Multe fino a 60 mila euro per fermare la produzione e la commercializzazione di carne sintetica. È il contenuto del Disegno di Legge approvato in Consiglio dei Ministri sul divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici.
La legge mira a colpire la carne sintetica, così chiamata perché frutto di un processo di coltivazione cellulare in laboratorio a partire da cellule animali staminali. Nella bozza viene sancito il divieto di impiegare prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati. In caso di violazione, il prodotto sarà confiscato e l'operatore è soggetto a una multa che va da 10 mila fino ad un massimo pari al 10% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente all’accertamento della violazione.
Tutelare il benessere, ma di chi?
Le carni sintetiche sono già al vaglio di numerosi paesi extraeuropei come alternative ai prodotti d'allevamento e in qualche caso sono già realtà. Negli Usa, ad esempio, la Food and Drug Administration lo scorso novembre ha dato il via libera al commercio di un prodotto a base di pollo sintetico. Si tratta di un segmento in espansione: il mercato mondiale di carne sintetica ha già registrato investimenti pari a 1,3 miliardi di dollari, come emerso nel report realizzato dall'istituto Nomisma per Cia-Agricoltori Italiani.
Tuttavia, secondo il Governo italiano lo status della ricerca e della sperimentazione degli alimenti artificiali «sembra essere a una fase embrionale, tale per cui non si è nelle condizioni, scientifiche soprattutto, di poter escludere che tali alimenti prodotti artificialmente, non abbiano delle conseguenze negative per la salute degli esseri umani».
Una ratio ribadita anche dal ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, intervenuto in conferenza stampa a Palazzo Chigi dopo l'approvazione del ddl: «Come Governo abbiamo affrontato il tema della qualità che i prodotti da laboratorio non garantiscono. Abbiamo voluto tutelare la nostra cultura e la nostra tradizione, anche enogastronomica. Se si dovesse imporre sui mercati la produzione di cibi sintetici, ci sarebbe maggiore disoccupazione, più rischi per la biodiversità e prodotti che, a nostro avviso, non garantirebbero benessere. Non c'è un atteggiamento persecutorio ma di forte volontà di tutela».
«L’Italia è la prima Nazione libera dal rischio di avere cibi sintetici», ha sottolineato oggi il titolare del dicastero della Sovranità alimentare. Il Paese si blinda così dopo le aperture mostrate dalla portavoce della Commissione Ue, Stefan De Keersmaecker, che aveva parlato di un possibile via libera in Ue al cibo prodotto in laboratorio a patto che rispetti gli standard nutrizionali.
Ma del benessere di chi si tiene conto, in sede tanto italiana quanto europea, quando si parla di carne sintetica? Anche se la legge approvata ieri vieta i mangimi sintetici destinati al consumo animale, è chiaro che il soggetto tutelato sia sempre e solo l'essere umano. Tutti gli studi condotti sui processi di produzione della carne sintetica hanno rivelato che i primi a beneficiarne sarebbero proprio gli animali, essendo la coltivazione delle cellule in laboratorio un'alternativa all'allevamento.
La tecnologia usata per produrre la carne sintetica è quella dell'agricoltura cellulare. Come lascia intendere il nome, in questo processo le cellule estratte dal tessuto muscolare di un animale vivo vengono coltivate in vitro fino a fare crescere il muscolo animale, il prodotto che poi si immette sul mercato. Si tratta di una tecnologia che la ricercatrice Carolyn Mattick, dell'University of West Florida, ha definito «rivoluzionaria» proprio perché potenzialmente in grado di «migliorare il benessere degli animali, migliorare la salute umana e ridurre l'impronta ambientale della produzione di carne».
Dello stesso parere sono anche le maggiori associazioni di tutela animale come l'Oipa: «Dal punto di vista del benessere animale, la carne coltivata è un’alternativa etica alla produzione di carne, che comporta mesi o anni di sofferenze in allevamento e che si conclude con l’uccisione degli animali – ha commentato il presidente dell’associazione Massimo Comparotto – Anche se la produzione di carne coltivata richiede l’utilizzo di cellule animali, può rappresentare un’alternativa cruelty free alla produzione di carne che può andare incontro a chi ancora non ha abbracciato la scelta vegetariana o vegana, che noi comunque auspichiamo».
La carne coltivata, non prescinde totalmente dallo sfruttamento degli animali, e ancora non sono chiari i termini esatti in cui gli animali verranno impiegati nella produzione. Tuttavia, per gli animalisti, la discussione sulla sostenibilità etica deve partire necessariamente dall'innovazione tecnologica. «Una crociata ideologica, antiscientifica, contro un progresso che invece può mettere insieme necessità umane e rispetto per gli animali – ha rilevato il presidente della Lav, Gianluca Felicetti – Rappresenta a tutti gli effetti una concreta alternativa agli allevamenti intensivi e alla macellazione, poiché per essere prodotta non richiede la sofferenza e la morte di nessun animale. Quella di Lollobrigida è una crociata peraltro inutile perché la disposizione di autorizzarne o meno il consumo spetta, per decisione condivisa dall'Italia, non al nostro Parlamento ma all'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare prima, con sede a Parma, e poi alla Commissione di Bruxelles».
Critiche al ddl sono arrivate anche da Europa Verde e da +Europa, entrambi sostenitori di numerose iniziative a favore degli animali, compreso il referendum contro la caccia per il quale a breve partirà la raccolta firme. «Invece di salutare una nuova potenziale opportunità di sviluppo, che magari potrebbe far nascere nuove imprese e nuovi posti di lavoro, il governo si affretta a vietarla preventivamente, immaginando rischi per la salute che nessuno ha mai dimostrato – ha dichiarato Giordano Masini della direzione di +Europa – Il risultato sarà che alla fine gli alimenti ottenuti mettendo in coltura cellule in laboratorio arriveranno comunque, dato che a valutare i rischi per la salute dei prodotti alimentari è l’EFSA e non il governo italiano, e ad ammetterli nel mercato comune è l’Unione Europea, ma a beneficiarne saranno i produttori di altri paesi che nel frattempo potranno fare ricerca, sviluppare linee di produzione e sbocchi di mercato».
Le sfide della carne sintetica
La coltivazione di carne può quindi rappresentare una valida alternativa all'allevamento, tuttavia le sfide che apre questa nuova tecnologia sono moltissime, e ancora inesplorate. Dal punto di vista tecnico, infatti, sostituire i sistemi biologici con quelli chimici e meccanici ha il potenziale per ridurre le emissioni di gas serra, ma farlo non è automatico.
Gli allevamenti intensivi sono tra le principali cause della perdita di biodiversità e di inquinamento. Secondo le stime della FAO, gli allevamenti intensivi che generano il 14,5% delle emissioni totali di gas serra. Anche guardando ai dati raccolti in Italia nel report di Eleonora Di Cristofaro dell'Ispra sulle emissioni da agricoltura e allevamento emerge che il settore allevamenti peso sulle emissioni di gas serra per il 79% del totale.
Spostandoci su altri inquinanti dannosi per l'essere umano e l'ecosistema, come l'ammoniaca e il particolato, i dati diventano anche più allarmanti. In questo contesto, se monitorata e gestita in modo appropriato, l'agricoltura cellulare potrebbe mitigare molti problemi ambientali connessi al cambiamento climatico. Ma questo accadrà solo se cambierà il modo in cui la nostra specie consuma le risorse a sua disposizione.
Continuando a sfruttare l'ecosistema come stiamo facendo, rischiamo di non avere più un Pianeta da proteggere, e in questo caso anche l'idea di tutelare di benessere dell'essere umano perde ogni significato.
Un rilievo che era già emerso nel 2019 nello studio condotto dai ricercatori dell'University di Oxford, John Michael Lynch e Raymond Pierrehumbert, che hanno valutato gli effetti ambientali del passaggio dall'allevamento alla carne sintetica, rilevando che «gli impatti climatici della produzione di carne coltivata dipenderanno dal livello di generazione di energia decarbonizzata che può essere raggiunto e dalle specifiche impronte ambientali della produzione […] Sulla base dei dati attualmente disponibili, la produzione di carne coltivata non ne autorizza il consumo sfrenato».