Gli animali di grandi dimensioni sono spesso particolarmente suscettibili all'impatto delle attività umane, come il disturbo, la caccia, la pesca, ma anche allo stress dovuto ai cambiamenti climatici. Tra le varie risposte causate dall'aumento delle temperature e dall'alterazione del clima rientrano anche alcuni cambiamenti in precise direzioni di alcune caratteristiche fisiche, come le dimensioni. Un nuovo studio condotto dall’Università di St Andrews ha infatti dimostrato che anche alcuni pesci stanno diventando sempre più piccoli. I risultati di questa nuova ricerca sono stati pubblicati su iScience.
I segni del cambiamento climatico sono ormai innegabili. L'innalzamento delle temperature, la deforestazione, l'inquinamento e altre influenze antropiche hanno già causato danni significativi all'ambiente e alla biodiversità. Tuttavia, alcuni di questi effetti sono più visibili di altri. Un gruppo di ricercatori ha condotto un'analisi sui dati provenienti da studi condotti in tutto il mondo nell'arco degli ultimi 60 anni, concentrandosi sugli animali e sulle piante.
Ciò ha portato alla scoperta di diversi cambiamenti fisici sostanziali in alcuni organismi. Ad esempio, ricerche precedenti hanno evidenziato una diminuzione delle dimensioni dei pesci coinvolti nelle competizioni per la pesca, e che ad essere maggiormente minacciate sono soprattutto le specie di grandi dimensioni.
Il cambiamento climatico danneggia i parassiti, ma questo non è un bene
Inoltre, è emerso che questi cambiamenti nelle dimensioni corporee sono il risultato sia della graduale riduzione degli individui della stessa specie, sia della sostituzione di animali più grandi a vantaggio di quelli di dimensioni minori. Ad esempio, in alcune località si sta osservando una diminuzione delle dimensioni degli individui di razza spinosa (Leucoraja fullonica), allo stesso tempo però specie più piccole come lo sgombro (Scomber scombrus) stanno diventando sempre più abbondanti.
La dottoressa Inês Martins dell'Università di St Andrews afferma: «Che sia dovuto alle preferenze alimentari dell'essere umano o all surriscaldamento degli habitat, i pesci di grandi dimensioni stanno affrontando una sfida insormontabile nel cercare di stabilizzarsi». Data la situazione attuale, i ricercatori ritengono che quando i grandi organismi scompaiono, altri cercano di "sostituirli" e di sfruttare rapidamente le risorse che diventano improvvisamente accessibili. La ricerca ha inoltre evidenziato che questa sostituzione non sembra avvenire però in modo casuale, poiché i grandi organismi vengono rimpiazzati da numerosi animali più piccoli.
Questo processo contribuisce a mantenere stabile la "quantità totale di vita" nell'ecosistema, ossia la biomassa, e suggerisce che gli ecosistemi tendano a in qualche modo a compensare il cambiamento mantenendo costante la quantità complessiva di energia in un determinato habitat. Tale stabilità è però il risultato di un compromesso tra la riduzione delle dimensioni corporee e un contemporaneo aumento dell'abbondanza di organismi più piccoli.
Questi risultati hanno profonde implicazioni per la nostra comprensione di come gli organismi stiano affrontando le sfide dell'Antropocene, l'era dominata dalle attività umane. «Il nostro studio mette in evidenza quanto sia cruciale considerare i cambiamenti nelle caratteristiche delle specie, sia a livello individuale che tra le specie, se desideriamo comprendere appieno gli impatti del cambiamento climatico e delle influenze umane sulla biodiversità a livello globale», afferma la dott.ssa Franziska Schrodt, co-responsabile del gruppo di lavoro presso l'Università di Nottingham. «Purtroppo, al momento abbiamo a disposizione dati completi solo per un numero limitato di organismi, escludendo molte altre specie al di fuori del contesto ittico. Il futuro della ricerca trarrà vantaggio da investimenti maggiori in questo tipo di misurazioni, soprattutto quando si esplorano le reti alimentari e le interazioni tra diverse specie».