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14 Febbraio 2023
16:36

Iguanodonte, il primo dinosauro erbivoro scoperto dalla scienza

L'Iguanodonte è stato uno dei più diffusi dinosauri erbivori vissuti durante il periodo Cretaceo, in Europa e in Nord America. Fu scoperto nel 1822 dal Dottor Gideon Mantell, che trovò i primi denti fossili nella foresta di Tilgate, nel Sussex.

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L'iguanodonte è stato uno dei più diffusi dinosauri erbivori che visse in Europa e in Nord America durante il periodo Cretaceo ed è noto per essere stato il primo dinosauro erbivoro ad essere stato descritto dalla scienza, divenendo difatti una delle prime creature ad essere stata studiata dalla moderna paleontologia. Il suo nome significa "animale con i denti di iguana", poiché la caratteristica principale che colpì i paleontologi al momento della sua scoperta fu la somiglianza dei suoi denti con quelli della comune iguana verde (Iguana iguana). Successivamente i paleontologi avrebbero scoperto però che la struttura della bocca di questa specie in realtà non era davvero così simile a quella di una iguana, ma il nome scientifico gli è rimasto, poiché le regole tassonomiche prevedono che il nome scientifico non può essere cambiato.

Oggi i suoi fossili possono essere trovati in Belgio, in Inghilterra e in Spagna, tutti risalenti a circa 126-125 milioni di anni fa, anche se alcuni ricercatori sostengono che possono trovarsi anche in altre regioni più continentali dell'Europa, all'interno di sedimenti risalenti ad altre epoche. Nel resto del mondo d'altronde sono stati trovate e descritte molte specie simili a Iguanodon, con cui queste sono imparentate. Alcune risalgono alla fine del Giurassico mentre altri provengono dal Cretaceo superiore.

Iguanodon risulta essere comunque la specie più conosciuta e apprezzata, anche perché ha accompagnato la storia della paleontologia per oltre due secoli. Proprio nel 2022, infatti, sono stati celebrati i duecento anni dalla scoperta del primo esemplare, negli strati conservati della foresta di Tilgate di Cuckfield, in Sussex. Questi reperti inglesi, che dal 1822 hanno guidato gli studi di tantissimi di naturalisti e paleontologi, sono gli stessi che aiutarono anche Darwin nel formulare la sua teoria dell'evoluzione per selezione naturale. Di fatto, prima della scoperta dell'iguanodonte, la scienza aveva descritto e studiato solo un'altra tipologia di dinosauro, dal nome Megalosaurus, e dunque risulta normale che questa specie diventò centrale per l'apparato accademico e gli studi dell'epoca.

Il genere Iguanodon fu comunque istituito solo qualche anno dopo il ritrovamento del primo fossile, ovvero nel 1825, dal noto geologo inglese Gideon Mantell. Oggi gli scheletri su cui Mantell lavorò sono stati assegnati da studi successivi a differenti specie, per esattezza a Therosaurus e Mantellodon. Entrambe però presentano caratteristiche generali che li rendono praticamente indistinguibili ad un occhio inesperto all'iconografia classica dell'iguanodonte.

Com'era fatto l'Iguanodonte?

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Uno scheletro di Iguanodonte conservato al Museo di Brema

L'iguanodonte era un animale di medie-grandi dimensioni, che aveva una lunghezza che andava dai 5 ai 10 metri per 4 tonnellate di peso. Questo lo rendeva più pesante di un attuale elefante africano e su due zampe poteva raggiungere anche i 5 metri di altezza, assumendo una posa che a molti paleontologi ha ricordato quella di un pugile.

Una delle sue armi principali, infatti, era disposta sopra l'ultima falange del pollice di entrambi gli arti superiori. Qui infatti l'animale disponeva di un potente e lungo artiglio, dalla forma conica, che ricorda molto un punteruolo. Alcuni esemplari avevano addirittura a disposizione due artigli lungi 10-12,5 cm, anche se i paleontologi non sono del tutto convinti che queste armi potessero rendere l'iguanodonte un animale capace di affrontare un predatore di notevoli dimensioni. Alcuni infatti sostengono che questo pollice armato potesse essere invece utile nel raschiare il terreno alla ricerca di cibo o che potesse essere utilizzato durante la stagione degli amori dai maschi in piccoli combattimenti decisivi per il controllo delle femmine. Di certo poteva divenire uno strumento di offesa perfetto per intimorire predatori di piccole dimensioni. Tuttavia chi ama i dinosauri sa che sono esistiti tanti altri erbivori dotati di armi ben più minacciose o pericolose, l'anchilosauro e lo stegosauro fra tutti.

Piccola curiosità: durante l'Ottocento alcuni artisti ricostruirono l'animale in maniera errata, ponendo l'artiglio del primo dito della mano sulla punta del naso o sul mento, come se fossero delle piccole corna. Per questa ragione oggi è possibile vedere delle ricostruzioni sbagliate presso i giardini del Crystal Palace di Londra, in cui gli iguanodonti sembrano una fusione vintage fra i vecchi draghi medioevali e le iguane dei giardini zoologici.

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I celebri Iguanodonti del Cristal Palace conservano gli errori anatomici che commisero gli artisti di fine Ottocento

Tra le altre particolarità anatomiche che hanno reso celebre questa specie, abbiamo le mascelle articolate. L'Iguanodonte infatti fu tra i primi vertebrati ad evolversi di cui abbiamo la certezza che fosse in grado di masticare. O meglio, sappiamo che usava i suoi denti anteriori per tagliare i vegetali, come una cesoia, e che era capace nel triturarli in maniera approssimativa nella porzione posteriore della bocca, con denti simili a moderni molari.

Sappiamo inoltre che il suo cranio era robusto e adattato a ruminare per ore, come il cranio degli attuali erbivori. Era infatti strutturato in modo tale che da chiuso i denti della mascella sfregassero contro quelli della mandibola e che durante la masticazione le due superfici fossero in grado di macinare perfettamente i vegetali. Per questa ragione si presuppone che l'animale fosse in grado di sostituire i suoi denti durante l'intero corso della sua vita.

A differenziarlo del tutto però dalle attuali iguane era la presenza di un becco ricoperto di cheratina, posto sulla punta del muso. Questo becco era utile secondo alcuni paleontologi nel tagliare "di netto" la superficie delle foglie e dei vegetali che l'animale ingurgitava, e che raggiungevano il peso di 300 kg al giorno, secondo alcune stime.

Al garrese invece era alto 3 metri e disponeva di una tipica gobba che lo contraddistingueva da altri dinosauri dalla forma simile.

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Cosa mangiava l'iguanodonte?

Gli studiosi non sono mai stati molto d'accordo sulle modalità della sua alimentazione e sul cibo che l'animale preferiva. Mantell suggerì per esempio che l'iguanodonte avesse la capacità di estrarre la lingua prensile per tirare a sé i rami più bassi delle conifere e raccogliere così il cibo, in maniera similare alle attuali giraffe.  Successive ricerche però hanno smentito questa ipotesi, in quanto non è mai stato trovato un osso ioide – che ha il colpito di sostenere la lingua – che permettesse questa azione. Probabilmente la specie disponeva di una lingua particolarmente muscolosa che invece veniva usata per spostare il cibo all'intorno della bocca.

Di certo le specie che l'iguanodonte poteva sfruttare per alimentarsi non erano molto diverse da quelle che venivano predate da altri erbivori come i sauropodi. Si trattava di una dieta composta principalmente da equiseti, cycas e molte conifere, anche se durante il cretaceo superiore è possibile che si siano anche alimentate di alcune angiosperme più evolute e dell'erba.  Esiste perfino un'ipotesi paleobotanica che prevede come l'evoluzione delle angiosperme sarebbe stata favorita sì dalla comparsa dei primi insetti impollinatori, ma anche dall'alimentazione degli iguanodonti.

Questi animali infatti avrebbero creato tramite la loro famelica bocca nuovi spazi e areali resi disponibili all'angiosperme, che avrebbero altrimenti avuto maggiori difficoltà nel diffondersi nel pianeta a seguito della perenne lotta con le gimnosperme, di cui gli iguanodonti erano ghiotti.

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Comportamento e abitudini

Come detto, sappiamo che gli Iguanodonti erano capaci di correre e di stazionare su due zampe, ma in generale, seguendo anche le numerose orme che hanno lasciato insieme a molti altri adrosauri (i dinosauri noti per il riconoscibile becco ad anatra), i paleontologi sono convinti che per la maggior parte del tempo si muovessero su quattro zampe.

Sempre grazie alle loro orme che hanno lasciato sulle antiche spiagge bagnate da un giovane Oceano Atlantico, sappiamo anche che la loro specie era gregaria. Formavano dunque dei gruppi, almeno durante alcuni mesi dell'anno, in cui enormi branchi migravano per raggiungere i siti di nidificazione o di riproduzione.

Proprio nel tentativo di immaginare come questi enormi gruppi si spostavano lungo i percorsi di migrazioni, alcuni paleontologi hanno sostenuto che ogni individuo avesse un determinato compito durante il lungo viaggio. Anche se infatti non sappiamo se questi animali erano più simili agli elefanti, che si spostano in famiglia, o agli gnu, che si spostano in massa con centinaia di altri esemplari privi di parentela, si presuppone che alcuni individui si comportassero da sentinelle, nel tentativo di scorgere i predatori, altri da apripista e altri ancora da guardiani ne confronti dei piccoli.

Questa supposizione, per quanto fantasiosa, ha preso in esame gli attuali erbivori viventi ed è stata quella che è stata adottata, anche con alcune critiche, da parte di molti documentari e dai produttori del film Disney "Dinosauri", che vede come protagonisti una famiglia di iguanodonti. Sicuramente, affermano gli scienziati, qualche iguanodonte adulto era solito vivere da solo, magari in determinate fasi del proprio ciclo vitale, considerando però che questa specie conviveva con pericolosi predatori, capaci di uccidere un adulto con un semplice morso, è difficile non immaginare come l'evoluzione abbia spinto questi animali nel dotarsi di tutte le strategie sociali utili per la sopravvivenza.

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Di difficile comprensione è invece il comportamento sessuale di questi animali. A differenza infatti di altre specie d'iguanodontidi, Iguanodon non era dotato di dimorfismo sessuale. Questo non ci permette di capire come i maschi entrassero in competizione per la scelta delle femmine. Forse, come sostenuto da alcuni, i giovani tentavano di accaparrarsi il diritto di accoppiarsi tramite degli scontri in cui il lungo artiglio del pollice era utile, ma il "pugilato" proposto da alcuni modelli non ha soddisfatto tutti i paleontologi. Secondo molti infatti usare quest'arma sarebbe stato parecchio difficile, col rischio di ferirsi a propria volta in un incontro ravvicinato. Proprio per questa ragione alcuni critici sostengono che gli artigli venissero usati solo come estrema ratio nei momenti di maggiore pericolo.

Sembra invece confermato il rapporto parentale fra gli adulti e i loro piccoli. I paleontologi hanno infatti trovato alcuni nidi aperti di iguanodontidi, che fanno pensare ad un coinvolgimento duraturo tra genitori e figli in tutte le specie appartenenti a questo gruppo. Non sappiamo quanto lungo possa essere stato l'accudimento dei piccoli e la cova delle uova, ma questi animali hanno di certo cresciuto i loro piccoli almeno per qualche mese, per poi inserirli all'interno della loro società una volta divenuti più grandi e capaci di compiere lunghi viaggi.

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Storia della scoperta

Il racconto della scoperta dell'iguanodonte è avvolta in parte nella leggenda. Si narra che la moglie di Gideon Mantell, Mary Ann, scoprì i primi denti della specie per puro caso, semi sepolti negli strati della foresta di Tilgate. In quel momento Gideon e la moglie erano in viaggio per far visita a un paziente, poiché la vera professione di Mantell era quella di medico di campagna, e fu un colpo di fortuna a spingere gli occhi di Mary verso quei primi fossili.

La paleontologia e la geologia erano inoltre solo una passione per la coppia, che non avrebbe potuto garantirsi i soldi sufficienti per pagare l'affitto di casa, qualora avessero deciso di dedicarcisi a tempo pieno. Al tempo infatti non esistevano corsi di laurea specialistici in Inghilterra che approfondissero molto tali discipline e le scienze naturali invero erano ancora molto poco considerate dagli stessi ambienti accademici, tanto che chi si definiva "filosofo naturale" senza coltivare altre nobili arti come la medicina, la teologia o l'astronomia spesso veniva ridicolizzato e schernito.

Ad ogni modo, non esiste alcuna prova che testimonia la veridicità di questa storia e come sia realmente avvenuto il viaggio presso Tilgate dei Mantell. Inoltre, successivamente – di preciso nel 1851 – fu lo stesso Mantell in una lettera a dichiarare di aver trovato lui stesso i denti. Ma per quanto nei due secoli di storia che ci separano da quel giorno siano esistiti molti critici a diffidare del medico inglese, è pur vero che dai suoi diari gli storici son giunti a conoscenza che la coppia fosse venuta a sapere della presenza di grandi ossa fossili nei pressi del sito di Tilgate a partire dal 1821. Ovvero un anno prima il presunto ritrovamento.

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I coniugi Mantell

Nel mese di maggio del 1822, Mantell comunque mostrò per la prima volta i denti che aveva personalmente ripulito alla Royal Society di Londra.Purtroppo per lui però la presentazione fu un completo fiasco. Nessuno dei membri lì riuniti infatti sembrò dare fiducia a Mantell e alcuni – tra cui lo scopritore del Megalosauro, William Buckland – lo invitarono a concludere velocemente il suo intervento, identificando i suoi resti come appartenenti ad un pesce o una specie di rinoceronte pleistocenico, molto più recente.

Mantell per nostra fortuna non demorse. Dopo aver assistito al successo dello stesso Buckland, celebrato da tutti dopo aver scoperto e identificato il Megalosauro nel 1824, il medico inglese infatti visitò il Royal College of Surgeons, dove incontrò la prima persona che insieme a sue moglie sembrò credere alle sue parole: Samuel Stutchbury, che di professione faceva l'assistente e il curatore della collezione paleontologica dell'ente. Fu lui a suggerire a Mantell che la specie che aveva lasciato come tracce quei denti potesse essere un antico rettile simile ad un iguana, spingendolo nelle sue ricerche.

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Antica rappresentazione di un iguanodonte

Nel Dicembre dello stesso anno, Mantell, per quanto schernito a livello nazionale, inviò una lettera dove presentava l'Iguanodonte, finalmente dotato di un nome, presso una piccola realtà locale: la Società Filosofica di Portsmouth. I partecipanti di questo gruppo accolsero tiepidamente la notizia, ma almeno accolsero Mantell e non lo accusarono di aver sbagliato interpretazione del fossile, tanto che lo convinsero a scrivere nuovamente alla Royal Society, dove pubblicò definitivamente i risultati dei suoi studi il 10 febbraio 1825.

Sfortunatamente Mantell non poté godere molte gioie, di seguito a questa pubblicazione. L'intero arco della sua vita fu infatti contraddistinto da lotte, scontri accademici – i più importanti furono con Buckland e Richard Owen, importante paleontologo che tentò in ogni modo di sminuirlo – lutti e povertà che lo portarono a subire pesanti problemi fisici. Tanto che al momento della morte, avvenuta nel 1852, furono in pochissimi i paleontologi ad attribuirgli i meriti che meritava.

Eppure il lavoro e il ricordo di Mantell rimase vivo, proprio grazie ai reperti che scoprì e ai disegni che sua moglie – grandissima artista – aveva personalmente disegnato, per accompagnare le pubblicazioni delle sue scoperte.

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Alcuni disegni usati da Mary Ann per accompagnare le scoperte del marito negli articoli scientifici sono un esempio ancora valido di arte prestata alla scienza

Furono infatti proprio quei reperti e quei disegni ad ispirare una nuova generazione di paleontologi inglesi ed americani, tra cui c'era lo stesso Darwin. Ed insieme i coniugi Mantell vengono riconosciuti dalla scienza come i genitori della paleontologia moderna e dell'iconografia scientifica.

Tra le tante scoperte successive alla morte di Mantell però c'è ne è stata una che ha cambiato completamente le nostre conoscenze sulla specie. Si verificò il 28 febbraio 1878, in una miniera di carbone a Bernissart in Belgio. In questo ritrovamento, i minatori riuscirono infatti a portare alla luce ben 38 individui di Iguanodon, quasi tutti adulti. Uno di questi divenne il dinosauro più apprezzato dell'intero Ottocento e fu tra i primi ad esseri esposti tramite montaggio delle ossa in un museo.

La specie scoperta in Belgio fu chiamata I. bernissartensis ed attualmente è esposto dal 1891 presso il Royal Belgian Institute of Natural Sciences di Bruxelles. 

Tale tipologia di presentazione pubblica piacque così tanto ai visitatori che tutti gli altri musei del mondo, da quelli francesi a quelli anglofoni, furono costretti subito a rispolverare i loro ritrovamenti, cercando di esporre i fossili di dinosauri in pose realistiche, ma spettacolari. Prima infatti le ossa venivano esposte "poggiate" presso delle superfici e solo i crani tendevano ad essere articolarti nel montaggio, per permettere ai turisti e agli studiosi di capire la grandezza degli animali. Con gli iguanodonti belgi invece cambiò proprio lo stile di divulgazione, che portò però a delle conseguenze "nefaste".

Buona parte infatti degli scheletri allora montati avevano ossa di differenti animali, anche molto distanti evolutivamente parlando fra di loro, e spesso le specie venivano volontariamente collocate in posizioni innaturali, per aumentare il pathos del pubblico.

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L’esemplare oggi esposto a Bruxelles mantiene gli errori di postura, per ragioni storiche

Ad oggi, sono moltissime le specie di iguanodontidi scoperte e descritte. Sono però solo due quelle finora ancora considerate valide: la specie belga I. bernissartensis eI. galvensis, trovata in Spagna. Le altre specie che erano state tuttavia definite appartenenti allo stesso genere, tra cui la stessa specie di Mantell e le altre scoperte di seguito – che raccolgono una ventina di animali differenti – sono stati invece riassegnate ad altri generi, per quanto rimangono comunque molto simili fra di loro e a I. bernissartensis.

Alcune curiosità sull'iguanodonte

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L'iguanodonte è protagonista di diversi film, come "Dinosauri" del 2000, e anche del romanzo di Sir Arthur Conan Doyle "Il mondo perduto" del 1912.

Alcune specie simili sono presenti all'interno della serie di documentari della BBC "Nel mondo dei Dinosauri" del 1999, nella saga de "Alla ricerca della valle incantata" e nel franchise di Jurassic Park. Compare anche nel romanzo di Bob Bakker Raptor Red (1995), dove è una frequente preda degli Utahraptor.

Per quanto riguarda l'astronomia, alcuni astronomi appassionati di paleontologia hanno nominato una fascia principale di asteroidi 9941 Iguanodon in onore del ricordo di Mantell e del genere.

Infine alcuni reperti attribuiti alla specie belga presentano delle fratture all'altezza dell'anca. L'animale sopravvisse alla frattura per qualche mese, morendo poi di seguito ad un'infezione. In altri due individui anziani sono stati inoltre osservati chiari segni di artrosi. Questo ha permesso di chiarire agli scienziati che alcuni individui di questa specie erano in grado di sopravvivere molto a lungo, anche più di quanto previsto secondo i modelli attualmente considerati come validi.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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