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26 Gennaio 2023
18:21

Il direttore del Pnalm a Kodami: «C’è un prima e un dopo Juan Carrito. Vivevamo per lui»

«Juan Carrito è morto, ma lo ha fatto da animale libero. Ho un unico rimpianto ripensando a quella notte: che anche la sua fine sia stata ripresa per essere messa online». La lunga e intensa chiacchierata che Luciano Sammarone, il direttore del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise ha voluto fare con Kodami dopo la morte dell'orso marsicano più noto dell'Appennino italiano.

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Intervista a Luciano Sammarone
Direttore del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise
Juan Carrito
Juan Carrito

«Juan Carrito è morto, ma lo ha fatto da animale libero. Ho un unico rimpianto ripensando a quella notte: che anche la sua fine sia stata ripresa per essere messa online». In queste parole si riassume la lunga e intensa chiacchierata che Luciano Sammarone, il direttore del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise ha voluto fare con Kodami dopo la morte dell'orso marsicano più noto dell'Appennino italiano.

Lunedì 23 gennaio 2023 è stata scritta l'ultima pagina della storia di Juan Carrito, il romanzo dell'orso che è diventato ambasciatore della sua specie nel mondo e che è purtroppo finita con la sua morte sulla Strada Statale 17, all'altezza di Castel di Sangro.

«Esiste un prima e un dopo Carrito», dice Sammarone cercando di leggere in quella che è una sconfitta per tutti un momento per tirare le somme su quanto l'esistenza del plantigrado abbia contribuito a cambiare la gestione della fauna selvatica in Abruzzo e forse anche oltre. «Per lui c'è stato uno sforzo collettivo che ha fatto fare un salto di qualità nel coordinamento di tutti degli enti coinvolti nella gestione della fauna selvatica del territorio e che ha visto il supporto anche di chi prima era stato assente – prosegue Sammarone – In funzione di Juan Carrito ci siamo coordinati mettendo a disposizione i nostri mezzi, il personale e l'esperienza. Abbiamo provato a tutelarlo garantendogli una vita libera: era la missione che tutti noi del Parco abbiamo perseguito fino all'ultimo. Non è una esagerazione dire che vivevamo per l'orso».

Le parole del Direttore sono velate di tristezza, ma non c'è ombra di resa: «Non sono contento che sia morto ovviamente ma almeno è morto libero. Abbiamo la consapevolezza di aver fatto tutto quello che si poteva fare per garantirgli una vita non delimitata da recinti, come invece molte persone chiedevano. Seguo gli orsi del Parco da 30 anni e posso dire che lui ha fatto la differenza. Ora spetta a noi capitalizzare questo patrimonio di azioni e conoscenze acquisite trovando risorse da investire per migliorare la situazione».

L'amarezza all'interno degli uffici del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise resta enorme dal momento dell'incidente, quando è arrivata la segnalazione di un orso investito all'altezza di Castel di Sangro. L'operatrice con cui la redazione di Kodami aveva parlato per verificare la notizia aveva la voce rotta dal pianto e a 4 giorni di distanza ancora non sembra vero che sia successo. In ricordo dell'orso anche il celebre artista Milo Manara ha dedicato un'opera, ripresa anche dal Pnalm per le sue ultime comunicazioni sui social dedicate a Juan Carrito.

Carrito è morto sulla Statale 17 che come sottolinea Sammarone: «si è trasformata in una strada della morte per tutta la fauna selvatica, e quindi anche per gli orsi. Quello che negli anni Settanta succedeva con la ferrovia poco lontana, dove venivano recuperati di frequente i corpi di animali, oggi avviene su quella strada. Questo perché gli snodi si trovano in una zona che per i selvatici è un corridoio importante che collega il Parco d'Abruzzo e quello della Maiella».

In virtù di questa pericolosità, molte persone nei giorni successivi alla morte di Carrito hanno lamentato la mancanza di passaggi per la fauna selvatica sulla strada. «Basta strumentalizzazioni – è la risposta secca del direttore del Pnalm – Juan Carrito è morto proprio al di sopra di un sottopasso costruito per consentire l'attraversamento in sicurezza della fauna selvatica. Quello che è successo è una tragedia, e questi eventi colpiscono sia le persone che gli animali».

L'associazione Salviamo l'Orso, il Parco d'Abruzzo e il Wwf con uno sforzo collettivo dal 2020 hanno investito circa 120 mila euro per migliorare la sicurezza di quella strada attraverso il progetto europeo Life Safe-Crossing. Ma come ha mostrato la vicenda di Juan Carrito non basta un sottopasso per salvare la vita a un animale. «Costruire solo gli ecodotti (passaggi faunistici ndr) non basta: sono necessarie anche le recinzioni per invitare la fauna a utilizzarli – chiarisce il direttore – Nel tratto in cui è morto Carrito l'ecodotto c'era ma la recinzione non era ancora completata, è quindi saltato in mezzo alla carreggiata sebbene l'entrata del sottopasso fosse a soli 10 metri da lui».

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A chi imputa al suo Ente l'assenza delle precauzione adeguate, Sammarone ricorda che la zona in cui è morto Carrito non si si trova nel perimetro del Parco: «In quel punto siamo a 40 km dal confine. Della messa in sicurezza di quella strada, e di molte altre attività poste in essere in diverse occasioni se ne sarebbe dovuti occupare altri attori, ma era nostro dovere morale e mandato istituzionale farlo e per questo, usando le risorse che avevamo a disposizione, lo abbiamo fatto».

A questi dati di natura tecnica, si aggiunge poi l'imprevedibilità della variabile Carrito. È vero infatti che non c'era la recinzione a indirizzare l'orso verso il sottopasso, ma per giungere sull'asfalto l'orso ha comunque dovuto affrontare una barriera e compiere un salto nel buio. «Non so se un altro individuo avrebbe scavalcato il muretto come ha fatto lui – commenta il Direttore – Sono convinto che lo abbia fatto perché aveva una piena consapevolezza di sé e della sua fisicità. Basti pensare che da dicembre non portava più il radio collare perché non ne esisteva uno grande a sufficienza per suo collo. Era un animale magnifico».

Nonostante l'assenza del radiocollare, Juan Carrito era monitorato dai guardiaparco: «Sapevamo che si trovava nella zona di Castel di Sangro. Era facile individuarlo anche perché era l'unico orso che ancora si muove sul territorio, dato che tutti i suoi simili sono ormai in ibernazione. Pensavamo che ci fosse andato anche lui quando dal 3 gennaio non abbiamo più avuto segnalazioni della sua presenza, fino a pochi giorni prima della morte. Non sappiamo perché, al contrario dell'anno scorso, non fosse andato in ibernazione, ma sicuramente non è stata la fame a spingerlo visto che il suo peso era di ben 160 chili, una mole considerevole per un individuo della sua età».

Durante la fase di ibernazione gli orsi diminuiscono tutte le attività motorie, rallentando di conseguenza il metabolismo e abbassando la temperatura corporea fino a 4°C, da qui il nome "ibernazione". Non si tratta quindi di un sonno profondo e ininterrotto come avviene per il letargo, ma solo di una significativa riduzione delle attività. Non è possibile quindi stabilire quali particolari condizioni possano avere interferito per Carrito.

È stata invece stabilita la causa della morte a seguito della necroscopia svolta dall’Istituto Zooprofilattico di Isernia. L'orso è morto per un politrauma con emorragia interna iperacuta che, ha sottolineato il Parco in una nota ufficiale, «non gli avrebbe dato scampo anche in caso di un intervento immediato che in ogni caso nessuno sarebbe stato in grado di assicurare perché non esiste un pronto intervento veterinario».

I soccorsi sono infatti giunti sul posto quasi un'ora dopo, dando il tempo ai passanti di fare video in cui si vedono i 45 minuti di agonia dell'orso. «Il Parco nazionale d'Abruzzo ha un Servizio d'urgenza per la fauna selvatica che è intervenuto sul posto con il personale specializzato. Tuttavia la sede è a Pescasseroli, a 35 chilometri di distanza, si tratta di un tragitto che in condizioni normali richiede 45-50 minuti di viaggio su strade di montagna. Abbiamo contattato il Parco della Maiella ma il loro Servizio d'urgenza partiva da Caramanco, ancora più lontano. Sul posto sono giunti immediatamente i Carabinieri Forestali e i nostri guardiaparco».

A causa delle ferite riportate, non c'era possibilità quindi di salvare Carrito, neanche con un soccorso tempestivo. Sammarone ha però un rimpianto rispetto a quella notte: «Mi ha fatto più ribrezzo il fatto che siano stati condivisi in rete i video dell'agonia di Carrito che sapere della sua morte. Avremmo dovuto coprirlo con un telo a tutelata anche della sua privacy in un momento tanto tragico Dovevamo proteggerlo meglio in quel frangente. È l'unico rimprovero che ho mosso ai guardiaparco, ma compreremo teli per evitare che si ripeta».

«Sono stato accusato di avere "umanizzato" Carrito, mentre invece io vorrei "orsificare" le persone», conclude il Direttore.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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