Il gatto selvatico appartiene alla famiglia dei felidi ed è conosciuto anche con il nome scientifico di Felis silvestris. Ne esistono tre sottospecie (F. s. silvestris, F. s. grampia e F. s. caucasica) distribuite in diverse regioni d'Europa.
Il gatto domestico (Felis catus), addomesticato intorno a 10 mila anni fa, deriva invece da un'altra specie di felino (F. lybica) e nel 2017 la IUCN ha tolto ogni dubbio su questo aspetto, classificando la specie domestica con un taxon distinto.
Come è fatto il gatto selvatico
Il gatto selvatico è un felino di medie dimensioni, la cui lunghezza può variare dai 40 ai 70 centimetri, mentre il peso oscilla tra i 2 e i 5 kg a seconda della sottospecie. La corporatura è solida e possente, con arti lunghi e proporzionati al corpo, che gli permettono di correre a grande velocità e saltare agilmente. Il mantello può avere diverse colorazioni, dal grigio al marrone chiaro, con striature o macchie più scure, che gli permettono di mimetizzarsi perfettamente con l'ambiente circostante.
La testa è arrotondata e proporzionata al corpo, con un muso corto e largo. Le zampe hanno artigli affilati e retrattili che gli permettono di arrampicarsi agilmente sugli alberi e cacciare con precisione. Le orecchie sono di dimensioni medie, triangolari e leggermente arrotondate all'estremità. La coda ha la punta nera e viene utilizzata per mantenere l'equilibrio durante la corsa e il salto.
Secondo quanto descritto sul sito del Museo di Storia Naturale della Maremma, che collabora con Ispra nel progetto di monitoraggio della specie in Italia, per riconoscere il gatto selvatico e distinguerlo dal gatto domestico è necessario osservare la zona cervicale (che presenta quattro strie longitudinali, con una eventuale quinta stria mediana), la zona scapolare (nel selvatico ha due strie parallele e longitudinali, possibilmente connesse con le due occipito cervicali), il dorso (che mostra una stria longitudinale dalle bande scapolari la radice della coda) e la coda (dove non ha alcuna stria dorsale, ma un apice nero e anelli in numero variabile).
Dove vive il gatto selvatico
Una delle componenti più importanti per il gatto selvatico è la disponibilità di vegetazione forestale. In Italia la specie preferisce le aree boschive come querceti e faggeti. Negli ambienti mediterranei, però, può vivere anche in ambienti che presentano radure e arbusti meno fitti.
Le tane del gatto selvatico si trovano generalmente all'interno di formazioni rocciose che non distano eccessivamente dalla disponibilità idrica. Trattandosi di una specie particolarmente elusiva, inoltre, tende ad evitare gli ambienti eccessivamente antropizzati, ciò nonostante, non è rara la rilevazione del gatto selvatico in zone poco abitate, anche in presenza strade dal traffico limitato, in particolare se si tratta di territorio utilizzato stagionalmente da parte degli esseri umani.
Sono animali prevalentemente notturni, solitari e territoriali, il cui home range può variare da 550 a 3 mila ettari. La tana si trova generalmente nella cosiddetta core area, localizzata più o meno al centro dell'home range, che difendono dai conspecifici mediante il pattugliamento e le marcature olfattive.
In Italia il gatto selvatico è diffuso sulle Alpi orientali e in gran parte degli ambienti appenninici, compresa la Toscana, l'Umbria, il Lazio e alcune zone della Campania.
Alimentazione
Il gatto selvatico è un carnivoro capace di adattare la sua dieta in base alle disponibilità ambientali. In Scozia, ad esempio, la specie preda prevalentemente conigli selvatici, mentre in alcune zone dell'Europa orientale, in particolare durante gli inverni più rigidi, è stata rilevata anche l'abitudine alla necrofagia su ungulati.
Nella maggior parte dei paesi, in ogni caso, predilige i roditori e talvolta si specializza nella predazione di topi, ratti e arvicole.
Caccia in maniera silenziosa e, dopo aver individuato la preda, generalmente la blocca con i potenti artigli e poi procede con un morso sulla nuca. Talvolta il gatto selvatico nasconde poi la preda nella vegetazione circostante.
Riproduzione
La stagione riproduttiva del gatto selvatico varia in base alla sottospecie e all'ambiente in cui si trova. Per quanto riguarda il nostro paese, avviene generalmente tra metà gennaio e metà marzo, con la massima attività in febbraio. Le femmine hanno un estro che dura circa 4 giorni.
Un gruppo di ricercatori dell'Università di Barcellona ha raccolto i dati riproduttivi di 34 femmine e delle relative 77 cucciolate, osservando nelle madri un'età media di 3,8 anni e mai inferiore a 1 anno di età. La dimensione media della cucciolata, invece, è risultata essere mediamente di 3,7. La gestazione dura circa 63 ai 68 giorni e lo svezzamento più o meno 3 mesi. La piena autonomia dei piccoli viene conquistata, invece, intorno al sesto mese di vita.
Rapporto con l'uomo e conservazione
Il gatto selvatico è un animale piuttosto elusivo che non rappresenta assolutamente un pericolo per gli esseri umani. Solo raramente, infatti, si riesce ad avvistare questa specie ad occhio nudo e, anche quando accade, generalmente è un avvistamento rapido e non molto ravvicinato.
Come tutti gli animali selvatici, non va confuso con le specie domestiche: non bisogna portarlo in casa, nutrirlo e le interazioni vanno ridotte al minimo.
In Italia il gatto selvatico è in leggero ma costante aumento e, secondo la IUCN, si tratta di una specie non soggetta al rischio di estinzione (LC), sebbene in passato venisse considerata prossima al rischio.