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8 Giugno 2024
10:00

Il mio gatto sa se sto mentendo?

I gatti sanno mentire e possono capire se un altro gatto sta mentendo. Ma sono in grado di capire anche quando siamo noi a mentire, come fanno i cani?

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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I gatti sanno mentire e probabilmente sono in grado capire quando un altro gatto sta mentendo. Gli studi sulla cognizione sociale non hanno però ancora chiarito se i gatti sappiano quando siamo noi a mentire.

È possibile che i gatti usino le informazioni sociali solo in modo indiziario e che quindi, sia davanti ad una menzogna sia davanti alla verità, tendano comunque a generare decisioni autonome, basandosi più sugli indizi di natura emotiva che non puramente informativa.

Come fanno i gatti a capire se stiamo mentendo?

La genetica fornisce ai gatti una serie di meccanismi che li aiuta a trasmettere informazioni “ritoccate”. Si pensi, ad esempio, alla postura che ogni gatto sa assumere davanti ad un cane in avvicinamento: la schiena si inarca, il pelo si drizza, il peso è spostato sulle punte dei piedi, anche la coda di arrotonda e si gonfia. L’obiettivo di questa coreografia corporea è quella di apparire più grosso, più minaccioso, di convincere il rivale (anche a costo di esagerare le proprie proporzioni fisiche) a lasciare il campo libero.

È probabile, specularmente, che i gatti abbiano dei meccanismi molto ancestrali per comprendere quando un loro simile sta mentendo: questo spiegherebbe come mai, negli scontri tra gatti, non sempre apparire grossi e minacciosi convince l’altro ad allontanarsi.

La ricerca sulla cognizione sociale del gatto non ha ancora chiarito, invece, se il gatto sia in grado di riconoscere quando è il pet mate – o in generale una persona che conosce – a mentirgli.

Qualche suggerimento può essere fornito da uno studio che nel 2021 ha provato a rispondere ad una domanda un po' diversa: "Come reagiscono i gatti verso degli estranei che si siano dimostrati poco interessati a fornire aiuto al loro petmate? Accetteranno o no del cibo da queste persone?". I cani, sottoposti allo stesso esperimento, hanno dimostrato chiaramente una tendenza ad evitare gli estranei non collaborativi rispetto a quelli collaborativi, evidenziando un livello di accuratezza nell’interpretazione dell’interazione per nulla scontata.

I gatti, però, hanno reagito diversamente: non sono state registrate differenze particolarmente significative nelle reazioni avute verso i due tipi di estranei, il cibo veniva accettato da entrambe le tipologie di persone.

I ricercatori sono giunti alla conclusione – che può essere interessante per la nostra domanda sulla menzogna – che i gatti potrebbero non avere le stesse skills sociali del cane, potrebbero cioè avere una lettura meno fine delle interazioni sociali, non essendo stati selezionati, contrariamente al cane, per collaborare con l’uomo. Oppure, semplicemente, l’esperimento non era disegnato in maniera adeguata da far emergere questa abilità.

Come si comportano i gatti quando gli mentiamo

Estendendo le conclusioni di questo studio, possiamo ipotizzare che, anche se i gatti posseggono dei meccanismi di menzogna intraspecifici, non è detto che questi si siano estesi nel corso della domesticazione tanto da consentire di riconoscere le bugie espresse dall’uomo. D’altra parte, è anche possibile che i gatti – proprio perché non selezionati a collaborare e a coordinarsi operativamente con l’uomo – non abbiano la necessità di comprendere quando è l’uomo a mentire. I gatti, infatti, nel prendere decisioni o fare scelte strategiche, tendono a decidere in modo autonomo anziché affidarsi ad indicazioni altrui.

La ricerca ha messo in mostra come il pet mate possa essere fonte di informazioni di natura emotiva (il gatto, cioè, è in grado di cogliere la paura o la preoccupazione del petmate davanti ad uno stimolo nuovo) ma come poi usi queste informazioni sul piano operativo – soprattutto se ad esser coinvolto è un estraneo – è ancora da chiarire.

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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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