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22 Marzo 2022
10:46

Il castoro che si pulisce la pelliccia: il video ripreso dalla fototrappola

Un video ripreso dalle fototrappole posizionate da Renato Pontarini hanno catturato, nello scorso mese di febbraio, le meravigliose immagini che ritraggono il castoro intento a prendersi cura della propria delicata pelliccia.

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©Renato Pontarini – Progetto Lince Italia

Dal 2018, nel piccolo comune friulano di Tarvisio, a cavallo tra l'Austria e la Slovenia, è tornato a vivere un castoro europeo (Castor fiber). Si tratta del primo individuo stanziatosi in Italia dopo la scomparsa della specie, avvenuta oltre 500 anni fa.

Per raggiungere questo remoto angolo Nord orientale delle Alpi, l'animale ha risalito le acque del torrente Slizza, il cui corso collega l'Italia alla Carinzia, in Austria, dove i castori sono ampiamente diffusi.

La sua storia è diventata presto nota in zona, generando una tale simpatia negli appassionati e nella popolazione locale, da fargli addirittura conquistare un nome.

Sebbene non si possa sapere se si tratti effettivamente di un maschio, il primo castoro italiano è stato infatti soprannominato Il ponta, un nome che è anche un'affettuosa dedica al faunista, ricercatore e fotografo ufficiale del Progetto Lince Italia, Renato Pontarini: indubbiamente il più grande conoscitore della vita del castoro del Tarvisio, di cui monitora quotidianamente il comportamento.

«Ho la fortuna di lavorare a pochi passi dalle sue acque e quindi passo da quelle parti regolarmente per vedere come sta – racconta a Kodami l'esperto, che parla dell'animale con tono affettuoso e divertito – Ormai ha imparato a riconoscere il mio odore. Non si spaventa più per le tracce del mio passaggio, ma rimane un animale elusivo e dalle abitudini notturne, quindi la nostra è una rispettosa conoscenza a "distanza"».

Il video del Ponta che si prende cura del suo mantello

Sono state proprio le foto trappole posizionate da Renato Pontarini a catturare, nello scorso mese di febbraio, le meravigliose immagini che ritraggono l'animale intento a prendersi cura della propria delicata pelliccia.

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«Negli anni abbiamo collezionato moltissime immagini in cui appare Il Ponta, intento a pulirsi. L'ultimo video però è particolarmente simpatico e mostra la perizia che dedica a questa attività – racconta l'esperto, che spiega come l'abitudine sia dettata dalla necessità di proteggersi dal freddo – Il castoro deve prendersi cura della sua pelliccia perché è proprio grazie all'isolamento termico e all'idrorepellenza del suo pelo se può nuotare anche in inverno sotto la superficie ghiacciata dell'acqua».

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Il mantello del castoro infatti, è uno dei più fitti dell'intero mondo animale e, a renderne ancora più efficace la protezione, è una particolare sostanza prodotta dalle ghiandole anali dei castori, chiamata castoreo, che l'animale secerne anche per comunicare con i propri simili e per marcare il territorio.

«Per loro la comunicazione è importante. Generalmente sono animali estremamente sociali e monogami che vivono raggruppati in gruppi familiari – spiega Pontarini – Inizialmente infatti, speravamo che arrivassero anche altri individui ed eravamo preoccupati per la sua solitudine. Per ora però gode di ottima salute e sembra trovarsi comunque bene ma, con il passare degli anni, purtroppo si riducono le nostre speranze che lo raggiunga una compagna o un compagno».

La reintroduzione della specie: «preferiamo sia la natura stessa a scegliere»

Per fare in modo che Il Ponta non rimanesse solo, nel primo periodo i ricercatori avevano preso in considerazione l'idea di reintrodurre altri individui, ma l'opzione è stata poi scartata, soprattutto per via delle conseguenze che potrebbe avere la presenza massiccia di questi animali nelle zone circostanti.

«Siamo convinti che esistano effettivamente situazioni in cui la reintroduzione di una specie possa essere benefica. Un esempio è il caso della lince, un animale che al contrario rischierebbe l'estinzione – afferma l'esperto – Il castoro però, è presente in maniera massiccia in molte zone delle Alpi e, più in generale in tutta Europa, non vi è quindi una vera e propria necessità di intervenire in maniera forzata nel Tarvisano».

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I ricercatori per il momento preferiscono quindi dedicarsi alla valutazione di  interventi di mitigazione dell'impatto umano mediante passaggi e passerelle nei corsi d'acqua che collegano i due paesi, in modo da facilitare l'arrivo naturale degli animali.

«Purtroppo il torrente Slizza è ricco di barriere artificiali – continua Pontarini – Questi interventi dell'uomo riducono le possibilità che un altro castoro possa raggiungere l'Italia. Se dovesse accadere, saremmo però felici e pronti a gestire la situazione attraverso interventi di prevenzione e dialogo con la popolazione».

Uomini e castori

A causare la scomparsa di questo simpatico roditore nel nostro paese, e in quasi tutto il continente, fu proprio l'uomo che uccideva i castori soprattutto per utilizzarne il castoreo nella farmacologia e nel settore della cosmetica.

La sostanza rilasciata dalle ghiandole anali del castoro veniva inoltre usata come antidolorifico, uno scopo che la medicina moderna, però, non riconosce. Al contrario ne prosegue invece l'utilizzo per la produzione di creme, lozioni e fragranze "muschiate".

Nella vicina Austria nel frattempo, il castoro è stato reinserito negli anni Settanta e, a circa 50 anni da questa decisione, le amministrazioni stanno già discutendo sulla possibilità di consentirne nuovamente gli abbattimenti.

«Gli interventi che questa specie è in grado di attuare sulle acque, possono causare inondazioni nei terreni adiacenti – spiega il ricercatore – Questa loro abitudine può quindi generare una perdita economica per gli agricoltori, favorendo così un'opinione negativa dell'animale, che ad oggi nel nostro paese è invece visto con affetto e simpatia».

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Una diga formata dal Ponta © Renato Pontarini

Una simpatia che, nella zona di Tarvisio, ha dato il via all'abitudine da parte delle famiglie, di andare a visitare l'habitat e le opere architettoniche del Ponta.

Anche lui, infatti, nel suo piccolo, è già intervenuto modificando l'ambiente che lo circonda, creando un sistema di stagni e acquitrini in cui l'acqua raggiunge anche i 150 centimetri di altezza, rispetto ai 20 di qualche anno fa.

Fino ad ora però, la Regione Friuli Venezia Giulia e i ricercatori che si occupano dell'animale, sono riusciti a fare in modo che il primo castoro italiano non rappresentasse un reale problema per gli abitanti della zona, i quali ne subiscono qualche conseguenza quando il livello dell'acqua sale eccessivamente, ma proprio grazie alle attività di dialogo e prevenzione, ne accettano la presenza.

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La presenza del castoro però, secondo un recente studio pubblicato sul Canadian Journal of Fisheries and Aquatic Sciences, non ha solo un impatto negativo sull'ambiente ma può anche favorire il naturale ripristino di preziosi ambienti naturali e aumentare la quantità di cibo e di rifugi per i pesci che abitano le stesse acque del roditore.

Gli altri castori italiani

Due anni dopo l'arrivo del Ponta, nell'ottobre 2020, anche nel vicino Alto Adige è stato avvistato un castoro solitario, giunto probabilmente dalla stessa vallata austriaca del Ponta. Nell'ultimo periodo però, l'animale ha fatto perdere di nuovo le sue tracce e, al momento, non sono più state diffuse immagini che ne testimonino la presenza.

Diversa è invece la situazione per ciò che riguarda la popolazione individuata la scorsa estate in Toscana: «In questo caso si tratta quasi certamente di individui reinseriti illegalmente dall'uomo in diverse zone della regione – spiega Pontarini – Per il momento non possiamo sapere quali saranno le conseguenze della loro presenza sull'ecosistema. Dovremo pazientare, quindi, per capirne gli sviluppi».

Per favorire la pacifica convivenza tra questa specie e gli esseri umani, secondo il ricercatore, ogni cittadino può fare la sua parte informando le autorità responsabili della fauna nella propria zona appena si dovessero individuare segnali del passaggio di questi roditori.

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«Non è difficile riconoscere gli alberi sgranocchiati e le dighe costruite dei castori – conclude l'esperto – Un'informazione rapida permette di prendere decisioni mirate per il benessere dell'animale e dell'ambiente circostante, ma favorisce anche la creazione un dialogo attivo tra le autorità responsabili e le persone che abitano la zona, e prevenire quindi i possibili conflitti».

Immagini e video ©Progetto Lince Italia – Renato Pontarini

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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