I calamari magnapinna sono un gruppo molto particolare di cefalopodi, che sono stati raramente avvistati dall'uomo. Sono stati inseriti all'intero della famiglia Magnapinnidae e al genere Magnapinna, ma per la loro particolare forma sono stati per anni considerati come un gruppo separati di calamari.
Il loro nome deriva dalla notevole lunghezza delle loro pinne, che possono arrivare a coprire il 90% del mantello, che ad alcuni studiosi hanno ricordato delle ali. I primi avvistamenti di questi animali vennero invece effettuati al largo nelle Azzorre, agli inizi del Novecento, quando alcuni resti danneggiati vennero pescati da alcune navi di passaggio.
Questi animali sono conosciuti principalmente per i loro esemplari allo stadio larvale o in fase di maturazione, mentre non sono mai stati osservati degli esemplari adulti. Ciò impedisce agli scienziati di avere una sistematica ordinata delle specie o di definire le caratteristiche principali del loro genere o del loro ciclo vitale.
Chi è il calamaro magnapinna?
I magnapinna dispongono di braccia e tentacoli della stessa lunghezza, che può variare a secondo della popolazione e della specie. In media tuttavia i tentacoli di questi calamari misurano una lunghezza 15-20 volte superiore la lunghezza del mantello, con gli esemplari più grandi possono misurare gli 8 metri di lunghezza. Le pinne sono invece estremamente grandi, tanto da coprire buona parte del mantello.
Non presentano un colore molto intenso, visto che la loro superficie presenta una pigmentazione rosa pallido tendente al grigio. Ciò potrebbe essere dovuto al loro ambiente nativo, le profondità oceaniche, in cui la vista non viene molto sfruttata per comunicare.
Questo animale ha inoltre l'abitudine di tenere le braccia perpendicolarmente al suo corpo, forse per non ostacolarsi nei movimenti o per consentire alle prede di raggiungere direttamente la sua preda.
Dove vive e di cosa si nutre?
Considerando l'habitat tipico di questi molluschi – i fondali oceanici – gli scienziati hanno delle serie difficoltà nel descrivere queste specie.
Buona parte degli avvistamenti sono avvenuti successivamente al 1988 e sono avvenuti nell'Atlantico meridionale. Nel settembre di quell'anno, infatti, l'equipaggio del sommergibile "Nautile" trovò un suo esemplare al largo delle coste settentrionali del Brasile, a una profondità di 4 735 metri, mentre qualche anno più tardi altri avvistamenti avvennero al largo delle coste del Ghana e del Senegal, sempre a migliaia di km di profondità sotto la superficie dell'oceano.
Il primo esemplare non atlantico venne avvistato nel novembre del 1998 dal sommergibile giapponese "Shinkai 6500", che stava effettuando una missione esplorativa al largo dell'Oceano Indiano, mentre altri esemplari furono filmati nel gennaio del 2020 all'interno del Golfo del Messico e alle Hawaii.
Alcuni Magnapinna sono stati invece osservati nella Grande Baia Australiana, tra il 2015 e il 2017, dimostrando che questo gruppo è presente anche nell'Oceano Pacifico. Presenza confermata recentemente anche da un video diffuso dalla spedizione Tonga Trench Expedition 2024, effettuata dalla Minderoo-UWA Deep-Sea Research Centre e del gruppo Inkfish, che ha il compito di mappare e studiare la Fossa di Tonga.
Nessun esemplare è stato invece mai avvistato all'interno del Mediterraneo e del Mar Rosso.
Ci sono anche molti dubbi relativamente alle modalità di alimentazioni di questi animali. Non si sa infatti se le lunghe braccia vengono usate come appendici con cui catturare eventuali prede o se hanno altri scopi. Non si sa neppure se i Magnapinna trascinano le braccia e i tentacoli sul fondale marino, alla ricerca di eventuali organismi. Secondo alcuni studiosi (Roger T. Hanlon) questi cefalopodi si nutrono però esclusivamente di plancton, usando le braccia e le pinne solo per produrre delle correnti con cui indirizzare i microrganismi verso la loro bocca.
Le ragioni per cui gli scienziati hanno delle difficoltà a studiare questa specie sono semplici: vivendo negli abissi oceanici, bisogna compiere enorme sforzi economici per monitorare le sue popolazioni, tramite l'utilizzo di ROV e sommergibili. Inoltre è molto difficile che un animale abissale raggiunga la costa, grazie a uno spiaggiamento, visto che sopraggiunta la morte molti di questi organismi cadono velocemente verso il fondale, seguendo le correnti e la gravità.
I Magnapinna non sono tuttavia le uniche specie particolari tra i calamari. Anche i calamari maialini, appartenenti alla specie Helicocranchia pfefferi, presentano forme bizzarre, sono molto rari e difficili da avvistare.