Dieci ettari incontaminati in cui addentrarsi per ammirare ben 14 tipi di castagno da frutto e 4 da legno e per poi trovare nella xiloteca, una collezione di specie legnose da ogni parte del globo, 30 essenze erboree autoctone.
È questa in breve, ma c’è molto di più, la descrizione del Castagneto didattico-sperimentale di Granaglione nel Comune di Alto Reno Terme, in provincia di Bologna. Un luogo di tale interesse da essere insignito del titolo di Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale.
Il castagneto entra così nell’elenco nazionale dei boschi dove si studia e si lavora alla conservazione della biodiversità forestale. Un riconoscimento molto importante, visto che fino a oggi, di questi centri ce ne sono solo otto.
Oltre a Granaglione, ci sono l'area di Pieve Santo Stefano in provincia di Arezzo, il Bosco Fontana a Mantova e il Peri a Verona, che sono stati i primi a ottenere il riconoscimento.
Dopodiché sono arrivati anche l'Istituto per la Protezione sostenibile delle Piante del Cnr-Isps di Torino, il Centro di ricerca foreste e legno del Crea di Arezzo, il Laboratorio Semi dell'Università di Firenze, il Centro regionale di Castanicoltura del Piemonte di Chiusa di Pesio sempre in provincia di Torino.
I centri hanno come obiettivo principale la conservazione di specie e provenienze forestali importanti per la salvaguardia della biodiversità e degli ecosistemi forestali presenti. Ma, al contempo, curano specifiche attività di studio e modalità di conservazione del germoplasma forestale, ovvero il corredo genetico di una determinata specie, di importanza scientifica e di riferimento nazionale.
Il mantenimento del Castagneto di Granaglione durante tutto l’anno è affidato alle cooperative Campeggio di Monghidoro, Beltaine e Valreno che garantiscono la produzione di farina derivata dalle castagne e le castagne essiccate ad aria trasformate in granulato per la produzione del birrificio Beltaine.
Entrando in questo ecosistema forestale unico, si troveranno aree diverse. C’è il Castagneto tradizionale, impiantato a inizio Novecento e il Castagneto monumentale, con maestose piante ben distanziate fra loro.
Poi c’è il Castagneto sperimentale da legno e quello sperimentale da frutto con dodici varietà di castagne e due varietà di marroni. Quindi c’è il Castagneto ri-naturalizzato, popolato da castagno ceduo, pino nero, pioppo, ciliegio selvatico, abete bianco, in cui è presente anche una sorgiva che termina in un invaso, e il Bosco misto ceduo dove sono presenti quercia, carpino e castagno selvatico.
Oltre all’attività principale, ce ne sono anche di collaterali: l'apicoltura per la produzione del miele di castagno e la raccolta dei prodotti del sottobosco che crescono in maniera spontanea.
Ma c'è anche l'importante progetto di ricerca avanzata “Castagni parlanti” o “Treetalker”. Grazie all’applicazione di sensori sui castagni che raccolgono e trasferiscono dati e parametri ambientali importanti, è possibile realizzare una gestione forestale più efficiente, riuscendo a misurare la quantità di CO2 assorbita e sequestrata dalla pianta, o a valutare dal colore delle foglie lo stato di stabilità dell’albero.