Disastro ambientale: è questo ciò che hanno causato diciannove persone prelevando datteri di mare (Lithophaga lithophaga) dalle pareti rocciose dei Faraglioni di Capri. E' quanto emerge da un'inchiesta condotta dalla procura di Napoli e dalla Guardia di Finanza che ha portato a 19 misure cautelari con sei persone agli arresti domiciliari, sei in carcere, tre divieti di dimora a Napoli e gli altri quattro soggetti coinvolti che hanno l'obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria per associazione a delinquere per reati ambientali. Persone che fanno parte di due vere e proprie organizzazioni criminali che agiscono nel napoletano e tra Castellammare e l'isola di Capri, creando danni irreversibili all'ecosistema marino.
Per rendersi conto dei danni che sono stati provocati ai Faraglioni di Capri i pm si sono avvalsi di un gruppo di esperti coordinati dal professor Giovanni Fulvio Russo e da Marco Sacchi dell'Ismar-Cnr, che hanno concluso che il 48% delle pareti sottomarine dei faraglioni hanno subìto dei forti danni. Il motivo del prelievo dei datteri di mare da parte delle organizzazioni è ovviamente economico: il prezzo di questi molluschi nel mercato illegale varia dai 40 ai 200 euro al chilo e le indagini, durate ben tre anni, hanno rivelato che due dei capi del gruppo criminale di Napoli hanno commercializzato in pochi mesi ben otto quintali di datteri.
Perché è illegale prelevare e commercializzare i datteri di mare
Il prelievo e la commercializzazione dei datteri di mare sono stati dichiarati illegali in quanto questi molluschi scavano nelle rocce marine, con una crescita molto lenta che può durare anche 35 anni, letteralmente inglobandosi nel materiale roccioso. Motivo per cui il prelievo richiede l'uso di mezzi molto invasivi che portano alla distruzione della roccia e di tutto l'ecosistema marino.
Raccogliere i molluschi litofagi, ossia quelli che corrodono e si insediano nella roccia marina, con l'utilizzo di martelli pneumatici, esplosivi o di altri strumenti a percussione, è vietato secondo il regolamento CE 1626/94 del 27 giugno 1994. Il regolamento è stato poi esteso con il DM 16 ottobre 1998 includendo anche il divieto assoluto di pesca di questo mollusco nelle coste italiane con qualsiasi tipo di strumento per i danni che provoca all'ecosistema. In particolare per il dattero di mare ne è vietato il consumo, la detenzione, il commercio e la pesca in tutti i paesi dell'Unione Europea ai sensi dell'art.8 del Regolamento (CE) 1967/2006.
Le altre specie che non possono finire sulle nostre tavole
I datteri non sono però gli unici animali commerciati illegalmente per finire sulle nostre tavole: la Coldiretti afferma che tra i più commercializzati c'è il pettirosso, la cui caccia è vietata da anni secondo la Legge 157 del 1992 sulla protezione della fauna e regolamentazione della caccia, ma ancora consumato e richiesto per la preparazione di un tipico piatto del Centro-Italia: la polenta e osei con i pettirossi. Al Nord invece sono molto frequenti altre specie molto ricercate e catturate illegalmente dai bracconieri come fringuelli, peppole, cardellini e frosoni come uccelli, mentre al Sud sembrano essere particolarmente "ambiti" scoiattoli e ghiri.