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3 Febbraio 2023
11:50

Il plesiosauro, l’antico rettile marino parente dei dinosauri

Il plesiosauro ha dominato gli oceani per quasi 140 milioni di anni, durante la fase finale del Triassico e il Cretaceo superiore. Spesso erroneamente chiamati dinosauri marini, i plesiosauri erano in realtà dei rettili, come gli ittiosauri.

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Il plesiosauro è appartenuto ad uno degli ordini più longevi di animali che hanno solcato gli oceani. Parente dei dinosauri e degli ittiosauri, questo grande rettile marino è infatti vissuto per quasi 140 milioni di anni, essendo comparso durante la fase finale del Triassico ed avendo dominato tutti i mari fino al Cretaceo superiore, da 205 fino a 66 milioni di anni fa. Fossili di plesiosauro sono stati infatti trovati in tutti i continenti, compreso l'Antartide ed è stato un predatore all'apice della catena alimentare capace di cibarsi di una gran varietà di prede, dai pesci ai più coriacei crostacei e molluschi dotati di conchiglie.

In realtà, tecnicamente esistono diverse specie di plesiosauro che si sono evoluti lungo il corso del Mesozoico, ma visto che molte di queste sono molto simili e il termine "plesiosauro" per ragioni storiche (che approfondiremo sulla fine) è divenuto sinonimo per tutti  i membri dell'ordine Plesiosauria, usualmente si utilizza questo nome per racchiudere tutto l'intero gruppo. Per quanto riguarda invece il genere specifico Plesiosaurus, si conoscono solo due specie che rappresentano il gruppo principale, anch'essi tutti molto simili.

Il loro nome deriva dalla somiglianza con le lucertole. William Conybear descrivendo infatti l'olotipo, scoperto da Mary Anning durate l'Ottocento, si accorse che questi animali erano imparentati con i rettili e per questo prese la decisione di chiamarlo "quasi lucertola" dalle parole greche plesio che significa "simile" e sauros, "lucertola".

Il plesiosauro era un animale perfettamente adattato al contesto acquatico. Aveva un corpo idrodinamico e la sua testa posizionata alla punta del lungo collo (che poteva misurare fino ad 1 metro) era perfetta per fendere l'acqua e fungere da "testa di ponte" durante le battute di pesca.

Per quanto in molti li considerino l'esempio perfetto di dinosauri marini, in realtà questa definizione è assolutamente sbagliata. Plesiosauri, ittiosauri e dinosauri infatti derivano tutti da un antenato comune, ma non per questo possono essere considerati tutti dello stesso gruppo di appartenenza. I plesiosauri infatti appartengono al super ordine degli saurotterigi, mentre i dinosauri appartengono ad un super ordine diverso, che è proprio quello dei Dinosauria. Per quanto abbiano condiviso buona parte della loro storia evolutiva e appartenessero allo stesso periodo storico della Terra, sono gruppi completamente diversi.

Caratteristiche del plesiosauro

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Ricostruzione di alcuni plesiosauri nel loro habitat naturale

Il plesiosauro era un animale che in media non superava di molto i 3 metri di lunghezza, seppure alcune specie erano capaci anche di superare i 12 metri. Aveva adattato il suo corpo per compiere lunghe nuotate e in totale si presume che il suo peso non fosse superiore a quella di una odierna mucca, ovvero poco sopra i 250 chili. Il cranio era molto piccolo, paragonato al corpo, con un muso dall'estremità appuntita e pieno di sottili denti conici che servivano all'animale per catturare con una certa facilità le sue prede.

Il collo era estremamente lungo ed era anche abbastanza sottile, per quanto ricoperto di potenti muscoli che servivano al plesiosauro di resistere alla forza delle correnti e di spingersi con una certa facilità in avanti, senza perdere potenza di nuoto e idrodinamicità. Questo era comunque un punto debole di questi animali. Si presume infatti che i predatori del plesiosauro, come i mosasauri, attaccassero questo animale proprio all'altezza del collo, presso l'attaccatura con il cranio, per ucciderlo istantaneamente. I paleontologi infatti hanno trovato diversi reperti che testimoniano violente sequenze di caccia che si sono risolti con questo esito.

Proprio per difendersi da questa tipologia di attacchi, si presume che il plesiosauro avesse dalla sua alcune strategie di difesa. Innanzitutto si crede che per quanto il suo cervello fosse piccolo, comparato al corpo, disponesse di un buon udito, che sfruttava anche per andare a caccia e per identificare i banchi di pesce o la risalita dei calamari. Inoltre il suo corpo era capace di manovrare velocemente e in spazi stretti, perché il suo corpo affusolato riusciva a ruotare abbastanza facilmente e le sue zampe si erano trasformate in delle enormi pinne remiganti. Infine si presume che potesse disporre di una struttura sociale simile a quella degli odierni delfini e che in caso di pericolo potesse rifugiarsi nei pressi delle barriere coralline o vicino alla terraferma.

Il suo cinto pettorale era meno sviluppato rispetto a quello pelvico. Il plesiosauro dunque aveva spalle strette e bacino molto largo, caratteristica che escludendo le pinne rendeva il suo corpo simile ad un cono. Questo ovviamente era un altro adattamento al nuoto, che gli permetteva di assumere grandi velocità con una certa facilità.

Mani e piedi avevano subito anch'esse delle modifiche, in quanto perdendo quasi del tutto la capacità terrestre, il numero delle falangi era infatti aumentato di molto, con lo scopo di rendere le pinne stabili al nuoto. Il terzo e il quarto dito erano di solito quelli più lunghi, disponendo infatti di ben 9 falangi.

La coda invece era molto tozza e corta, rispetto al corpo. Questo perché aveva lo scopo di dirigere la direzione del movimento della creatura nella colonna d'acqua e si era evoluta per svolgere il ruolo di timone in maniera efficiente.

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Comportamento e abitudini

I paleontologi hanno dibattuto a lungo nello stabilire le modalità di riproduzione e di caccia dei plesiosauri. Se per quanto riguarda la vita sociale, oggi sono tutti molto convinti che questi animali vivessero in piccoli gruppi, il vero mistero aleggia infatti sopra le altre due componenti principali della vita di queste specie.

I plesiosauri infatti erano ovipari o ovovivipari, come i loro cugini ittiosauri? Non abbiamo nessuna prova fossile che possa suggerire una delle due opzioni. Per gli esperti è già complicato immaginare le modalità stesse dell'evento riproduttivo. Nessuno degli altri animali marini infatti ha mai adottato le stesse strategie nautiche del plesiosauro, dunque non abbiamo altre specie con cui confrontarci per comprendere come possa avvenire il sesso in creature dotate di quattro "pinne" motrici. Inoltre, se i plesiosauri deponevano le uova, questo vuol dire che erano costrette, essendo rettili, nel trovare una spiaggia dove farle maturare, in maniera simile a quanto fatto dalle attuali tartarughe. Ma dopo? Le femmine rimanevano a vigilare sopra al nido? Abbandonavano la prole dopo aver nascosto o sotterrato le uova? O in verità questa teoria è assolutamente sbagliata, visto che sempre più prove testimoniano quanto i plesiosauri fossero dei pessimi camminatori, e partorivano direttamene al largo, producendo non uova ma piccoli completi? I paleontologi non riescono a fornire ancora una risposta.

Per quanto riguarda invece la caccia i paleontologi hanno un maggior numero di informazioni in mente. Come detto, potevano sfruttare la loro caratteristica testa per sbucare "in mezzo" ai banchi di pesce, ma anche la potenziale collaborazione di più esemplari poteva ottenere un effetto positivo sulle battute di pesca. In maniera simile a quanto osservato da delfini, orche e alcune balene, infatti i plesiosauri avrebbero potuto coordinarsi per attaccare i banchi di pesce o di calamaro all'unisono, spingendo così le prede verso le loro fauci o verso la superficie. Tale strategia avrebbe permesso di ottenere delle ingenti quantità di pescato, ma per svolgere le operazioni necessarie il plesiosauro necessitava di una buona capacità di comprensione e di collaborazione con gli altri esemplari della propria specie.

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I plesiosauri potevano ovviamente trarre giovamento anche dalla socialità come strumento di difesa nei confronti dei predatori. Infatti, più esemplari erano capaci di percepire meglio l'ambiente circostante e di segnalare l'eventuali presenze dei grandi mosasauri o degli squali, meno gravi sarebbero stati i danni per tutti gli esemplari, sia adulti che giovani.

Secondo alcuni studiosi, inoltre i plesiosauri avrebbero potuto far uso delle gastroliti. Sassi ingurgitati dagli stessi animali, per aiutare a bilanciarsi e a regolare il nuoto.

Specie e storia della scoperta

Il plesiosauro è stato fondamentale per la nascita della Paleontologia come disciplina scientifica ben distinta dalle altre filosofie naturali. Fu infatti uno dei primi "rettili antidiluviani" ad essere stato scoperto in Inghilterra, all'inizio del XIX secolo. La sua scopritrice fu niente meno che Mary Anning, la cui vita solo recentemente è stata raccontata al pubblico. Tramite un'opera di divulgazione internazionale, le università hanno infatti iniziato solo da poco a far conoscere la madrina dei dinosauri alle masse, essendo la Anning stata dimenticata per oltre 150 anni.

La studiosa inglese fu tra le prime paleontologhe della storia e fra i primi uomini a comprendere che i reperti che si trovano sotto terra non derivano dal diluvio universale, ma che sono creature preistoriche più antiche. Le sue scoperte, come quelle del plesiosauro o dell'ittiosauro, destarono così tanto scalpore nell'Inghilterra vittoriana che divenne un simbolo egli stessa, d'indipendenza femminile.

Partendo comunque dalle riflessioni della paleontologa del Dorset, William Conybear descrisse l'olotipo e l'intero suo genere, di seguito alla morte della Anning, avvenuta nel 1847.

Oggi, dopo un'opera di selezione che ha coinvolto decine e decine di specie precedentemente inserite dentro il genere Pleisosaurus, c'è stata una generale riclassificazione dei rettili saurotterigi. Oggi solo due specie vengono infatti considerati appartenenti propriamente al genere Pleisosaurus, mentre tutti gli altri sono stati inseriti in generi affini.

Plesiosaurus dolichodeirus è la specie tipo, quella che è stata scoperta dalla Anning e che è stata studiata da Conybear. Le sue caratteristiche morfologiche principali sono quelle descritte sopra. Plesiosaurus guilelmiimperatoris invece è conosciuto per uno scheletro quasi completo, di notevoli dimensioni, che è stato trovato in Germania. E per quanto anche questa specie è stata recentemente ridescritta in un altro genere, Seeleyosaurus, non tutti sono d'accordo da quest'opera di classificazione ed il dibattito se considerare o meno questa specie come differente dunque ancora sussiste.

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Plesiosaurus dolichodeirus

Il plesiosauro nella cultura di massa

Per quanto il plesiosauro sia comparso in diverse pellicole cinematografiche (da Jurassic World al film Fantasia), è con la leggenda del mostro di Loch Ness che la specie ha raggiunto le case di milioni di persone. Il mito che si è andato infatti a creare attorno alla fantomatica presenza di un plesiosauro sopravvissuto alla grande estinzione ha implementato la notorietà di questo animale, rendendolo esempio di tutte quelle specie ad oggi scomparse che vorremmo rivedere nella realtà. Dobbiamo inoltre ringraziare a questa leggenda se si è diffuso ampiamente il concetto di fake news a cavallo degli anni trenta del Novecento.

Come noto, la presenza della bizzarra creatura nel lago scozzese sarebbe stata catturata più volte su pellicola, da parte di decine di fotografi a caccia di notorietà. La foto più famosa è quella che è stata scattata da 1934 da Robert Kenneth Wilson. Ed è soprannominata la "foto del chirurgo". Ogni tentativo di cattura però del mostro non riuscì nell'intento e dopo svariati anni si scoprì che buona parte delle foto che erano state diffuse nei tabloid erano state alterate per produrre un certo effetto ed erano poco più che spazzatura.

Già da cinquant'anni la scienza ha espresso il suo giudizio sulla vicenda, definendola come un infantile tentativo di catturare l'opinione pubblica e dichiarando che in Scozia non potrebbe mai esistere un lontano discendente dei plesiosauri. Sotto però un certo punto di vista la fama che ha raggiunto il mostro di Loch Ness ci insegna qualcosa: l'attrazione viscerale che coinvolge le persone verso questi animali, ed in generale verso gli antichi giganti mesozoici, è stata una spinta culturale non indifferente verso i progressi compiuti nell'ultimo secolo dalla paleontologia.

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Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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