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21 Febbraio 2022
15:18

Il Parco nazionale d’Abruzzo ricorda quali sono le aree vietate ai cani

Il Parco nazione di Abruzzo, Lazio e Molise ha ricordato ai cittadini che i cani vanno tenuti al guinzaglio allo scopo di evitare spiacevoli incontri con la fauna selvatica.

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cane escursione parco nazionale

Sono 65 i sentieri del Parco nazione di Abruzzo, Lazio e Molise interdetti ai cani, anche se tenuti al guinzaglio. Con l'arrivo delle miti temperature primaverili e l'allentamento delle misure anti Covid-19, il Parco ha ricordato che nelle zone di riserva integrale o particolarmente interessate dal transito della fauna selvatica è bene non portare con sé i propri animali.

Gli amanti delle escursioni in compagnia degli amici a quattro zampe però non devono disperare, dall'Ente è stato prontamente sottolineato come «dei 153 sentieri ufficiali del Parco, sono ben 88 gli itinerari che possono essere percorsi con cane al seguito, rigorosamente al guinzaglio».

La precisazione del Parco non a caso segue la vicenda del loro ospite più noto: l'orso Juan Carrito che pochi mesi fa nei boschi di Villalago, il paese abruzzese in cui è nato, si è trovato faccia a faccia con un Pastore tedesco. Il cane era stato lasciato senza guinzaglio dai suoi umani e l'incontro, ben lontano dall'essere un gioco, sarebbe potuto finire molto male per tutte le parti coinvolte.

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Anche se Villalago formalmente si trova al di fuori dei confini del Parco, a seguito di quell'evento è scattata una denuncia contro ignoti da parte dell'Enpa. A Kodami la responsabile legale nazionale dell'associazione, Claudia Ricci, aveva motivato questa scelta spiegando che «la denuncia è stata presentata allo scopo di dare un segnale: quando si portano animali d'affezione in luoghi naturali dove sono presenti specie selvatiche è bene tenere l'animale al guinzaglio. Proprio per evitare le scene a cui abbiamo assistito nel video».

Un monito che il Parco aveva già fatto suo con il disciplinare per la fruizione turistica del 13 agosto 2020 nel quale sono puntualmente enumerate le modalità di comportamento che gli umani devono tenere all'interno della riserva, anche e soprattutto quando si trovano in compagnia dei loro animali.

Ma perché, nelle zone del Parco dove invece la presenza di cani è consentita gli umani dovrebbero condurli sempre al guinzaglio? Anche se sappiamo che la legge stabilisce dove e quando il cane può stare senza guinzaglio, è anche vero che il Parco nel lavorare al disciplinare ha tenuto conto sia delle esigenze dei cittadini che delle specie selvatiche che il Parco tutela: «In Italia grazie ad una la legge dello Stato, si è stabilito che arrecare disturbo alla fauna selvatica è reato penale, e che da sempre è opportuno adottare il principio di precauzione».

Come insegna anche la tragica vicenda del Setter ucciso dai lupi in Trentino, lontano dagli ambienti urbani si entra nella casa degli animali selvatici: qui un animale domestico come il cane è fuori dal suo ambiente e le regole apprese nel mondo degli esseri umani non valgono più. Una situazione potenzialmente molto pericolosa in primis per gli animali, domestici e selvatici.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che il Parco è la casa di diverse specie in via d'estinzione, tra cui anche l'Orso marsicano, uno dei più rari al mondo arrivato sull'orlo dell'estinzione.

«Per quanto questo sia difficile da accettare per molte persone, il cane non fa più parte della Natura, degli ecosistemi e dell'equilibrio che li regola – sottolinea l'Ente sui social – La sua presenza in aree di elevata naturalità è da considerarsi estranea, "potenzialmente dannosa" e quindi da gestire e regolamentare al pari di quella degli esseri umani con i quali vive ormai da tempo avendo abbandonato la vita selvaggia».

Dal punto di vista del benessere e dei diritti del cane, tuttavia, è anche giusto valutare come e quando dargli la possibilità di riappropriarsi di quella libertà che la sua relazione con l'essere umano ha compresso. Abituare i cani alla libertà, ridando loro la possibilità di esprimersi, come precisa l'istruttore cinofilo David Morettini, membro del comitato scientifico di Kodami, può essere un «benefico momento di condivisione e fiducia in cui bisogna lasciare al cane la possibilità di vivere le sue esperienze al meglio».

Un "diritto canino" che, nel modo giusto, deve essere esercitato. Ma se la riserva naturale non è il luogo adatto, dove si può fare questo esercizio di consapevolezza? Innanzitutto, nei parchi urbani, dove anche in termini legislativi è possibile lasciare il cane libero in apposite aree. Lasciare allontanate i cani senza guinzaglio non è semplice, e può essere anche molto rischioso, tuttavia esercitata nel modo giusto è un'azione che può aiutare il cane a riappropriarsi di quegli spazi vitali che ha.

Definire il cane domestico, il cosiddetto "pet" come un soggetto che «non fa più parte della Natura» da parte del Parco è un'affermazione corretta ma allo stesso tempo che andrebbe maggiormente chiarita: chi non è del settore potrebbe non avere gli strumenti per comprendere. In questo modo si rischia di far passare un messaggio in cui si "condanna"colui che ha subito o subisce questa condizione e non chi lo ha reso tale: gli umani che non hanno lasciato e non lasciano una specie diversa esprimersi secondo il suo etogramma (il catalogo dei comportamenti di ogni specie).

Le raccomandazioni del Parco

Oltre al disciplinare ufficiale il Parco ha stilato anche un decalogo breve e immediatamente fruibile composto dai sei motivi principali per spiegare perché i compagni animali non dovrebbero essere lasciati liberi in aree naturali:

  • I cani possono sfuggire al controllo del loro umano inseguire e predare fauna selvatica, arrivando anche all'uccisione della stessa quando si tratta di individui di piccola e media taglia. Per questo, laddove la presenza dei cani è consentita vanno sempre tenuti al guinzaglio, come ribadisce la legge.
  • Il cane, anche se controllato dall'uomo, lascia sempre tracce del proprio passaggio: peli, escrementi, odori e marcature territoriali possono condizionare il comportamento di altri animali selvatici causando loro di conseguenza un danno a livello fisiologico e biologico.
  • In caso di un incontro diretto con un animale selvatico, la sola vista del cane (riconosciuto da loro come un antagonista o un predatore) può causare stress o reazioni impreviste da parte degli animali selvatici.
  • Gli animali selvatici disturbati, (soprattutto camosci, cervi, caprioli o più banalmente i piccoli mammiferi e gli uccelli di cui non sempre avvertiamo la presenza) potrebbero abbandonare i propri piccoli, disperdersi dal branco e abbandonare le aree di riposo o alimentazione, vedendo alterato il loro ciclo biologico.
  • Gli escrementi solidi e liquidi lasciati dal cane, oltre a rappresentare un veicolo di trasmissione di malattie, indicano a molte specie selvatiche la presenza di pericoli, perché riconoscono tali tracce come quelle di un predatore (nel caso delle prede) o di un intruso (nel caso del lupo). Ciò crea stress e disturbo nelle popolazioni presenti.
  • I cani possono essere vettori di molte patologie parassitarie e infettive, pericolose per la fauna selvatica e possono introdurre o recepire dall’ambiente silvestre degli agenti di malattia nuovi, per i quali i sistemi immunitari dei selvatici e del cane non hanno capacità di reazione efficace. A differenza di quelli domestici, gli animali selvatici non possono ricevere le necessarie cure né la prevenzione per tutte le patologie che li colpiscono. I cani possono trasmettere malattie molto contagiose: il cimurro, la leptospirosi, la rogna, le parassitosi intestinali, l’echinococcosi.
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