Curiosità e memoria sono due concetti che spesso vanno a braccetto: molte specie animali, uomo compreso, mostrano di essere molto più incuriositi da oggetti o fenomeni sconosciuti e mai visti prima rispetto a quelli di cui hanno già un certo tipo di esperienza e ricordo.
In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Animal Cognition i ricercatori hanno investigato come si comportano i polpi messicani di fronte a oggetti a loro sconosciuti, sottoponendo a un test specifico tre gruppi costituiti ognuno da 5 animali divisi per fasce d’età: gli infanti (individui nati da 1 mese), i giovani (4 mesi) e gli adulti (sopra i 4 mesi).
Il test è stato organizzato in tre fasi principali. Nella prima, di abituazione, i polpi esploravano il nuovo ambiente nella teca in cui si sarebbe svolto l’esperimento fino a quando mostravano di essere a proprio agio, rimanendo ad esempio per un periodo di almeno 2 ore nella loro tana senza sentire la necessità di esplorare il nuovo ambiente, ormai familiare. Nella seconda, di familiarizzazione, ai polpi venivano mostrati per un periodo di circa mezz’ora due oggetti identici per forma e colore; questi erano inoltre di misura comparabile alle loro dimensioni corporee in modo tale da suscitare la loro curiosità senza spaventarli con oggetti troppo grandi e senza rischiare di non destare il loro interesse con oggetti troppo piccoli. Nella terza, la fase di test vero e proprio, uno dei due oggetti con cui avevano ormai familiarizzato veniva sostituito nei giorni successivi con un nuovo oggetto diverso per forma e colore, in modo tale da riuscire a comprendere se la curiosità aumentasse o diminuisse e se ci fossero differenze comportamentali legate all’età.
I polpi si sono dunque mostrati più curiosi verso i nuovi oggetti rispetto a quelli che conoscevano ormai da un po’, dimostrando in questo modo un certo grado di memoria, oppure per loro “nuovo o vecchio” non ha fatto differenza?
Durante le varie fasi, gli animali hanno speso il loro tempo ad esplorare e familiarizzare con gli oggetti arrampicandosi su di essi e saltellando nelle loro vicinanze o semplicemente spendendo del tempo ad osservarli per poi passare ad un esplorazione fisica e tattile, sollevandoli o spingendoli con le braccia. Questi comportamenti hanno permesso ai polpi sia di soddisfare la loro innata curiosità sia di acquisire e soprattutto memorizzare tramite i loro sensi principali, vista e tatto, informazioni utili sulle caratteristiche degli oggetti.
E' emerso così che non solo i polpi mostrano un grado di curiosità differente in relazione a quanto l’oggetto con cui interagiscono è familiare per loro, ma che a comportarsi in questa maniera sono principalmente giovani e adulti ma non gli infanti. I primi, infatti, hanno passato molto più tempo nell’esplorare visivamente e fisicamente e smettendo di farlo quando ormai quei nuovi "inquilini" erano diventati "oggetti di arredamento" noti.
La propensione ad essere curiosi verso le novità di questi polpi arricchisce la nostra conoscenza sul grado di complessità cognitiva che possiamo ritrovare in animali invertebrati come i cefalopodi, espandendo in questo modo il nostro grado di conoscenza sul loro già ampio repertorio etologico. Inoltre, il fatto che il test utilizzato in questo studio misura gli stessi comportamenti nei vertebrati portando a risultati equiparabili, ci fa capire come animali tanto diversi fra loro possano essere in realtà molto simili dal punto di vista comportamentale e come è possibile che esista una convergenza etologica fra invertebrati e vertebrati.
Infine, il fatto che i polpi più giovani non mostrino una maggior propensione all'esplorazione di nuovi oggetti ci permette di capire da che età si sviluppa ed emerge questa capacità: la differenza potrebbe essere dovuta ad un fisiologico processo di crescita e maturazione del sistema nervoso dei polpi, che ricordiamo essere uno dei più complessi riscontrabili negli invertebrati e che pertanto richiede tempo per potersi sviluppare appieno.