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7 Ottobre 2021
15:16

Il pika tibetano accusato di essere responsabile di una crisi ecologica, ma potrebbe non essere così

Il problema che attanaglia l’altopiano tibetano, è che metà dei prati alpini della regione rischiano di trasformarsi in macchie di terra nuda e la colpa, secondo le comunità locali, sarebbe da attribuire al pika, un piccolo mammifero simile a un coniglio noto anche per aver ispirato il personaggio Pokemon Pikachu. Secondo una ricerca però il colpevole sarebbe altro.

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Conosciuto come la torre dell'acqua dell'Asia, l'altopiano tibetano è una vasta pianura elevata a 4.500 metri sul livello del mare e circondata da imponenti catene montuose, una delle quali comprende il Monte Everest. È una zona indispensabile per gli 1,4 miliardi di persone che vivono a valle, perché fornisce loro l’acqua dolce, ma anche per i nomadi che ci vivono, per i quali l’altopiano rappresenta un fondamentale sostentamento.

Il problema che attanaglia l’altopiano, però, è che metà dei prati alpini della regione rischiano di trasformarsi in macchie di terra nuda e la colpa, secondo le comunità locali, sarebbe da attribuire al pika (Ochotona curzoniae), un piccolo mammifero simile a un coniglio noto anche per aver ispirato il personaggio Pokémon Pikachu.

L'impatto dei pika sulle praterie

Secondo il parere dei locali il pika, scavando nei prati, accelererebbe la comparsa di queste zone dove non cresce più alcuna specie vegetale, trasformandosi, secondo le autorità cinesi, in un vero e proprio flagello per i pascoli. Tanto che le autorità cinesi è dal 1958 che tentano in tutti i modi di ridurne la popolazione.

Nonostante questa convinzione, però, il ruolo dei pika nel degrado dei pascoli dell'altopiano è in realtà piuttosto complesso, come rivela la ricerca di Li Li, Assistant Professor of Landscape Ecology, Xi'an Jiaotong Liverpool University. Infatti, invece di condannare questo minuscolo erbivoro, le prove indicano un "cattivo" più grande: i recenti cambiamenti nel modo in cui viene gestita la terra da pascolo sull’altopiano.

In sostanza, secondo lo studio il vero “colpevole” sarebbe lo sviluppo di allevamenti sempre più intensivi di yak, detto anche bovino tibetano. Questo mammifero artiodattilo appartenente alla famiglia Bovidae, simile ad un grosso toro, ma con pelo più folto e lungo, si nutre infatti di erbe e piante erbacee, creando queste zone senza erba, habitat perfetto per i pika, i quali con il suolo nudo vedono meglio e possono difendersi dai loro predatori.

Secondo la ricercatrice, perciò, sarebbe lo sviluppo intensivo del pascolo degli yak domestici che deve essere controllato per evitare che si creino troppi habitat adatti ai pika, in modo da limitarne la crescita. Anche perché questo mammifero arriva a figliare fino a cinque all'anno.

In molte parti delle regioni prative dell'altopiano, il numero di capi di bestiame ha raggiunto il picco negli anni '80 e '90, circa da due a tre volte superiore a quello dei primi anni '60. I pascoli, un tempo tenuti in comune, sono stati suddivisi in singole famiglie negli anni '90. All'inizio degli anni 2000, i nomadi ora sedentari hanno iniziato a installare recinzioni metalliche lungo i confini della loro terra per impedire che il loro bestiame si allontanasse e per tenerli al sicuro dai lupi. Ciò significava che i pastori non dovevano più vegliare e radunare il loro bestiame.

Ma, confinati all'interno di recinti, tuttavia, yak e pecore possono pascolare dove vogliono, falciando e calpestando l'erba. E quando i pika sono nelle vicinanze, è facile per loro attraversare i recinti e disperdersi in queste zone troppo pascolate.

La conclusione

L'altopiano ospita circa 6 milioni di pastori. L'espansione delle macchie di terra nera sulle praterie minaccia il loro sostentamento e, mentre il numero di pika continua ad aumentare, la comunità scientifica è divisa sulla risposta migliore.

Alcuni credono che le piccole creature dovrebbero essere abbattute, mentre altri sostengono che svolgano un ruolo fondamentale nella parte inferiore della catena alimentare, sostenendo popolazioni di volpi, donnole, gatti selvatici e uccelli rapaci, e quindi devono essere protette.

In entrambi i casi, è chiaro che i pika dell'altopiano svolgono un ruolo centrale in questa crisi, anche se il vero problema sono i cambiamenti nell'uso del suolo tra i nomadi locali. Mantenere l'erba più alta di 10 centimetri significherebbe meno cibo per gli yak e la maggior parte dei nomadi non può permettersi la carenza di carne, burro e latte che derivano dal loro bestiame.

C'è solo una chiave per salvare i prati dell'altopiano: non demonizzare il pika, ma sviluppare una soluzione culturalmente accettabile che controlli le popolazioni di questo mammifero selvatico e consenta ai nomadi pastorali di continuare a guadagnarsi da vivere.

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Simona Sirianni
Giornalista
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