«Attribuiamo agli animali i nostri presunti pregi o difetti. Sembra che l'unico modo che abbiamo di relazionarci con l'alterità sia quello di cercare noi stessi nell'altro, oppure imporre all'altro quello che di noi stessi crediamo di conoscere». Sono queste le parole che Michela Murgia lascia sulla sua visione della relazione tra uomo-animale.
L'intervento è avvenuto al Festivaletteratura di Mantova nel 2022, ed è probabilmente l'ultima uscita pubblica dedicata agli animali prima della malattia. Michela Murgia è morta a Roma a 51 anni a seguito di un carcinoma renale annunciato pubblicamente nel maggio 2023. Era una persona dalle molte identità, tutte sovrapponibili e allo stesso tempo indipendenti, tanto da essere impossibile ridurla a essere soltanto scrittrice, femminista, politica, attivista, sarda e donna.
Era questo e molto di più, come dimostra la sua produzione letteraria, e anche gli interventi dedicati alla relazione che la nostra specie costruisce con gli altri animali. Non voleva piacere, ma creare crisi, cioè rotture con un ordine preconfezionato troppo striminzito per accogliere tutti. Seguendo questa linea di pensiero, Murgia ha vissuto il proprio matrimonio e la propria morte come eventi pubblici dal valore politico.
Non ha smesso di vivere prima di morire, e non ha lasciato che altri si appropriassero della sua immagine, anzi ha scelto di rendersi poco maneggevole, rendendo tutti i pezzi di sé ancora più appuntiti. Si è mostrata dopo le chemioterapie con un foulard di Valentino sul capo, rosso fuoco; ha portato in omaggio a Papa Francesco una copia del numero di Vanity Fair da lei curato e dedicato a tutte le famiglie.
E in questa narrazione che cerca di abbracciare tutte e tutti, trovano anche spazio gli animali come metafora di un'alterità che supera barriere e preconcetti tipicamente umani. Per questo ha scelto di indossare nel giorno del suo matrimonio un anello bianco con una raganella, simbolo della «queerness» che esiste in natura.
«La queerness – ha scritto Murgia – che è una pratica della soglia, accoglie il cambiamento come strutturale. Se non cambia, anzi, se pretende di non cambiare, il rapporto non è queer e nasconde al suo interno strumenti di oppressione dell’altrə. Il mutamento è la sola possibilità di sopravvivenza dell’energia vitale che ognunə di noi coltiva intimamente. Dimmi che ami quello che di me cambia di continuo e potrò continuare a darti quello che di me davvero non cambia: la voglia di sceglierti ogni giorno in modo differente, come diversa sono io ogni mattina quando apro gli occhi».
L'anfibio, è quindi da interpretare come la spia di una trasformazione continua, grazie alla sua capacità di passare attraverso la metamorfosi da fase larvale acquatica e fase adulta terrestre. Un processo che simbolicamente significa il cambiamento e la capacità di affrontare nuove situazioni nella vita senza lasciarsi ingabbiare da un unico elemento.
Murgia ha trasmesso, qualche volta imposto, la sua idea di mondo, ma non per questo si è lasciata irrigidire nel ruolo della pensatrice. Nel 2020 in una diretta dedicata proprio agli animali con l'amica e scrittrice Chiara Valerio, ha raccontato anche alcuni episodi personali legati a Susy, la Boxer che le ha fatto compagnia negli anni dell'infanzia sarda.
«Tutti i momenti brutti della mia vita li ho passati col cane», ha detto ricordando come il cane non l'abbandonasse nei momenti di gioco e delle malattie che caratterizzano l'infanzia, come forse non avrebbe fatto neanche una persona amata. «Il cane ti perdona, è la summa di tutte le virtù che io non ho».