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2 Dicembre 2021
15:55

Il gipeto Eglazine ed il suo viaggio sui cieli d’Europa

L'animale ha concluso un "tour" europeo che lo ha visto superare tutti i record finora registrati: mai nessun gipeto si era allontanato così tanto e per così tanto tempo da casa. Inoltre è la prima segnalazione di questo animale in molte nazioni nordeuropee.

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Nuovo record per l'Italia in questo fantastico anno solare. Dopo la vittoria agli europei, all'Eurovision ed il ricco medagliere olimpico siamo di nuovo sul podio. A portarci in alto però questa volta è la gipeta italiana Eglazine che, rilasciata nel Sud della Francia lo scorso anno, ha completato una lunga perlustrazione durata sei mesi sui cieli del Nord Europa. Mai nessun gipeto monitorizzato tramite GPS aveva vagato così tanto e per così tanto tempo. Un viaggio di oltre quattromila chilometri che ha toccato diversi paesi europei: Francia, Germania, Olanda. Anche la scelta di sorvolare il nord Europa è stata singolare: è la prima segnalazione in questi paesi.

La gipeta è nata nel parco Natura Viva di Ottolengo ed è stata allevata a mano per i primi mesi di vita. Una volta cresciuta è stata portata nel sud della Francia per essere rilasciata in natura a giugno 2020, nell'ambito del progetto LIFE GypConnect.

Il progetto LIFE GypConnect

Lo scopo del progetto europeo è di permettere a questo animale di tornare ad abitare le vette centro-meridionali del continente, tra Pirenei ed Alpi, ed è portato avanti dalla Vulture Conservation Foundation con il supporto di diversi bioparchi e centri di recupero europei. Progetti simili sono attualmente in corso anche per le altre tre specie di avvoltoi europei.

Il nostro Paese è in prima linea grazie agli sforzi del Parco Natura Viva e di Camillo Sandri, medico veterinario e curatore generale del Parco, che nei mesi successivi al primo lockdown ha accompagnato Eglazine in Francia per il suo rilascio in natura.

«Eglazine è il secondo gipeto allevato e liberato dal parco nell'ambito dei progetti di reintroduzione europei di specie minacciate (EEP). Liberare un individuo nato in ambiente controllato può sembrare semplice ma è in realtà un'operazione molto complicata – spiega a Kodami il veterinario – soprattutto considerando che lo si fa in zone in cui la specie è minacciata o scomparsa. Richiede tanto lavoro e tanta preparazione: l'abbiamo visto anche con il rilascio di bisonti in Romania e Slovacchia. Deve essere poi la popolazione locale ad aiutare esperti e ricercatori. Anche il fatto di parlare di questi animali dando indicazioni su cosa possiamo fare nel nostro piccolo è fondamentale. Comunque i risultati si vedono, perché il numero di questi animali sta fortunatamente aumentando».

Il dottor Sandri ricorda poi la precedente esperienza di liberazione di Stelvio, fratello minore di Eglazine, e delle difficoltà di riproduzione dei genitori: «Eglazine e Stelvio hanno due storie particolari: la coppia di genitori è arrivata nel 2006, provenienti da due allevamenti diversi del network europeo. La maturità sessuale è raggiunta tra gli otto e i dieci anni, infatti fino al 2015 non hanno raggiunto un grande interesse reciproco. Abbiamo poi deciso di eseguire delle modifiche nella voliera ed è finalmente scattato l'amore!».

Quello di Eglazine dopo la sua liberazione è stato un lungo viaggio, fatto di soste brevi ad eccezione di due tappe più lunghe: nella Lamelerberg Nature Reserve in Olanda per una decina di giorni e successivamente nel Parco Nazionale de Hoge Veluwe in cui la presenza di grossi predatori come i lupi ha favorito la sua alimentazione, per il 90% costituita da carcasse di ungulati domestici e selvatici di cui consuma preferibilmente midollo ed ossa. Il 6 ottobre è iniziato invece il viaggio di ritorno, terminato infine il 4 novembre nei cieli del sud della Francia, dove era stata rilasciata un anno e mezzo prima. Sarà qui che, non appena raggiungerà la maturità sessuale, tornerà a riprodursi. «Ora Eglazine è in una fase stanziale. Effettua piccoli spostamenti ma rimane relativamente nei pressi della zona di rilascio».

Il gipeto, l'avvoltoio barbuto

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Il gipeto o avvoltoio barbuto (Gypaetus barbutus) è uno delle quattro specie di avvoltoio presenti storicamente nel nostro Paese, e tra di essi è il più grande in termini di dimensioni superando il metro di lunghezza e quasi tre metri di apertura alare. Come suggerisce il suo nome (dal greco gyps = avvoltoio e aetos = aquila), questo animale sembra da un punto di vista morfologico e comportamentale a metà strada tra un'aquila e un avvoltoio: corpo snello, collo folto ed ali strette da aquila, ma becco ed artigli non più utilizzabili per la predazione ed adattati invece per una dieta necrofaga come un avvoltoio.

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Molto caratteristiche alcune abitudini alimentari: il gipeto riesce a consumare perfino ossa e midollo delle carcasse di cui si nutre, lasciandole cadere sulle rupi montane dopo averle strette tra gli artigli in volo e spaccandole grazie alla forza di gravità. È una specie monogama e dal lungo ciclo riproduttivo, senza grandi differenze morfologiche tra maschio e femmina. Ogni coppia prepara in autunno il nido scegliendo anfratti su pareti rocciose a picco ed "arredandolo" con lana e rametti secchi. La deposizione delle due uova avverrà ad inizio anno. Frequente è il fenomeno detto "cainismo" in cui il primo nascituro domina sul secondogenito appropriandosi di tutte le risorse alimentari garantite dai genitori (apparentemente anche dopo essersi saziato), spesso portandolo alla morte.

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Areale storico del gipeto. In verde e blu le aree dov’è attualmente presente con popolazioni primarie; in rosso le aree in cui si è estinto ed in giallo le zone di reintroduzione.

Anticamente presente in molte zone montuose dell'Europa meridionale, è uno dei rapaci più rari del continente, sebbene non sia considerato globalmente in pericolo di estinzione. La specie era stata dichiarata estinta sull'arco alpino all'inizio del XX secolo, dopo l'abbattimento dell'ultimo esemplare nel 1913 in Val di Rhêmes. Il destino del gipeto in Europa sembrava in quegli anni segnato: ne rimanevano pochissimi individui sparsi tra Pirenei e le isole di Creta e Corsica. Fortunatamente, grazie ai programmi di reintroduzione degli ultimi cinquant'anni sono stati liberati più di 200 esemplari sulle Alpi marittime ed attualmente questa popolazione è stimata intorno ai 280 individui. La sfida attuale è invece quella di collegare le popolazioni spagnole  alpine, creando una popolazione "ponte" in Francia (dove è stata rilasciata Eglazine) per permettere lo scambio genico tra gli individui ed evitare i problemi che potrebbero essere causati alla lunga dalla consanguineità, cioè il fenomeno dell'inbreeding. La strada è ancora lunga ma, come ci insegna Eglazine, non c'è distanza che non possa essere superata.

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