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27 Luglio 2023
10:49

Il cucciolo di orso M89 è stato curato e sta bene ma la Provincia di Trento non lo vuole liberare

L'orsetto M89 non verrà liberato, lo ha annunciato la Provincia di Trento in risposta alla relazione scritta dagli operatori che se ne stanno occupando.

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Alcuni lo hanno soprannominato Nino, altri Honey ma il suo nome è M89. Si tratta del piccolo orso che oggi ha 6 mesi e mezzo e pesa 25/26 chili ma che quando è stato trovato in Val d'Algone lo scorso mese di aprile superava di poco i 5 chili ed aveva circa due mesi.

Era caduto da un albero rimanendo a terra agonizzante e, individuato da un guardiacaccia, era stato trasferito alla clinica veterinaria di Cles, in Val di Non. Nel frattempo, però, sull'altro versante delle Dolomiti di Brenta, avveniva la tragedia di Caldes e l'intera Provincia di Trento veniva assorbita completamente dalla morte del giovane Andrea Papi. Dell'orsetto, quindi, per molto tempo, non si è più parlato.

Nei primi giorni è stato tenuto addormentato, sotto le cure del veterinario Roberto Guadagnini, per poi essere trasferito nel BelPark di Spormaggiore, dove è stato curato grazie alla collaborazione che la struttura ha stipulato con il Parco Naturale Adamello Brenta e con l'associazione Rase, fondata da Alberto Stoffella, ex guardia forestale che, per oltre trent'anni si è occupato del monitoraggio e dello studio degli orsi, facendo parte della squadra di emergenza e di quella di cattura dei plantigradi.

«L'orsetto sta sempre meglio e si è ripreso rapidamente, ma non sono sicuro che in futuro starà altrettanto bene – dichiara a Kodami Stoffella – Insieme a Eileen Zeni, operatrice del Pnab che, con me, si sta occupando dell'animale, abbiamo scritto una relazione sul lavoro svolto, chiedendo al Servizio Faunistico della Provincia di esprimersi sull'ipotesi di ritorno in natura. Ci è stato risposto, dopo 28 giorni, che però non si può fare perché è impossibile escludere il rischio che sviluppi confidenza con l'uomo e possa, quindi, rappresentare un pericolo. Sulla base di quale analisi sia stata presa la decisione, però, non ci è stato detto. L'orso si mostra ancora riservato e schivo, non ha mai visto esseri umani e abbiamo fatto del nostro meglio per svolgere un lavoro quanto più minuzioso possibile, proprio per evitare che il giovane animale sviluppasse confidenza nei nostri confronti».

La denuncia di Bearsandothers: «Non può essere condannato alla prigione a vita»

In seguito alla risposta della Provincia, l'associazione di tutela animale Bearsandothers, assistita dall'avvocato Paolo Maria Storani, ha denunciato la Provincia di Trento per la mancata liberazione: «L’orsetto è proprietà indisponibile dello Stato – scrive l'associazione in una nota – quindi anche nostra e riteniamo che debba essere rimesso in libertà e non possa essere condannato a vita a stare in prigione, senza aver commesso alcun fatto che determini qualsiasi applicazione di restrizione». Inoltre, è stata lanciata una raccolta firme per spingere la Pat a cambiare idea e, in pochi giorni ha superato le 39 mila adesioni. Al momento, però, non arriva nessuna risposta dal Presidente della Pat Maurizio Fugatti e nemmeno da Giovanni Giovannini, responsabile servizio foreste, e da Raffaele De Col, presidente della Protezione civile del Trentino.

M89 quindi, nonostante i traumi siano guariti, si trova ancora in un recinto che, generalmente, è destinato solo ai periodi di quarantena e non può essere trasferito nemmeno negli altri spazi, più ampi, del BelPark, perché accolgono già altre due orse anziane. «Fino ad ora lo spazio è stato adeguato, ma l'orso sta crescendo e tra poco non lo sarà più – commenta Stoffella – Il rischio è che come accade a molti altri soggetti obbligati alla reclusione, anche lui finisca per manifestare stereotipie date dalla frustrazione e venga obbligato alla cattività per sempre, rassegnato da solo al suo destino».

Alcuni, però, hanno pensato che il motivo per cui l'orso non venisse rimesso in libertà fossero le basse possibilità di sopravvivenza, ma Stoffella, che in passato si è occupato della gestione e della liberazione di altri due cuccioli di orso (nel 2011 e nel 2019), è di un'altra opinione: «Studio queste situazioni da anni e la bibliografia dimostra che i cuccioli di questa età hanno ottime possibilità di sopravvivere anche senza la madre – spiega l'esperto – Il giovane M89 pesa addirittura più dei suoi coetanei e questo, a mio parere, gli può offrire ulteriori speranze. Non possiamo avere certezze, ma ha avuto possibilità di accumulare molta energia e non dobbiamo dimenticare che ogni animale ha capacità di trovare le proprie risorse pur di sopravvivere».

Perché M89 si trova al Belpark?

La Pat ha deciso di curare l'orso all'interno del Belpark anche se a pochi chilometri da Trento si trova il Casteller, che, nonostante tutte le criticità, dispone di uno spazio apposito per la cura temporanea degli animali, il quale risulta libero anche in presenza dell'orsa JJ4 e di M49. Lo conferma la stessa Pat che, in una nota pubblicata lo scorso aprile, descriveva il recinto: «La struttura del Casteller è ampia circa 8.000 metri quadri. Si tratta di un’area di bosco e prato, opportunamente recintati, che comprendono anche tre stagni artificiali, progettata per svolgere la funzione di ricovero per gli orsi che dovessero necessitare di cure o di riabilitazione. Per questo, è presente anche un locale che funge da ambulatorio veterinario. In totale possono essere ospitati fino a tre plantigradi, ad ognuno dei quali è riservata una tana».

Stoffella si chiede quindi per quale motivo il giovane orso debba essere recluso in un recinto di quarantena decisamente inadatto alla sua condizione: «L'amministrazione pubblica ha investito grandi somme di denaro per costruire il recinto faunistico, prevedendo proprio queste situazioni, ma per l'orso M89 l'opportunità di uno spazio migliore è stata bypassata e non abbiamo mai saputo il perché».

A peggiorare ulteriormente la situazione vi è infine un ultimo aspetto. Ora che la Provincia Autonoma di Trento ha dichiarato di non essere intenzionata a liberare l'orso, infatti, la convenzione con l'associazione e con il Parco cadrà e, quindi, anche il supporto degli operatori verrà a mancare: «Alcuni avrebbero preferito certamente intervenire con l'eutanasia, mentre noi abbiamo lavorato dal primo momento per reimmetterlo in natura. Purtroppo il destino ha voluto che il giovane orso si infortunasse in un momento sbagliato, in cui la tensione è davvero molto alta. Il lavoro per restituire la libertà a questo animale, ahimé, non avrà il risultato in cui speravo e di questo so che ne soffrirò. Nel frattempo, però, ha ulteriormente arricchito le mie conoscenze e gli sono quindi infinitamente grato – conclude Stoffella – Mi resterà però addosso la colpa di non aver potuto cambiare il suo destino».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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