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7 Dicembre 2021
16:00

«Il mare è nostro»: così la mafia del Gargano mette le mani sulla costa

Non solo droga e assalto ai portavalori, la mafia del Gargano mette le sue mani anche nelle attività agroalimentari del territorio garganico, come pastorizia e soprattutto commercio ittico. Una gestione spregiudicata delle risorse del territorio che mette a rischio non solo le attività antropiche ma anche le specie marine.

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«Il mare è nostro», così la criminalità organizzata descrive il suo monopolio sul mare e sulle risorse all'ombra della Costa del Gargano, in Puglia. È quello che emerge da una delle intercettazioni più rappresentative dell'indagine "Omnia nostra", condotta dai carabinieri del Ros di Foggia che oggi ha portato all'arresto di 32 persone per vari reati, tutti connessi all'associazione mafiosa, e al sequestro di quasi 7 milioni di euro.

Il controllo criminale sul mare, sulle specie che lo abitano e sulla filiera produttiva è attuato dal sodalizio criminale attraverso ciò che gli inquirenti definiscono, senza mezzi termini, una «supremazia tracotante». Gli indagati sono infatti ritenuti vicini a una delle famiglie egemoni dell'area garganica, i Romito di Manfredonia. Ed è proprio qui, a Manfredonia, che il clan aveva monopolizzato il commercio ittico. Una gestione spregiudicata che dalla tradizionale infiltrazione nella pastorizia era discesa fino al mare.

«Ti prendo e ti spacco la faccia»: queste le minacce quotidiane rivolte ai pescatori per spingerli a seguire gli ordini. La posizione di controllo degli indagati era infatti ottenuta smantellando la concorrenza soprattutto grazie alla forza dell'intimidazione. Gli indagati avrebbero agito «protetti da una diffusa sensazione di impunità oltre che da una generalizzata condizione di assoluto assoggettamento ed omertà» sui commercianti del posto.

Una modalità d'azione estremamente efficace, come confermano le intercettazioni telefoniche e ad ambientali degli indagati: «Qua la gente non esce il pentito, perché è tutta una famiglia», e ancora: «Senti a me… Andate a mettere le reti e il mare è vostro! Se poi parla qualcuno vengo un'altra volta io e gli meno nel muso, a posto? Io ho detto che da là deve sparire. Il mare suo è il mare suo, il mare vostro è il mare vostro! Là è di quelli e devono stare quelli, e basta! Il mare è nostro».

Una lottizzazione in piena regola tra i vari gruppi tradizionalmente egemoni sul Gargano. La prevaricazione illegale veniva poi messa in atto nel commercio legale grazie a due imprese, la Primo Pesca Srl e la Marittica Soc. Coop., riconducibili entrambe a cosiddetti "uomini di paglia", intestatari fittizi messi dalle associazioni criminali a capo delle imprese. Uno stratagemma molto comune in ambito criminale attuato allo scopo di distogliere il più possibile l'attenzione degli inquirenti dai legami tra mafia e impresa. I fantocci a capo delle società del Gargano hanno però preso definitivamente fuoco oggi con l'operazione del Ros.

I pescatori erano costretti a consegnare il pescato esclusivamente alla Marittica, sotto lo stretto controllo di "guardiani" che presidiavano la banchina del porto di Manfredonia. Anche i venditori al dettaglio  erano a loro volta obbligati ad acquistare i prodotti dalla Marittica a prezzi non concorrenziali, tra cui cassette di polistirolo, ghiaccio e pescato di vario genere. Secondo gli inquirenti erano all'ordine del giorno anche azioni ritorsive attuato allo scopo di far desistere chiunque a sfruttare parte dello spazio demaniale nelle mani dell'organizzazione criminale. Da qui l'emblematica frase, pronunciata da uno degli indagati: «Il mare è nostro».

La mafia locale tra mare e pastorizia

Non solo droga e assalto ai portavalori, la mafia prende una parte significativa delle proprie risorse anche dallo sfruttamento del commercio ittico e della pastorizia. Al centro dell'indagine in cui sono coinvolte 32 persone indagate a vario titolo per reati che vanno dall'associazione mafiosa all'omicidio, c'è Pietro La Torre, autore della frase intercettata che descrive l'infiltrazione del suo gruppo criminale nel comparto della pesca. Sarebbe proprio La Torre, secondo gli indizi degli investigatori, a rivestire il ruolo di organizzatore della filiera ittica criminale.

L'uomo, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, avrebbe agito allo scopo di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa dei Romito operante nel comprensorio garganico di Manfredonia, Mattinata, Monte Sant’Angelo e Vieste.

È su questo territorio che vive e prospera la Società Foggiana, il cartello criminale che, all'ombra di articolazioni più note come la Camorra, prospera da decenni nella zona del Gargano, proprio a ridosso di uno dei parchi naturali più belli della penisola.

Nel corso delle indagini è emerso anche il controllo di alcuni ambiti del comparto agro-pastorale del Gargano, dove storicamente la Società Foggiana è maggiormente attiva. L’infiltrazione in quest’ultimo settore, secondo le investigazioni convalidate dall'ordinanza cautelare, è stata realizzata attraverso imprese agricole costituite ad hoc per ottenere i fondi messi a disposizione dell'Unione Europea. Ma anche attraverso l’occupazione di terreni e immobili di Mattinata, in provincia di Foggia, che alcuni membri del sodalizio criminale hanno ottenuto «facendo leva sull’esasperato clima di terrore» imposto ai legittimi proprietari. Da questa imposizione è derivato un indiscriminato sfruttamento del territorio a vantaggio delle attività di allevamento delle da parte delle imprese illecite.

Droga e armi a ridosso del Gargano

L'operazione del Ros, condotta con il supporto dei Comandi Provinciali dei Carabinieri e dello Squadrone Carabinieri Eliportato Cacciatori “Puglia”, secondo il vicepresidente della regione Puglia, Raffaele Piemontese, ha contribuito significativamente a ripulire il Gargano: «è una forte iniezione di fiducia per il presente e il futuro che meritano le nostre comunità».

Secondo l’impostazione accusatoria accolta dal gip, l’organizzazione ha agito sistematicamente grazie ad una «fama criminale acquisita per avere rivestito nel tempo un ruolo di primo piano nel percorso evolutivo della mafia garganica». È così che i componenti dell’associazione mafiosa hanno «consolidato la capacità di controllo egemonico del territorio, sviluppando e strutturando ulteriori legami con esponenti del territorio».

La rilevanza strategica della città di Vieste nell’ambito del narcotraffico, l'ha resa un obbiettivo primario del gruppo criminale che non ha risparmiato lo sfruttamento delle risorse naturali del territorio. La lotta per la "capitale del Gargano" è sfociata nel corso degli ultimi 5 anni in una feroce contrapposizione armata, con la consumazione secondo gli indizi raccolti dagli inquirenti – di oltre 20 fatti di sangue.

La mafia che qui si è stanziata, prendendosi buona parte delle attività legali in affiancamento ai consueti traffici illeciti, ha compiuto così un vero e proprio «salto di qualità» che associa ad un modello di «mafia militare» una «mafia degli affari», ancora più insidiosa perché capace di infiltrarsi pesantemente nel comparto agroalimentare e nelle risorse naturali del territorio. A scapito degli esseri umani che qui vivono e lavorano, e degli animali, una volta in più vittime senza voce della mano criminale della mafia.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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