Il parasaurolofo è stato uno dei dinosauri erbivori più caratteristici del Cretaceo superiore ed è vissuto dai 76 ai 65 milioni di anni fa. Riconoscibilissimo a causa della sua cresta cranica, il parasaurolofo era un adrosauro (noti come dinosauri a becco d'anatra) del sottordine degli ornitopodi, il cui principale vantaggio evolutivo rispetto agli altri erbivori fu il progressivo sviluppo di un apparato masticatorio che permetteva di ruminare come le attuali mucche.
Il nome del genere significa "vicino alla lucertola crestata", riferendosi a un'altra specie di adrosauro, che è il saurolofo, dotato di una cresta completamente differente. Il nome deriva comunque dal greco antico, con para che significa "vicino", saurus che come sempre indica la parola"lucertola" e lophos, ossia "cresta"
Il genere Parasaurolophus presenta tre specie: P. walkeri, P. tubicen e P. cyrtocristatus. Ad occhio nudo è possibile distinguere abbastanza facilmente de specie, avendo in comune sì molte caratteristiche, ma avendo anche delle esplicite differenze a livello della cresta che è possibile usare per l'identificazione. La specie tipo è comunque la prima che è stata scoperta, ovvero P. walkeri, ed era tipica dell'America settentrionale, dallo stato dell'Alberta in Canada al Messico, passando per le regioni occidentali degli Stati Uniti.
In generale comunque il parasaurolofo era un erbivoro di grande taglia, che aveva una lunghezza che superava i dieci metri. Si calcola che spendesse gran parte del tempo a mangiare e a masticare il cibo che aveva predigerito, divorando circa 400 kg di vegetali in un solo giorno. Il suo peso infatti era quello di un autentico pachiderma, raggiungendo le 4 tonnellate di peso come l'attuale elefante africano.
Per quanto erbivoro quadrupede, gli scienziati hanno il forte sospetto che riuscisse anche a camminare per brevi tratti in posizione bipede, sfruttando magari una corsa per sfuggire ai predatori.
Com'era fatto il Parasaurolofo
Probabilmente, al di là della cresta, il parasaurolofo era molto simile a tutti gli altri adrosauri che si sono sviluppati nell'epoca.
Dotato del classico becco ad anatra, le zampe anteriori erano più corte rispetto a quelle posteriori e alcuni ritrovamenti hanno permesso agli scienziati di sviluppare una teoria, che vuole che la specie tipo disponesse di zoccoli, sebbene non sono tutti gli esperti ad accettare questo dato. Mentre era in cerca di cibo l'animale adottava invece una locomozione più lenta e legata molto allo spostarsi in gruppo, radunandosi in branchi per risultare meno appetibili per i predatori. In caso di pericolo, da animale quadrupede riusciva però a spostarsi più velocemente adottando la posizione bipede, che gli permettevano di raggiungere i 40 chilometri orari.
Prendendo come esempio la specie tipo, le spine neurali delle vertebre erano invece molto alte sui fianchi, aumentando in altezza in proporzione per tutto il suo corpo, dal dorso fino all'estremità della coda. Le impronte cutanee nei fossili di P. walkeri inoltre mostrano una pelle ricoperta da piccoli tubercoli uniformi, completamente dissimili dalle squame osservate in altre specie .
È però la cresta a risultare l'elemento maggiormente caratteristico del genere. La specie tipo si distingue infatti dalle altre grazie e soprattutto alla sua cresta tubulare, che è di lunghezza media rispetto a quella delle specie sorelle: è per esempio più corta rispetto a quella di P. tubicen, ma è molto più lunga e dritta rispetto a quella di P. cyrtocristatus, che presenta una cresta molto semplice.
La cresta era comunque l'elemento che rende ancora oggi l'animale distinguibile rispetto a tanti altri erbivori e ad altri adrosauri. Era un'escrescenza cava di circa due metri che era percorsa da lunghi sensori nervosi utili per l'olfatto, anche se con ogni probabilità il suo uso più comune era quello di emettere segnali visivi e sonori, attraverso la respirazione. La cresta inoltre cresceva di dimensione a secondo dell'età e del sesso dell'individuo. Gli scienziati credono dunque che i maschi più forti disponessero delle creste più lunghe e appariscenti, utili per guadagnarsi il diritto di riprodursi con le femmine. A differenza però dei palchi dei cervi e delle corna di tanti animali, fra cui altri dinosauri come i triceratopi, le creste dei parasaurolofi non erano molto utili utili nel combattimento e nella difesa. Il fatto di essere cavi infatti li rendeva inadatti a questo scopo.
Le femmine avevano creste molto più corte rispetto a quelli dei maschi e questo ha permesso agli scienziati di stabilire che il suo sviluppo era una caratteristica sessuale secondaria ed un esempio di dimorfismo all'interno di una stessa specie di dinosauri.
Un altro fattore che avrebbe spinto all'evoluzione della cresta è la termoregolazione. La sua elevata vascolarizzazione infatti ha permesso ai paleontologi anche di valutare questa opzione. E per quanto tale teoria abbia suggestionato le ricerche dei paleontologi degli ultimi decenni, in realtà il primo a proporre questa idea fu Wheeler nel 1978. Solo nel 2006 però, con la pubblicazione di un altro paleontologo, Evans, la comunità scientifica ha testato ed approvato la teoria, chiarendo una volta per tutte che la cresta non poteva essere usata come strumento di offesa o di difesa e che presentava fin troppi strutture sanguigne per non fungere anche da termoregolatore.
Le impronte di antiche strutture sanguigne sono state infatti trovate sopra alla superficie delle creste di diversi esemplari e questo ha messo praticamente fine al dibattito sull'uso della cresta da parte dell'animale.
Abitudini e comportamento
Dallo studio di diverse impronte fossili rilasciate dal parasaurolofo e da altri adrosauri, sappiamo che molte specie fra gli ornitopodi si radunavano in veri branchi, composti anche da decine se non centinaia di esemplari, quando giungeva la stagione delle migrazioni (che presumiamo essere l'attuale tarda primavera). Vivere in gruppo inoltre permetteva a questi animali di resistere all'attacco dei predatori di piccola e media taglia, visto il pericolo rappresentato dai diversi capi in movimento.
Secondo gli esperti, è davvero molto probabile che questi animali nidificassero e si nutrissero sugli altopiani centrali degli attuali Stati Uniti d'America, seguendo annualmente una migrazione che li portava da un capo all'altro del continente. Se si legge infatti la mappa dei loro siti di ritrovamento riconosciuti, è possibile osservare come la loro presenza si sia sviluppata lungo il meridiano che collega lo stato dell'Alberta al New Mexico, che all'epoca erano bagnati da un oceano ormai scomparso.
Dal punto di vista alimentare, grazie alle evoluzioni che aveva comportato lo sviluppo di un sistema di masticazione più efficiente, i ricercatori presuppongono che il parasaurolofo riuscisse a nutrirsi di piante per altre specie indigeste, con elevate concentrazioni di lignina e di cellulosa. Inoltre, a seguito della sua capacità di masticare in continuazione, sappiamo che i suoi denti venivano continuamente sostituiti ed erano disposti in maniera tale che la bocca ne poteva contenere centinaia.
Il becco invece veniva usato per tagliare e strappare via da terra la vegetazione, per poi condurla verso a delle guance carnose, dove veniva sminuzzata con precisione e attendeva il suo turno di venire ingerita. Sollevandosi sugli arti posteriori, l'animale poteva invece raggiungere la vegetazione che arrivava fino ai 4 metri, adattamento che poi ha permesso a questa specie di sviluppare come strategia di fuga la corsa. Nell'epoca in cui infatti il superpredatore era il ben noto T. rex, essere capaci di essere più veloci del grande Tiranno era una spinta evolutiva notevole.
L'utilizzo della cresta come camera di risonanza per produrre suoni a bassa frequenza è un dato ormai assodato. Gli scienziati sono anche intenti nel capire quale fosse il suono di tale organo, prendendo come confronto la cresta cranica del casuario. Si ritiene infatti che la "vocalizzazione" tramite cresta, che fungeva come una tromba o un imbuto, era usata principalmente come in questo uccello per avvisare gli altri membri di un gruppo del pericolo o per comunicare interesse di vario genere, da quello alimentare a quello sessuale. Dai ritrovamenti sappiamo d'altronde che che gli adrosauri avevano un udito eccellente, avendo trovato la staffa (l'osso usato per l'udito in combinazione con il timpano che dispongono i rettili) in una specie molto simile, il Corythosaurus.
L'udito non era però l'unico senso abbastanza sviluppato dal parasaurolofo. La cresta, come detto, aveva delle grandi proprietà sensoriali legate all'olfatto, essendo direttamente collegato alle narici ed essendo composto dal prolungamento della premascella e delle ossa nasali. Grandi invece erano anche le dimensioni delle orbite, che implica una vista acuta e abitudini diurne. Tutte queste informazioni ci permettono di descrivere un animale in perenne allerta, capace di segnalare l'arrivo di qualche predatore o l'avvicinarsi di qualche nuova risorsa con estrema precisione.
Specie e storia della scoperta
Come precedentemente detto, le specie finora riconosciute sono tre, seppur negli ultimi anni una specie asiatica – il Charonosaurus proveniente dalla Cina – sembra possedere le stesse caratteristiche per essere riconosciuto nella peggiore delle ipotesi il parente più prossimo del genere, mentre altri lo considerano una specie asiatica del genere.
Se questa teoria dovesse essere confermata, il Charonosaurus subirebbe un processo di neo classificazione, che lo porterebbe a cambiare genere e a divenire la prima specie scoperta al di fuori del continente nord americano.
La specie tipo P. walkeri fu scoperta nel 1920 ed è costituito da un teschio e uno scheletro parziale a cui manca la maggior parte della coda e delle zampe posteriori. Fu ritrovato da una spedizione dell'Università di Toronto lungo il fiume Red Deer in Alberta. Queste rocce sono oggi molto conosciute, come la Formazione Dinosaur Park.
Fu William Parks a denominare la specie Parasaurolophus walkeri in onore di Sir Byron Edmund Walker, consigliere della Royal Ontario Museum.
Paradossalmente, i ritrovamenti di Parasaurolophus sono molto rari in Alberta e per saperne di più della specie i paleontologi hanno dovuto scavare in diverse nazioni degli Stati Uniti d'America, dallo Utah al Montana fino al Nuovo Messico e oltre.
La seconda specie, P. tubicen è la più grande del genere. Visse al confine fra gli Stati Uniti e il Messico e per ora è nota per tre suoi esemplari, ritrovati nei pressi della zona della Formazione Kirtland. L'epiteto specifico proviene dal latino tǔbǐcěn e significa "trombettiere".
Nel 1961 John Ostrom descrisse invece – sempre in nuovo Nuovo Messico – la terza specie, P. cyrtocristatus. Questa specie presentava un cranio parziale con una cresta molto più arrotondata e corta rispetto a quelle delle altre due specie. Il suo nome specifico proviene anch'esso dal latino: "curtus" ossia "accorciato" e "cristatus" ovvero "crestato".
Secondo alcuni paleontologi, tra cui Jack Horner, il paleontologo a cui Michael Crichton si è ispirato per il suo Alan Grant di Jurassic Park, esiste invero la concreta possibilità che le tre specie di parasaurolofo siano in realtà appartenenti ad un unica specie, con P. cyrtocristatus che racchiuderebbe solo gli esemplari femmine, mentre le altre specie racchiuderebbero i maschi in diverse fasi della loro vita. Molti altri studi però stanno tentando di dimostrare il contrario e al momento c'è ancora un grande dibattito sulla questione.
Il parasaurolophus nella cultura di massa
Il Parasaurolophus è uno dei dinosauri erbivori più famosi al mondo. Compare in quasi tutte le collezioni di modellini, come contraltare agli altri erbivori preferiti dei bambini, ovvero i sauropodi e i triceratopi. Dirompente inoltre è stata la scena di apertura di "Il mondo perduto", secondo film della fortunata saga cinematografica di Jurassic Park. In questa scena un gruppo di bracconieri percorre l'intera valle di Isla Sorna pur di catturare le mandrie degli erbivori, fra cui spicca un gruppo di Parasaurolofo che lotta strenuamente per la loro sopravvivenza. Da notare inoltre come nel film, datato 1997, il famoso regista Spielberg avesse deciso di rappresentare l'animale sia in posizione bipede che quadrupede, rispettando così le scoperte anatomiche e fisiologiche che erano avvenute per la specie.
In verità, anche nel primissimo film della saga – datato 1993 – compare il parasaurolofo in branco insieme ad una famiglia di brachiosauri, ma visto la ridotta presenza degli animali nel film (circa cinque secondi) si tende a dimenticarlo. Nel terzo film invece compare insieme ad un branco di consimili coritosauri durante una fuga, per poi comparire nella saga di Jurassic World come cameo e all'inizio del sesto film, Jurassic World – Il dominio. Inoltre compare in tutti i giochi basati sulla famosa saga giurassica, come Jurassic World Evolution.
Riguardo i cartoni animali il parasaurolofo appare in due classici Disney, ovvero in Fantasia e Dinosauri., e ne "Il viaggio di Arlo" realizzato dalla Pixar.
La specie è presenta anche all'interno di diverse pellicole della serie di film Alla ricerca della Valle Incantata, mentre nella serie Primal un esemplare di sesso femminile è affetto da una malattia misteriosa simile alla rabbia, che trasmette gli infetti in una sorte di zombie.
Nei cartoni animati o nei giocattoli meno recenti, come Fantasia, la specie presentava una sorte di vela fra la cresta e la superficie del dorso, che lo rendeva particolarmente diverso rispetto agli altri erbivori. In verità qualche paleontologo della prima metà del Novecento aveva presupposto l'esistenza di questa vela, ma successivi ritrovamenti hanno completamente bocciato questa supposizione, ormai da considerarsi fantasiosa. La necessità d controllare la termoregolazione, come detto, poteva essere una delle necessità che ha spinto questi animali a maturare una cresta così lunga, ma la presenza della vela alla fin dei conti è sembrata una esagerazione per la stessa madre Natura.
Un'altra comparsa nel mondo dei videogiochi del parasaurolofo è presente infine nel videogioco esclusivo Playstation Death Stranding. Qui infatti la specie viene presa come esempio di tutte le creature che cadono vittima di una entità estintiva che – secondo la lore del gioco – ha il compito di equilibrare le forze e le energie dell'universo, che rischia di scomparire in fretta qualora la vita prendesse il sopravvento sulla materia inorganica.