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29 Settembre 2021
17:13

Il Master in Scienze Forensi Veterinarie: come diventare esperti del reato di “animalicidio”

Il professor Orlando Paciello dell'Università Federico II di Napoli ha inaugurato tre anni fa il primo Master di Secondo Livello in Scienze Veterinarie Forensi, un percorso che forma esperti in grado di supportare la magistratura nelle indagini sui reati contro gli animali e che ha come obiettivo anche contribuire a un'evoluzione nella concezione stessa dei diritti animali.

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È italiano il primo, e sinora unico, master per formare veterinari e biologi incaricati di supportare magistratura e polizia giudiziaria nelle indagini sui reati contro gli animali, dai maltrattamenti alle uccisioni passando per la minaccia agli ecosistemi e il prelievo e il commercio di specie protette.

Il percorso formativo in questione è il master di secondo livello in Scienze Veterinarie forensi, ed è condotto e coordinato dal professor Orlando Paciello dell’Università Federico II di Napoli: «Non esiste a oggi un percorso formativo specifico post laurea per medici veterinari forensi oltre a questo – conferma Paciello a Kodami – Ce n’è uno simile in Florida che forma tecnici forense che si occupano di animali, ma il nostro è estremamente specialistico e innovativo».

Innovativo in primis perché punta a una rivoluzione, anzi, a un’evoluzione, anche culturale: l’obiettivo non è soltanto quello di fornire ai veterinari le competenze necessarie a indagare su casi di animalicidio, ma anche a comunicare l’importanza di cambiare la concezione stessa che si ha degli animali. Iniziando anche dalle parole, primo esempio tra tutti l’utilizzo di un termine come appunto “animalicidio”.

Animalicidio e cadavere: quando le parole sono importanti

«Le parole sono importanti – conferma Paciello, professore di Patologia generale e Anatomia patologica veterinaria  – e noi partiamo anche da quelle, usando i termini corretti. L’uccisione di un animale è un animalicidio, il corpo su cui si effettuano le autopsie è un cadavere, non una carcassa. È nostro compito, come esperti, anche sensibilizzare sull’importanza di questi aspetti, che contribuiscono al cambio culturale cui stiamo lavorando». La nascita di un master specialistico per formare veterinari e biologi forensi che lavorino sui reati contro gli animali è già un grande, importante passo verso un sistema giuridico in cui i diritti dell’animale valgono quanto quelli degli uomini, e i reati a loro danno vanno perseguiti con lo stesso impegno e la stessa professionalità che si impiega per le indagini “canoniche”.

Il master è arrivato quest’anno alla terza edizione e le richieste di iscrizione sono aumentate a tal punto da richiedere una lunga lista d’attesa: «Riceviamo molte richieste da studenti di giurisprudenza, ma attualmente accettiamo soltanto chi ha una formazione specifica in biologia o veterinaria – racconta Paciello – L’obiettivo è formare un professionista che possa supportare la polizia giudiziaria e l’autorità competente, magistrature e tribunali, nel perseguire i reati a danno degli animali. Parliamo non solo di maltrattamento animale e uccisione illegale, ma anche reati ai danni delle biodiversità, il prelievo in natura di specie protette, la violazione di norme comunicatore come la Cites, la convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione».

Che cosa fa il veterinario forense

In quest’ultimo caso l’intervento degli esperti del master è decisivo per identificare correttamente le specie e perseguire in modo adeguato i responsabili: «Una figura come il veterinario forense è un professionista che nell’ambito delle scienze veterinarie si sa interfacciare con questioni legali che arriveranno in tribunale e in procura – conferma ancora Paciello – ed è un percorso formativo che prima di tutto punta a formare la mente di questi professionisti. Il medico veterinario durante gli studi è orientato a concentrarsi su cura, benessere e prevenzione delle malattie, mentre l’aspetto giuridico non è trattato. Gli argomenti legati al diritto vengono invece affrontati nel master, partendo dalle basi: è sbagliato immaginare di prendere le competenze di una professione e metterle al servizio della magistratura senza una formazione adeguata. Cambia linguaggio e cambia l’obiettivo della risposta che bisogna dare».

Da un magistrato o da un officiale di polizia giudiziaria, infatti, la richiesta non è solo quella di definire la causa di una malattia, di una ferita o della morte, ma anche di interpretare cosa sia accaduto, in che modo è accaduto e chi potrebbe essere il responsabile: «Per formare la mente di chi vuole seguire questo percorso bisogna conoscere il linguaggio adeguato e i riti che sottendono a un procedimento – prosegue Paciello – Per ora ci stiamo focalizzando sulle azioni penali, nel tempo allargheremo un po’ le competenze anche al civile. Spesso interveniamo come ausiliari di polizia giudiziaria per l'identificazione di specie nell'ambito della Cites, e la cosa interessante è che sino a poco tempo fa quando si contestava un reato inerente la Cites si puniva esclusivamente la violazione della norma internazionale, mentre oggi si contesta anche il reato di maltrattamento, perché tramite il prelievo in natura di una specie protetta si causano danni all’animale. Negli ultimi anni sono stati diversi i procedimenti che ci hanno visto coinvolti come esperti legati a questo tipo di casi, e l’apporto di un esperto è importante in primis per questioni legate alla specie».

Lo stage intensivo nel Parco della Maiella

Proprio per approfondire le competenze, recentemente un gruppo di 30 professionisti iscritti al master ha partecipato a uno stage intensivo nel Parco Nazionale della Maiella, giornate finalizzate a conoscere più a fondo le problematiche di gestione relative alla tutela di lupi, orsi, cervi e camosci e a toccare con mano le esperienze maturate in questo campo dallo staff del Parco e del Wildlife Research Center.

Il parco è una delle aree protette che in Italia ha maggiormente contribuito all'applicazione dell’investigazione forense al mondo animale, sia per aver messo a sistema una serie di dati provenienti dalle attività di monitoraggio faunistico sia per avere ideato e sperimentato un nuovo modello operativo in occasione del Life Wolfnet, che si concentra soprattutto sui lupi tramite monitoraggio radiotelemetrico e attività diagnostiche e investigative, in particolare per i casi di bracconaggio. Veterinari e biologi hanno messo a disposizione degli esperti del parco le loro competenze, attingendo dalle loro, per indagare sulle cause della morte degli animali selvatici del comprensorio, tra cui anche appunto i lupi, e anche per studiare il loro comportamento in natura e ricavare dati utili alla preservazione delle specie.

Verso un'evoluzione culturale

L’inizio di una trasformazione culturale? Eppure nel codice civile l’animale è ancora considerato una “res”, una cosa di proprietà, e il codice penale punisce i "delitti contro il sentimento per gli animali". Il reato si configura, insomma, non per l'azione in sé, ma per ciò che l'azione provoca nell'uomo, invece di focalizzarsi : «Oggi il codice penale non persegue più solo il reato del sentimento degli uomini, ma all’articolo 544 punisce l’atto di fare del male all’animale – specifica Paciello – Con l’evoluzione e l’applicazione di questo articolo si è arrivati oggi a punire l’atto compiuto, non solo il danno causato all’uomo per la perdita dell’animale, ed è un’evoluzione importante».

Al Senato è inoltre in fase di discussione e di conseguente approvazione una proposta di legge «che potrebbe rivoluzionare ulteriormente il modo in cui si pensa ai diritti animali – conferma il professor Paciello – ed è l’introduzione nella nostra carta costituzionale della tutela degli animali. Oggi la carta costituzionale prevede la tutela della natura nel suo insieme, ma ci sono ben due articoli sui quali si sta discutendo in cui verrà introdotta la tutela degli animali. La conseguenza sarà anche che a cascata tutte le norme che riguardano questi aspetti subiranno modifiche importanti. È un processo giudiziario, ma anche culturale, indispensabile per far cambiare la percezione e la relazione con gli animali, e lo si fa cambiando atteggiamento, modi di fare e parole».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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