Attualmente sono molte le specie che rischiano di scomparire dal Pianeta. Per salvaguardarle, spesso si applica la conservazione ex-situ che consiste nel mantenimento di specie animali e vegetali al di fuori del loro habitat naturale. Lo scopo è quello di far riprodurre gli individui per poi reintrodurli in natura assieme alla loro prole con la speranza che possano dar vita a una popolazione stabile.
Tra le specie altamente minacciate rientra il coccodrillo dell'Orinoco (Crocodylus intermedius), motivo per il quale dal 1971 esiste un programma di riproduzione in cattività. Nonostante il gran numero di individui allevati, nessuno di questi è mai stato rilasciato a causa della mancanza di una caratterizzazione genetica completa che potrebbe determinare se la popolazione è geneticamente vitale. Un team di ricercatori, quindi, si è posto come obiettivo quello di studiare la diversità genetica di ogni esemplare per capire se la popolazione è geneticamente vitale e non presenta segni di consanguineità, condizioni che ne permetterebbero il rilascio. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature Conservation.
Questa specie endemica del bacino dell'Orinoco in Colombia e Venezuela ha vissuto un grave declino delle sue popolazioni nel 20 secolo a causa dell'eccessivo sfruttamento commerciale della sua pelle. Di conseguenza, l'attuale popolazione globale stimata è costituita da meno di 250 individui adulti. Da qui è nata l'esigenza di salvare questo magnifico animale che si consolida con l'istituzione di un programma di riproduzione in cattività presso la stazione biologica tropicale Roberto Franco (RFTBS) di Villavicencio. Il progetto ha avuto un grande successo, infatti attualmente ospita oltre 600 individui. Tuttavia, nessuno di essi è mai stato reintegrato in natura a causa della mancanza di una caratterizzazione genetica completa fondamentale per determinare la vitalità della popolazione. «Al fine di determinare la vitalità genetica della popolazione, abbiamo condotto una caratterizzazione genetica completa utilizzando marcatori molecolari su un campione di 551 coccodrilli», spiega Ana María Saldarriaga, ex ricercatrice presso l'Universidad Nacional de Colombia che attualmente sta perseguendo un dottorato di ricerca alla Fordham University.
Questo genere di analisi ha permesso di far luce sulla condizione genetica degli individui dimostrando che possiedono una diversità genetica sufficiente per poter essere reintrodotti in natura. «Abbiamo dimostrato che i dati molecolari potrebbero essere utilizzati per migliorare la gestione dei programmi di conservazione ex situ», afferma il team di ricercatori. Sulla base dei risultati di questo studio, il governo colombiano, insieme ad altre istituzioni e agenzie di conservazione pubbliche e private, può utilizzare gli individui identificati in questa ricerca per avviare la creazione di nuove popolazioni nelle regioni in cui la specie è stata completamente esaurita.
«Oggi è ampiamente riconosciuto che i principali predatori, come i coccodrilli, svolgono un ruolo fondamentale sia negli ecosistemi acquatici che terrestri. Hanno un impatto significativo sul ciclo dei nutrienti, regolano le popolazioni ittiche e contribuiscono a importanti processi di ingegneria tra ecosistemi», sostiene Mario Vargas-Ramírez, professore presso l'Istituto di Genetica dell'Universidad Nacional de Colombia e direttore della RFTBS. Questo è il motivo per il quale la reintroduzione del coccodrillo dell'Orinoco rappresenta una vera e propria priorità. Inoltre, proteggendo questa specie, viene garantita la conservazione di tanti altri organismi che coesistono nel suo stesso ambiente garantendo un effetto positivo a cascata.