Il fattore di maggiore rilevanza nel problema del cane che tira al guinzaglio non sta tanto in quante volte esce ma se gli sia chiaro il suo posizionamento sociale (ruolo, rango, affiliazione) all’interno del gruppo. Ricordiamo che il cane che vive in appartamento dovrebbe uscire almeno tre volte al giorno. Se possibile il giro della mattina dovrebbe durare circa un’ora e mezzo, per un totale giornaliero di almeno due ore e mezzo. Ma nonostante questo il cane di famiglia, troppo spesso, si percepisce collocato in un’area grigia perché gode di una considerazione ambivalente. E’ oggetto di grandi attenzioni affettive e cure ma al contempo non viene reputato affidabile. Non gli viene riconosciuta la capacità di saper fare scelte adeguate nelle situazioni ambientali e sociali più complesse.
Il fattore calma, la differenza tra randagi e cani di famiglia
Osservando i cani randagi ben integrati al territorio, come alcuni cani di quartiere, noteremo come il fattore calma sia in loro una caratteristica comportamentale molto evidente. Eppure calcolando i loro spostamenti quotidiani osserviamo che i valori di percorrenza non sono particolarmente alti. Quando ci sono condizioni meteo avverse, per il troppo caldo o la pioggia battente, il quantitativo di moto giornaliero si limita addirittura a pochi centinaia di metri. Quale è allora il fattore che rende i randagi così più calmi dei pet? Perché tanti cani di famiglia che fanno lunghe passeggiate e tante esperienze sono però così agitati e tirano al guinzaglio?
La risposta sta nella libertà di movimento e non nel quantitativo di moto. Il randagio, al contrario del pet, gode sempre della possibilità di scegliere, non viene controllato dall’uomo e non subisce limitazioni di movimento attraverso il guinzaglio, le mura domestiche, la recinzione del giardino, la macchina ecc. La maggior parte dei cani soffre lo sbalzo emozionale che origina dalla dinamica dentro(es. casa)- fuori (es.passeggiata). Il cane di casa accetta volentieri i comfort ma paga come contropartita la limitazione della libertà di scelta. Il cane che tira al guinzaglio, seppur amato ed accudito in tutto e per tutto, spesso non viene lasciato libero, se non all’interno di spazi recintati. Molti trovano la soluzione portando il cane in aperta campagna dove però il suo muoversi ed allontanarsi non dovrà fare i conti con lo sforzo cognitivo che comporta l’elaborazione delle valutazioni di rischio ambientale di un ambiente più complesso come quello urbano. La fine di un marciapiede, un attraversamento pedonale, il mantenimento della distanza sociale con altri cani e le persone. Il cane che viene portato fuori esclusivamente al guinzaglio si esenta dal valutare le sue scelte perché tanto sa che se sbaglia verrà trattenuto o spostato fisicamente dal guinzaglio. Come un bambino che non toglie le rotelle alla bicicletta non scoprirà mai il senso dell’equilibrio.
La gestione del guinzaglio
La gestione del guinzaglio inoltre risponde perlopiù a due stili, permissivo o inibitorio. Il primo porterà il cane a tirare perché gli permette di imporre scelte e direzioni da prendere senza incontrare resistenza. Il secondo lo vedrà al contrario troppo contenuto attraverso un guinzaglio corto, strattonato quando aumenta troppo il passo. Il guinzaglio non deve essere utilizzato come un contenimento ma come una cintura di sicurezza. Io consiglio l’uso di un guinzaglio lungo, liscio senza ganci e leggero, in modo che possa scorrere tra le mani con facilità senza impigliarsi. Deve essere simile alle redini del cavallo che infatti sono fatte per garantire una gestione di grande sensibilità che veicola comunicazione. Deve agevolare l’esplorazione olfattiva ma non dovrà essere lasciato sempre disposizione della sua massima estensione. Il guinzaglio andrà accorciato ed allungato a seconda delle necessità. Gestito correttamente dovrà essere mantenuto sufficientemente sollevato da terra in modo che il cane non se lo ritrovi intrecciato tra le zampe camminando. Se ci accorgiamo che il cane vuole raggiungere un odore a qualche metro di distanza da lui concediamogliela, prima che la conquisti tirando. Lo tratterremo invece quando, nel percorrere un marciapiede, ad esempio ci accorgiamo che vuole annusare le buste della spesa di un passante. Lo accorceremo quanto basta quando mostrerà l’intenzione di saltare addosso per fare le feste a qualcuno che lo saluta o lo guarda con interesse.
Seguiamo una semplice regola di base: concediamo l’estensione del guinzaglio quando la strada é sgombra, tratteniamo e regoliamo la lunghezza, quanto necessario, per gestire il rispetto delle distanze sociali e contenere le sue invadenze verso gli altri. Il cane, soprattutto da cucciolo, va guidato nelle scelte attraverso un uso adeguato e corretto del guinzaglio, in modo che la passeggiata quotidiana risulti un momento piacevole, arricchito di automatismi collaborativi e di schemi di intesa con la persona che lo conduce. Un guinzaglio lungo, gestito bene, deve impedire l’andatura a zig zag o improvvisi cambi di direzione. Accorciare e allungare il guinzaglio dovrà essere associato inoltre alla comunicazione corretta del nostro corpo in termini di posture, prossemiche e modulazione della voce. Ad esempio nel trattenere e accorciare il guinzaglio a volte saremo chiamati ad interporci tra il cane e un target verso il quale dimostra di voler andare senza riflettere, rispondendo ad un impulso in modo reattivo. Questa mediazione va fatta a prescindere se il cane abbia o meno buone intenzioni.
Il cane non tirerà al guinzaglio se saremo capaci sin dall’inizio della relazione con lui di praticare uno stile di gestione basato sulla comunicazione e non sul controllo, sulla regolazione e modulazione di iniziative e comportamenti e non sulla loro inibizione. Ma anche se saremo in grado di concedergli la libertà, non solo in spazi recintati o ufficialmente destinati allo scopo. Non ho mai trovato corretta la frase: «Sono sempre cani, non si può mai sapere cosa fanno». Più gli daremo fiducia più lui si sentirà accolto, rispettato come individuo e allineato al nostro stile di vita. Non proverà quegli stati emozionali irrequieti e di frustrazione che sono la causa principale del tirare al guinzaglio.