zona di ibridazione tra questa specie e Lacerta viridis, una specie di ramarro diffusa sulle zone alpine orientali.

Al di fuori del nostro Paese è possibile incontrarlo su tutto l'arco alpino, in Germania, Austria e Svizzera. Questo rettile vive anche in Francia centro meridionale e sulla catena dei Pirenei in Spagna settentrionale. Nella zona più orientale delle Alpi, però, verso la Slovenia e la Croazia, la maggior parte degli individui appartiene alla sottospecie L. viridis.

Generalmente predilige ambienti di transizione tra prati e boschi, ma si può avvistare anche in zone completamente boschive, a patto che siano comunque sufficientemente soleggiate. Il ramarro occidentale è frequente anche in ambienti abitati dall'uomo come prati incolti, radure coltivate solo saltuariamente e aree urbane. Generalmente non supera i 1400 metri di altitudine, ma al livello del mare può raggiungere anche le spiagge e le zone rocciose della costa.

Cosa mangiano i ramarri

Uno studio pubblicato sull'Italian Journal of Zoology nel 2009 ha analizzato la dieta di queste lucertole nell'Italia centrale appenninica, evidenziando un'alimentazione basata soprattutto su coleotteri e isopodi, ovvero uno specifico ordine di crostacei, ma può nutrirsi anche di piccoli mammiferi o uccelli, uova e frutta matura.

In alcune situazioni sono state osservati anche casi di cannibalismo, ma si tratta di eventi estremamente rari. Per evitare i conflitti tra individui della stessa specie per le risorse alimentari, i ramarri occidentali che vivono all'interno dello stesso habitat, suddividono le zone di caccia in base all'età degli individui. Questa strategia aumenta la possibilità dei giovani di reperire le prede necessarie e impedisce, inoltre, agli invidui adulti di mettere a repentaglio la loro sopravvivenza.

La vita dei ramarri occidentali

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I ramarri occidentali sono estremamente territoriali e, soprattutto i maschi, difendono la propria zona dall'invasione dei conspecifici. Sono animali dal comportamento diurno, ma non vengono avvistati spesso, perché è facile che si spaventino e si nascondano con rapidità in un luogo protetto, grazie alla loro capacità di correre e arrampicarsi sugli alberi.

Con la fine dell'inverno, i primi maschi lasciano i rifugi attorno alla metà di marzo, e vanno alla ricerca del calore del sole. Le femmine li seguono circa una quindicina di giorni più tardi.

Per quanto riguarda l'Italia, il periodo degli accoppiamenti avviene generalmente nel mese di maggio. In questa stagione i maschi si sfidano in combattimenti, talvolta letali, che hanno l'obiettivo di determinare l'accesso alla riproduzione da parte del vincitore.

Una volta ottenuta la possibilità di accoppiarsi, il maschio azzanna la femmina su un fianco nell'intento di tenerla ferma per il tempo necessario. Al termine della fecondazione, la femmina depone da 9 a 21 uova in una buca profonda fino a 30 centimetri.

I giovani nascono dopo circa 3 mesi e hanno una lunghezza di circa 7-8 centimetri. La maturità sessuale verrà raggiunta intorno al secondo anno di età.

Soprattutto nei primi mesi di vita, quando le loro dimensioni sono ridotte, rischiano di rimanere vittime dei predatori, che secondo il ​Centro di Coordinamento per la Protezione degli Anfibi e dei Rettili in Svizzera, sono rappresentati soprattutto dai biacchi e dalle donnole, ma anche da altri serpenti, gatti e roditori, che si nutrono anche delle loro uova.

I ramarri occidentali e l'uomo

Il ramarro non è pericolosi per l'uomo, soprattutto perché ha la tendenza a fuggire e nascondersi, piuttosto che attaccare e mordere. Inoltre, il suo morso non è velenoso e, per proteggersi dai predatori, spesso sfrutta uno strumento caratteristico delle lucertole, ovvero la capacità di perdere la coda, anche detta autotomia.

Nonostante la IUCN la consideri a minor rischio di estinzione per la sua ampia distribuzione, la specie è minacciata dall'utilizzo dei pesticidi, dalle coltivazioni intensive e dalla frammentazione dei suoi habitat ed è quindi inserita nell'appendice II della Convenzione di Berna e nell'Allegato IV della direttiva Habitat (92/43/CEE).

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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