Prosegue la vicenda del cervo adottato e poi portato via a Giovanni Del Zoppo, cavatore-allevatore e titolare dell’azienda agricola del in Val Rosera (alta Valmalenco) in provincia di Sondrio.
Il 28 giugno di due anni fa, Del Zoppo aveva trovato il cucciolo appena nato nel bosco, aveva aspettato un po’ per controllare che la madre tornasse, ma inutilmente. A quel punto aveva deciso di portarlo a casa dove il cerbiatto è cresciuto, affezionandosi molto a tutta la famiglia.
Ma la legge, è legge. E così gli agenti della polizia provinciale di Sondrio, seguendo la normativa che dice che un animale selvatico non può vivere in cattività e che la relativa detenzione quindi è illegale, accompagnati da tre veterinari dell’Ats, sono andati a prenderlo e lo hanno portato via.
Bambi, come è ormai conosciuto il cervo, è stato portato all'agriturismo La Pedruscia, a Dazio, vicino a Morbegno, in Valtellina, struttura ritenuta più idonea ad ospitarlo con a disposizione un ampio prato da pascolo.
Infatti, è proprio questo il problema: Del Zoppo non ha i 10mila metri quadrati di spazio che ci vogliono per tenere un cervo regolarmente. Un animale del genere non può essere tenuto come un animale domestico in ambienti che non siano autorizzati. Aggiungendo il fatto che, con l'arrivo della stagione degli amori, l'animale andrà in cerca della femmina e potrebbe diventare pericoloso per gli esseri umani.
Ma la famiglia Del Zoppo non è affatto d’accordo con questa posizione. La vicenda ha fatto il giro del Web, tanto che anche un'associazione venatoria, la Enalcaccia Sondrio, è scesa in campo per chiedere il ritorno del cervo in Val Rosera.
La famiglia Del Zoppo, intanto, non intende darsi per vinta. E l'obiettivo ora, è quello di dotarsi dello spazio richiesto per poter avere l’autorizzazione a riavere Bambi.
C’è da chiedersi se sarà il suo bene, però. «Io comprendo benissimo la relazione affettiva, ma la domanda che gli esseri umani devono porsi, trovandosi davanti a un animale selvatico è: sto facendo il suo bene? Perché spesso così non è», commenta a Kodami Fulvio Baraiolo, titolare e proprietario dell’Azienda Agricola dove ora “abita” il cervo.
Bambi sta bene, in ogni caso: «È arrivato chiaramente sedato insieme a due guardie forestali e tre veterinari. Ma quando si è svegliato era in forma. Abbiamo provveduto a tagliargli le unghie in modo che potesse riprendere un’andatura normale. Certo deve adattarsi, ma si sta dimostrando molto affettuoso. Il suo recinto è vicino a un altro con suoi simili e insieme a lui, affinché non sentisse troppo la solitudine essendo abituato a vivere con altri animali, abbiamo messo un’asinella con la quale va d’accordissimo».
Ma Baraiolo ci tiene a sottolineare che gli animali selvatici non sono e non saranno mai animali domestici: «Io capisco la tenerezza della storia e mi spiace per Del Pozzo che peraltro conosciamo benissimo, però attenzione perché il ragionamento che bisogna fare è un altro. Bambi dai due anni in poi diventerà adulto e questo fa sì che il suo comportamento cambi. Durante il periodo degli amori i cervi alzano i livelli ormonali, aumentando la loro aggressività, che in natura servirebbe a controllare i rivali maschi, ma che in cattività può essere scaricata anche sull’umano che gli ha dato da mangiare. Perché quest’ultimo viene considerato come un intruso, un rivale. Insomma non c’è da scherzare».
Infine, c’è un altro aspetto molto importante: «Questo cervo non potrà mai più tornare libero. Dopo due anni di cattività è impossibile, non sopravviverebbe in natura. Quindi voglio solo dire una cosa: se si dovesse trovare un animale selvatico anche cucciolo che sembra abbandonato, lasciatelo dove si trova. Nella maggior parte dei casi non hanno bisogno né di cure, né di aiuto da parte dell'uomo. Prelevarli invece dal loro ambiente, come a volte si è spinti a fare pensando che il piccolo solo sia stato abbandonato, li condannerebbe a passare tutta la loro vita in cattività».