Per decenni sono stati perseguitati, cacciati e avvelenati, tanto da spingerli all'estinzione ad inizio anni 60 su tutto il territorio dell'isola. Dopo però anni di sacrifici e diversi progetti di reintroduzione di successo, i grifoni (Gyps fulvus) sono tornati e la Sicilia e di nuovo la loro casa. Sono sempre più numerosi gli esemplari che è possibile avvistare nella dorsale montuosa settentrionale, importante meta turistica per territori che non rientrano spesso all'interno dei percorsi canonici dei tour operator.
Secondo infatti gli ultimi dati ufficiali, oggi la Sicilia conta 315 grifoni ed è la terza regione con il più alto numero di esemplari, dopo l'Abruzzo e il Friuli Venezia Giulia. La maggior parte degli avvoltoi (ovvero 300 esemplari) si trova sui Nebrodi, presso le Rocche del Crasto di Alcara li Fusi, con la popolazione delle Madonie che è invece costituita solo da esemplari giovani. «Altri 16 esemplari sono però giunti dalla Spagna qualche settimana fa – hanno dichiarato gli amministratori dell'Ente parco delle Madonie – e fanno parte di un progetto che li lascerà ambientare all'interno delle voliere, in attesa di essere poi liberati tra circa 6 mesi». Dunque, entro l'anno il numero di grifoni sulle Madonie salirà a circa 31 individui.
Il ritorno di questi avvoltoi nei cieli di Nebrodi e Madonie è stato comunque un ottimo risultato non solo per la conservazione dei grifoni, ma anche per la biodiversità della regione, affermano i biologi. Anche perché hanno cominciato a istituire le loro colonie e ad assolvere il loro essenziale compito di spazzini naturali, che nessun'altra specie selvatica sembrava riuscire a svolgere allo stesso modo nei diversi ecosistemi dell'isola, quasi del tutto priva di grandi predatori, al di fuori delle volpi e dei rapaci.
Proprio per discutere lo stato dei lavori dei diversi progetti di conservazione in corso, negli scorsi giorni si è perciò tenuto un convegno presso l'Istituto Zooprofilattico Antonio Mirri di Palermo. Evento che ha visto l'intervento di diverse personalità importanti dell'ornitologia siciliana e nazionale e che ha posto gli obiettivi per i futuri interventi. «Il nostro intento – ha affermato il commissario straordinario dello Zooprofilattico Salvatore Seminara – sarà quello di ripopolare le montagne del versante settentrionale con molte altre specie. Non ci bastano solo i grifoni. Ed è per questo se stiamo coinvolgendo diversi esperti del settore, che hanno già avuto esperienza con la riproduzione in cattività e la reintroduzione di specie selvatiche localmente estinte».
Tra le specie indicate dagli studiosi come possibili future protagoniste dei progetti di conservazione da attuare in Sicilia ci sono il capovaccaio (Neophron percnopterus), il gipeto (Gypaetus barbatus), ma anche il lanario (Falco biarmicus), che sono tutti in difficoltà e la cui reintroduzione/ripopolamento necessiterebbe della stessa tipologia di progetto che è stata garantita in questi anni ai grifoni. Fortunatamente, riguardo alla istituzione dei carnai (luoghi in cui si abbandonano temporaneamente delle carcasse provenienti dai mattatoi per nutrire gli uccelli necrofagi) la Sicilia risulta essere avvantaggiata rispetto al passato, poiché oggi ne presenta diversi. Per esempio, sulle Madonie al momento ce ne sono due attivi – uno ad Isnello, mentre il secondo si trova a Piano Farina, a Petralia Sottana – ma anche nella zona dei monti Sicani è possibile costruirne di nuovi.
«Ovviamente la funzione di questi carnai – ha affermato il naturalista Antonio Spinnato, che era presente durante il convegno – non può essere più solo quella di far insediare i grifoni, ma quella di contribuire attivamente all'insediamento delle altre specie di rapaci necrofagi che potrebbero essere presenti in Sicilia». In generale, gli ornitologi siciliani comunque confermano che attualmente i carnai sono frequentati anche da altre specie di rapaci, come le aquile reali o l'aquila del Bonelli, e che potrebbero essere preziosi anche per i nibbi reali. «Alla condizione ovviamente che non risultino sulla carta l'unica strategia utile per mantenere questi animali sul territorio – chiariscono dal convegno – Altrimenti recano più danno che altro».
Al convegno sugli avvoltoi europei sono intervenuti anche alcune personalità accademiche, come il docente universitario Bruno Massa, esperto dell’avifauna siciliana, o Camillo Sandri, che lavora come capo dipartimento veterinario nel Parco Natura Viva di Bussolengo. Anche loro auspicano che questi e altri animali possano ritornare a popolare le montagne e i boschi dell'isola, ma ritengono anche che sia importante la lotta contro le minacce distribuite nel territorio che già rappresentano un pericolo per queste specie.
Le principali sono i bocconi avvelenati, l'impatto contro le linee elettriche e le pale degli impianti eolici, ma anche il bracconaggio è un pericolo, anche indirettamente. I proiettili a pallini utilizzati da alcuni bracconieri possono infatti essere ingeriti dagli animali, qualora riescono a cibarsi di animali abbattuti da cacciatori. Questi pallini ovviamente possono provocare danni interni, ma anche causare avvelenamento da piombo, il saturnismo. Per questo gli ornitologi e gli esperti riuniti all'Istituto Mirri hanno ribadito l'importanza della vigilanza e della lotta contro questi fenomeni, non presenti solo in Sicilia, ma anche nel resto del Mediterraneo e nel mondo.