Il bufalo del Capo (Syncerus caffer), anche noto come bufalo africano o bufalo nero, è un ungulato di grandi dimensioni diffuso in Africa centro meridionale e caratterizzato da corna particolarmente grandi. La sottospecie più grande è Syncerus caffer caffer, diffusa in Africa Sud orientale e anche nota con il nome di bufalo cafro.
Nel 2018 la IUCN ha aggiunto il bufalo africano alla lista delle specie prossime alla minaccia (Near threatened) e, secondo i ricercatori dell'Antelope Specialist Group tra gli aspetti che condizionano negativamente la conservazione della specie vi sono il bracconaggio, la frammentazione dell'habitat e la crisi climatica, che sta causando eventi di prolungata siccità all'interno dell'areale di diffusione.
Come è fatto il bufalo del capo
Il bufalo del capo è un ungulato di grandi dimensioni, caratterizzato da una corporatura solida. Le corna sono piuttosto pesanti, hanno una forma arrotondata che punta verso l'alto e sono presenti in entrambi i sessi. Il dimorfismo sessuale è evidente, in quanto i maschi raggiungono dimensioni maggiori e hanno una gobba nella zona del collo. Possono inoltre presentare una giogaia sotto il mento e altre pieghe cutanee. Le corna delle femmine, pur restando di grandi dimensioni, sono più sottili.
La sottospecie più grande è Syncerus caffer caffer (anche detta bufalo cufro o bufalo nero), i cui maschi possono pesare oltre 800 chili (le femmine circa 500 kg) e le corna possono arrivare ad un'ampiezza di 130 centimetri. La sottospecie più piccola, invece, è Syncerus caffer nanus, i cui individui adulti non superano i 320 chili e un'altezza di 105 cm. Questo bufalo si distingue anche per il fatto che le corna puntano verso il posteriore.
Secondo quanto pubblicato dall'Università del Michigan, sul sito del Museo di Zoologia, vi è una relazione tra le dimensioni dell'animale e l'abbondanza di risorse alimentari nella zona.
Gli individui di S. c. caffer sono tipicamente di colore marrone scuro/nero. S. c. nanus presenta invece generalmente un mantello rosso. Le altre sottospecie di bufalo del capo hanno spesso colorazioni intermedie tra il marrone chiaro e il marrone scuro, ma questo aspetto varia non solo in base alla sottospecie di appartenenza, ma anche da mandria a mandria.
Alcuni confondono il bufalo del Capo con il bisonte (Bison bison) il quale è però dotato di corna molto più piccole e, inoltre, vive dall'altra parte del mondo, ovvero nelle pianure del Nord America.
Habitat e distribuzione
La specie è diffusa in un'ampia gamma di paesi africani del centro – Sud del continente. Dalla Costa d'Avorio, il Ghana, la Guinea – Bissau, la LIberia e la Sierra Leone (a Nord Ovest dell'areale di diffusione) è possibile incontrarli fino allo Zambia, al Sud Africa, lo Zimbabwe e il Mozambico. Verso Est, invece, i bufali del Capo si trovano in Etiopia, Kenya, Malawi, Sudan e Sud Sudan. La specie viene invece considerata estinta in Eritrea, Gambia e Lesotho.
Può vivere a partire dal livello del mare fino a circa 4000 metri e, secondo quanto riportato da IUCN la popolazione mondiale raggiunge un numero approssimativo di 398/401 mila individui adulti. Questo numero, però è in continuo calo. Nel periodo compreso tra il 1999 e il 2014, ad esempio, è stato rilevato un calo complessivo del 18% e la sottospecie S. c. aequinoctialis è diminuita addirittura del 23%.
Alimentazione
Il bufalo del Capo è una specie ruminante che dedica la maggior parte del tempo ad alimentarsi. Predilige le specie di piante del genere Themeda. A determinare la quantità di tempo dedicata al nutrimento vi è il fattore stagionale e non solo. Ad obbligare il bufalo del Capo a interrompere questa attività può infatti anche essere la pressione predatoria.
Questa specie può essere vittima degli attacchi di leoni (Panthera leo), leopardi (Panthera pardus), iene maculate (Crocuta crocuta) e cani selvatici africani (Licaon pictus).
Comportamento
I bufali africani sono animali sociali che si riuniscono in mandrie dal numero estremamente variabile (da pochi individui a oltre mille, in particolare nell'area del Serengeti). Alcune mandrie sono di sesso ed età mista ed altre sono invece composte solo da maschi.
Le mandrie miste sono composte principalmente da femmine adulte accompagnate da piccoli e individui subadulti (dai 3 ai 5 anni), oltre ad alcuni maschi adulti. Le mandrie di soli maschi sono più piccole e sono composte in particolar modo, da soggetti anziani.
Il bufalo africano ha una relazione mutualistica con la bufaga dal beccorosso e la bufaga dal becco giallo. Entrambi questi volatili si nutrono dei parassiti esterni che si trovano sul corpo dei grandi ungulati.
La vita in natura può durare fino a 22 anni e la causa più comune di morte è la malattia, seguita dalla predazione da parte dei leoni.
Il bufalo del capo e l'uomo
I bufali del Capo vengono purtroppo spesso uccisi nelle attività di caccia al trofeo per via delle loro enormi corna. Questi grandi ungulati, però, vengono uccisi anche per l'utilizzo della carne e per le pelli.
In alcuni territori la caccia avviene in maniera legale, ma vi sono ancora moltissime situazioni in cui il bufalo del Capo viene ucciso illegalmente.
La specie è inoltre minacciata dalla perdita dell'habitat, dovuta all'espansione degli insediamenti umani e al disboscamento.
Questi grandi ungulati sono estremamente sensibili alla siccità, che alla fine degli anni ’60 ha causato un declino di alcune popolazioni di bufali del Capo nel Sahel. Lo stesso è accaduto anche durante gli anni ’90 nello Tsavo, nel Serengeti/Mara, Gonarezhou e nella zona del Parco Naturale di Kruger.
Sono inoltre suscettibili a una serie di malattie infettive. Il collasso più grave delle popolazioni di questa specie avvenne durante la grande epidemia di peste bovina del 1890, che, unita anche a numerosi casi di pleuropolmonite, causò un numero elevato decessi e, in alcune zone dell'areale la percentuale di morti ha raggiunto il 95% del totale. La peste bovina è stata dichiarata "eradicata" in Africa solo nel 2011.
Alcuni lo definiscono come l'animale più aggressivo tra i big five (ovvero i 5 animali più grandi del continente africano), in quanto attacca (fino ad una velocità di oltre 40 kmh) ciò che viene riconosciuto come una minaccia. Per questo motivo, viene considerato pericoloso anche per l'uomo.