Il fantino Luigi Bruschelli, famoso per avere vinto 13 volte il Palio di Siena, è stato condannato in Corte d’Appello a sette mesi di carcere (con la condizionale) per maltrattamento di animali. La sentenza arriva nell’ambito di un processo in cui Bruschelli era imputato insieme al veterinario Mauro Benedetti con l’accusa di falso in atto pubblico per presunto scambio di cavalli mezzosangue con purosangue inglesi.
Nel 2019, in primo grado, Bruschelli – soprannominato “Trecciolino” – era stato condannato a 4 anni e 10 mesi, ma in quel caso non fu riconosciuto il maltrattamento animale. I fatti risalgono al 2014 e al 2015, e coinvolgono principalmente due cavalli: l’anglo arabo Romantico Baio e il purosangue Captain Forest. Secondo l’accusa, Bruschelli aveva eliminato il passaporto di Captain Forest, cui il veterinario Mauro Benedetti aveva impiantato il microchip di Romantico Baio, così da scambiare appunto i due cavalli. L’impianto accusatorio era incentrato proprio sul sospetto che i microchip di cavalli mezzosangue venissero sostituiti con quelli di purosangue per poterli far gareggiare al palio, e si era allargato anche alla somministrazione di farmaci agli animali e conseguentemente anche al maltrattamento.
Il tribunale di Siena aveva sposato in parte la tesi dell’accusa, condannando sia Bruschelli sia il veterinario per falso in atto pubblico e soppressione di atti veri, ma era stato assolto dalle accuse di maltrattamento. La pubblico ministero aveva fatto appello contro la sentenza di assoluzione, e la Lav si era costituita parte civile nel processo. Nei giorni scorsi la decisione della Corte d’Appello di Firenze, in cui è sì arrivata l’assoluzione per le accuse di falso, ma è stato invece riconosciuto il maltrattamento.
«Eravamo rimasti molto delusi dall’assoluzione in primo grado per il reato di maltrattamento, in quanto le attività di indagine svolte dagli organi inquirenti sembravano dimostrare inequivocabilmente che su alcuni cavalli erano state fatte somministrazioni farmacologiche proibite – ha detto Nadia Zurlo, responsabile area equidi della Lav – Siamo quindi molto soddisfatti per la pronuncia odierna della Corte d’Appello, che restituisce ai cavalli coinvolti in questo caso un minimo di giustizia. Se ci dovesse essere un ricorso in Cassazione, continueremo come parte civile a batterci affinché venga confermata la condanna».
Da anni ormai le associazioni chiedono che manifestazioni come il Palio di Siena vengano vietate per i ripetuti incidenti che si sono verificati nel corso degli anni, alcuni mortali, e lo sfruttamento e la spettacolarizzazione dei cavalli per il divertimento e l'intrattenimento: «Il cavallo non è un atleta e non ha il senso della competizione. In quel contesto sono forzati ed è un’ipocrisia che lo facciano volentieri – aveva spiegato a Kodami Sonny Richichi, fondatore e presidente di IHP Italian Horse Protection, associazione che gestisce il primo Centro di recupero in Italia per equidi maltrattati – Si tratta di una mistificazione pura e semplice perché le dinamiche del branco e di gerarchia non sono determinate dalla potenza e dalla velocità nella corsa. Infatti non è certo il cavallo più veloce ad essere il leader del branco. I cavalli sono animali pigri, corrono solo in momenti precisi, per esempio per la fuga oppure per gioco. La loro vita è camminare e brucare, nient’altro»