Una delle caratteristiche chiave che caratterizzano la complessità del linguaggio nella nostra specie è quella di poter generare, a partire dalla combinazione di un set limitato di fonemi, nuove parole e frasi con delle regole gerarchiche e sintattiche ben precise, un motore che genera un potenziale quasi illimitato di nuovi significati e concetti che possono essere veicolati nella comunicazione.
Capire come e perché queste caratteristiche si siano evolute nella nostra specie è oggetto di studio da molto tempo e come sempre, lo strumento comparativo dell’analisi dell’evoluzione del linguaggio nelle altre specie animali può darci degli indizi importanti.
Studiando il linguaggio delle altre specie animali possiamo sicuramente riscontrare l’evoluzione di repertori vocali complessi costituiti dall’associazione di specifiche unità vocali a specifici contesti di riferimento che gli animali utilizzano per regolare vari aspetti della loro vita quotidiana.
In un recente studio pubblicato sulla rivista Communications biology, un gruppo di ricercatori ha studiato la struttura del linguaggio degli scimpanzé in modo tale da riuscire a capire se le singole vocalizzazioni possono essere associate fra di loro in modo tale da generare nuove frasi, con l’emergenza di nuovi potenziali significati e concetti veicolabili nella loro comunicazione.
Per far ciò, sono stati raccolti dati su circa 4826 registrazioni delle espressioni vocali prodotte da 47 scimpanzé adulti presenti nel contesto selvatico del parco nazionale di Taï, in Costa d’Avorio.
Ciò che sembra mancare a livello strutturale nel linguaggio degli altri animali è la presenza d’insieme delle caratteristiche che permettono sia di combinare fra loro in maniera flessibile più di una unità vocale per generare nuove frasi che la presenza di regole gerarchiche e sintattiche all’interno di esse, oltre la possibilità di ricombinare l’associazione di due o più unità vocali. In mancanza di queste caratteristiche il linguaggio di una data specie animale rimane dunque limitato nella possibilità di generare costantemente nuove frasi e dunque nuovi concetti e significati.
Come è composto il linguaggio degli scimpanzé
In generale, il linguaggio degli scimpanzé è costituito da circa 12 unità vocali, ovvero vocalizzazioni utilizzate dagli scimpanzé per regolare la comunicazione in contesti specifici come in caso di pericolo o di aggressione, di competizione, per la regolazione delle relazioni sociali, delle attività di foraggiamento, di riposo, di viaggio e così via. Fra queste unità vocali vi è famoso “hoo” e la sua versione “panted”, caratterizzata dalla ripetizione quasi affannata di questo richiamo.
Delle 4826 espressioni vocali registrate, circa il 70% di queste mostrava delle frasi composte solamente da una singola unità vocale (es. “hoo”) o da ripetizioni delle stesse. Curiosamente, il 30% presentava invece una combinazione di almeno due tipi diversi di unità vocale (es. hoo+grunt), con l’ulteriore possibilità che queste frasi a due “parole” si potessero ricombinare con altri tipi di vocalizzazioni per formare frasi con 3 o più vocalizzazioni diverse fino a un massimo di 10, quest’ultimo un caso comunque molto raro nelle registrazioni osservate.
Inoltre nella combinazione di almeno due unità vocali in un’espressione vocale, alcune di esse come ad esempio il richiamo “hoo” si trovava spesso nella prima posizione, ciò potrebbe significare che gli scimpanzé impostino come noi esseri umani un ordine gerarchico per combinare fra di loro le parole costitutive di una frase.
Insieme, questi risultati ci indicano che gli scimpanzé costruiscono e ordinano in maniera flessibile e non casuale due o più vocalizzazioni, generando potenzialmente delle frasi che potrebbero veicolare nuovi significati.
In totale, i ricercatori sono riusciti a discriminare ben 390 nuove frasi considerabili uniche nella loro composizione per caratteristiche come il numero di unità vocali associate fra loro, da un minimo di due a un massimo di 10, i vari tipi delle 12 vocalizzazioni facenti parte del repertorio vocale degli scimpanzé che venivano incorporate nella costituzione delle loro espressioni vocali, le caratteristiche di organizzazione gerarchica delle stesse all’interno della frase e così via.
Questo numero non è sicuramente enorme se paragonato alla vastità delle possibili combinazioni che possono emergere nel linguaggio della nostra specie ma ci spinge sicuramente a riconsiderare l’idea che i meccanismi che ne sono alla base siano un’esclusiva degli esseri umani. Come ha spiegato Telmo Pievani in una puntata del nostro format "MeetKodami", infatti, esiste un «gap evoluzionistico» tra noi e gli altri animali non umani, «una sorta di rivoluzione comportamentale molto veloce, qualcosa non solo di biologico ma di cognitivo o di culturale. Molti sospettano che ci sia di mezzo il linguaggio. Ed è il linguaggio articolato ciò che ha creato quella differenza che poi a cascata ha generato organizzazione sociale, cooperazione, capacità di muoversi nello spazio, immaginazione, la possibilità di condividere anche delle idee astratte».
Visti questi risultati, con tutta probabilità sono capacità che condividiamo almeno parzialmente con gli scimpanzé, i nostri parenti più prossimi.