In occasione del Trento Film Festival sabato 30 aprile è stato presentato in anteprima mondiale "Il mio vicino è un orso", un cortometraggio che racconta la relazione tra uomini ed orsi nella quotidianità di Villalago, un paesino di 500 abitanti, arroccato su una collina a pochi chilometri dal Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise.
Nell'estate del 2020, quando gli italiani tornavano ad uscire timidamente dalle proprie case dopo il primo lockdown, infatti, in questi luoghi immersi nella natura a pochi chilometri da Scanno, l'orsa Amarena iniziava ad attirare su di sé le attenzioni, aggirandosi silenziosa con i suoi quattro cuccioli nati da poco.
Al tempo delle riprese, nessuno poteva sapere che uno di loro sarebbe diventato presto famoso con il nome di Juan Carrito e che di lì a due anni, nella zona di Roccaraso sarebbe stato protagonista di una serie di episodi considerati potenzialmente pericolosi dagli esperti del Parco della Maiella.
Le immagini del documentario, presentato al Film Festival nella categoria Terre Alte, risalgono a quando Carrito aveva solo pochi mesi e portano gli spettatori in un incantevole scenario naturale tra i boschi e i campi intorno all'abitato, per poi entrare nel vivo della narrazione attraverso le parole dei suoi abitanti e soprattutto nella vita di Sabrina che si dedica quotidianamente a verificare la posizione degli orsi, sempre attenta a non disturbarli.
Il regista: «A Villalago ho trovato una curiosità genuina e rispetto»
«Quando sono arrivato a Villalago ho incontrato molte persone che parlavano di Amarena e dei suoi cuccioli con genuina curiosità e con il desiderio profondo di rispettare questa presenza – racconta a Kodami Mattia Cialoni, il regista – Ho riconosciuto un sentimento di orgoglio, fierezza e consapevolezza e ne sono stato immediatamente contagiato. Grazie a loro ho deciso che sarebbero state proprio queste le emozioni che avrei voluto raccontare».
E al termine del film di Cialoni, grazie alle gesta dei quattro cuccioli di Amarena, sul volto dei presenti in sala si disegnano molti sorrisi. Impossibile non farsi travolgere dalle emozioni guardando i giovani orsi, ancora goffi nei movimenti, mentre vengono accompagnati dalla madre tra le montagne e i frutteti del parco, mostrandogli come dovranno comportarsi per cavarsela negli anni a venire, quando si muoveranno senza di lei. Si alzano curiosi per capire cosa sta succedendo, poi giocano tra loro e si arrampicano sugli alberi senza mai allontanarsi troppo dalla mamma.
«La prima volta che ho incontrato un orso marsicano è stato dieci anni fa – racconta il regista – Stavo facendo un'escursione e mi sono trovato a tu per tu con una figura talmente maestosa da farmi piangere di gioia. In quel preciso momento ho vissuto una vera e propria epifania e ho deciso immediatamente che avrei creato un progetto su questa specie».
E così Mattia Cialoni si è iscritto alla Wildlife Filmmaking University di Bristol, la città inglese dove lavora anche come infermiere. Stava per concludere i suoi studi quando è arrivata la pandemia ed tornato ad occuparsi dell'ambito medico. Solo con l'arrivo dell'estate 2020, per preparare la sua tesi, ha deciso che era il momento di partire per l'Abruzzo e raccontare la vita del più grande carnivoro dei nostri boschi.
Cialoni sapeva bene che avrebbe dovuto faticare non poco per trovare le immagini sufficienti per girare un intero film, perché l'orso è un animale elusivo che evita il più possibile l'uomo. Ma proprio in quel periodo a Villalago stava cambiando qualcosa. «Mentre pensavo su come muovermi, Amarena ha iniziato ad avvicinarsi ai paesi attirando l'attenzione degli abitanti. Ho preso queste informazioni come un segnale e ho affittato immediatamente una casa in paese per l'estate – racconta il regista – Era in un luogo perfetto per il lavoro che avrei dovuto svolgere nei mesi a venire e infatti riuscivo spesso ad avvistare i cinque orsi dalla finestra».
Ed è proprio da questa esperienza emozionante ed atipica che il regista sceglie il titolo del suo film: «In quel periodo gli orsi erano realmente i miei vicini», commenta sorridendo.
Raccontare responsabilmente le storie degli animali
La narrativa del regista è leggera, piacevole e delicata. Cialoni si concentra molto sulla dolcezza del rapporto di Amarena con i cuccioli, con il chiaro obiettivo di appassionare gli spettatori all'incredibile evento che stava avvenendo quell'estate. Seppure involontariamente, il suo progetto si inserisce però in un contesto che in passato ha generato un acceso dibattito.
Da una parte c'è chi desidera fotografare a sua volta gli animali selvatici del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise da vicino e, dall'altra, chi invece è contrario a questa esposizione mediatica degli animali e sostiene che ogni genere di comunicazione su di loro rischi di abituare ulteriormente gli orsi al contatto con l'uomo, rendendoli ancora più confidenti.
«Sono totalmente d'accordo con chi sostiene che per raccontare gli animali selvatici in natura sia indispensabile prestare molta attenzione alle proprie azioni e alle scelte comunicative – afferma il regista – Ci sono persone, in effetti, che inseguono l'orso, come una sorta di stalking, per riuscire a pubblicare le proprie immagini sui social, guidate unicamente dal tentativo di appagare il proprio ego».
Secondo il regista, però, vi sono anche situazioni in cui le immagini e le documentazioni degli animali sono un arricchimento che può aumentare il rispetto e conoscenza: «Non si può commettere l'errore di paragonare i comportamenti scorretti e pericolosi degli irresponsabili al lavoro di chi studia, si documenta e cerca di comprendere la natura per poi dedicare mesi all'osservazione degli animali, svolgendo il proprio compito con cautela e con l'unico obiettivo di trasmettere un messaggio rispettoso di ritorno alla connessione con il mondo naturale».
"Il mio vicino è un orso" verrà proiettato nuovamente il 03/05/2022, sempre nell'ambito del Trento Film Festival.
Il programma degli eventi è consultabile sul sito del Festival.