Il primo castoro era arrivato nella zona del tarvisiano nel 2018, discendendo i corsi d'acqua che raggiungono il Friuli Venezia Giulia dalla Carinzia, in Austria. La sua presenza, fin da subito, era stata accolta con simpatia dalla comunità umana della zona, dove la specie era scomparsa da ormai quasi 500 anni.
A cinque anni dal suo arrivo, finalmente, lo ha raggiunto un suo simile e, secondo le prime immagini catturate dalle fototrappole, i due stanno formando una coppia fissa. La notizia è stata diffusa dai ricercatori del Progetto Lince Italia, del quale fa parte anche Renato Pontarini, ricercatore e fotografo, ma soprattutto grande conoscitore della vita del castoro del Tarvisio che, proprio in suo onore, è stato soprannominato "Il Ponta".
«Si tratta certamente di una grande notizia per la specie. Ora speriamo che anche questo secondo castoro sia arrivato per stabilirsi – commenta a Kodami Pontarini – Stiamo raccogliendo ogni giorno immagini e video per comprendere il loro comportamento e sappiamo per certo che, sebbene all'inizio tra i due ci fosse diffidenza, ora trascorrono sempre più tempo insieme. Il secondo arrivato, in effetti, potrebbe essere una femmina, ma non ne abbiamo ancora la certezza, perché riconoscere il sesso dei castori non è affatto facile».
I castori sono animali monogami e, quindi, generalmente, una volta incontrati rimangono insieme per tutta la vita. Ciò significa, che nella zona del Tarvisio, famoso crocevia per le specie provenienti dalla Slovenia e dall'Austria, in futuro potrebbe prendere vita una piccola popolazione di castori: «Ogni anno partoriscono fino a tre cuccioli, i quali dopo circa due anni, vanno in dispersione e cercano il proprio territorio – spiega l'esperto – La loro diffusione in Austria ha portato ad alcuni problemi per le coltivazioni che si trovano nei pressi dei corsi d'acqua, ma l'utilizzo del terreno sul nostro territorio è diverso rispetto a quello che si vede a Nord e, anzi, la loro presenza nella zona del Tarvisio può addirittura favorire l'ecosistema durante i periodi di siccità come quelli che abbiamo affrontato negli ultimi anni. Costruendo le dighe, contribuiscono a tenere il posto allagato anche quando l'acqua scarseggia e, dove vivono i castori, l'acqua rimane più a lungo».
I castori, infatti, vengono anche chiamati "gli ingegneri della Natura", proprio per questa loro grande abilità nel modificare la morfologia degli spazi in cui vivono, attraverso la costruzione di dighe. «Da questa parte del confine le coltivazioni non si trovano nei pressi dei corsi d'acqua – spiega l'esperto – Gli ipotetici allagamenti, dati dalla costruzione delle dighe, non rappresentano alcun problema per l'uomo che, quindi, continua ad avere una buona opinione della specie, considerata anche socialmente una presenza positiva».
Dello stesso parere sono anche molti ricercatori che si stanno occupando, negli ultimi decenni, delle conseguenze sull'ecosistema determinate dalla presenza del castoro. Secondo uno studio del 2022, condotto dal Department of Environmental Systems Science, dell'Institute of Terrestrial Ecosystems di Zurigo, in Svizzera, ad esempio, nelle zone montane e negli habitat boschivi, la specie può addirittura favorire un aumento della biodiversità, oltre ad essere in grado, in alcune situazioni, di ridurre il rischio di perdita degli ecosistemi di acqua dolce.
Il fatto che un altro castoro riuscisse a raggiungere Il Ponta non era affatto scontato e i ricercatori, infatti, dopo un'attesa di cinque anni, stavano per perdere le speranze. «Purtroppo i corsi d'acqua che collegano la Carinzia al Friuli Venezia Giulia sono ricchi di difficoltà naturali e, soprattutto, di sbarramenti di origine antropica, che complicano gli spostamenti dei soggetti che scelgono questa direzione per andare in esplorazione alla ricerca di un nuovo ambiente – conclude Pontarini – Proprio per questo motivo, alcuni si sono convinti che il castoro arrivato in questi giorni sia stato reintrodotto volutamente dall'uomo, come accaduto anche altrove nel nostro paese, ma non è affatto così. Sono certo che, se qualcuno avesse voluto operare in questo modo, non si sarebbe limitato a reintrodurne uno, ma avrebbe liberato molti più soggetti, in modo da avere la certezza di ottenere un risultato. Due castori, infatti, ci danno certamente una speranza, ma non sono sufficienti per avere certezze sul futuro della specie. Non ci resta che osservarli e lasciarci stupire da cosa succederà».