«Somiglia a una patata satanica», così James Maclaine, curatore della collezione di pesci del Museo di Storia Naturale di Londra, definisce scherzosamente i pesci della famiglia Himantolophidae. Proprio a questa famiglia appartiene quella che lo stesso Maclaine definisce come una possibile nuova specie ritrovata durante una spedizione del progetto "Blue Belt", che si occupa di proteggere la biodiversità di ecosistemi ex territori coloniali del Regno Unito.
Infatti, l'epoca colonialista ha portato con se un'espansione territoriale incredibile da parte di nazioni che da un momento all'altro hanno dovuto fare i conti non solo con nuove popolazioni e culture, ma anche nuovi ecosistemi mai visti prima. Decenni dopo questi territori ricadono sotto la giurisdizione di un paese lontano che ha abbandonato ormai da tempo le mire espansionistiche e si dedica a fondo alla conservazione di specie animali e vegetali che si trovano lì.
Parliamo, ad esempio, dei territori d'oltremare del Regno Unito che ospitano circa il 90% della biodiversità del paese con una vasta gamma di specie uniche e in via di estinzione, alcune delle quali non si trovano altrove sulla Terra. Ecco dunque che entra in gioco il programma Blue Belt, progetto finanziato dal governo britannico per affrontare i gravi problemi che insistono in quelle zone come la pesca eccessiva, l'estinzione delle specie e il cambiamento climatico. Per questo scopo ha costruito diverse basi di ricerca e varato numerose navi di esplorazione che ogni anno riportano in UK nuove scoperte.
La specie in questione è stata avvistata proprio durante una di queste spedizioni al largo dell'Isola di Sant'Elena nell'oceano Atlantico centro-meridionale. Il curatore del museo ha rilasciato alcune indiscrezioni su delle immagini inviate da una nave in spedizione, pubblicando delle foto su Twitter di un bizzarro pesce ritrovato in missione. A tutti gli effetti guardando l'animale sembra di osservare una rana pescatrice.
Un esemplare giovane, nero come la pece e delle dimensioni di una pallina da golf. Maclaine si è reso conto dell'insolito aspetto del pesce e una cosa in particolare ha attirato la sua attenzione: un'esca piuttosto elaborata che sporge su un peduncolo sopra al suo capo, un organo che assomiglia a un piccolo mazzo di fiori. Questa caratteristica è nota solo nelle specie appartenenti agli Himantolophidae e visto che nessuna di queste somiglia al pesce fotografato in spedizione, il curatore ha ipotizzato potesse trattarsi di una specie del tutto nuova alla scienza.
«L'esemplare più bello della nottata tuttavia è stato questa bellezza assoluta – scrive in un tweet il curatore de museo riferendosi a diverse specie rinvenute durante una notte di ricerca da alcuni studiosi – Non sono sicuro esattamente di che specie si tratti. Credo che i puntini bianchi siano pori sensoriali per individuare le prede».
Tra gli aspetti più affascinanti e bizzarri di questa specie, e dell'intera famiglia di pesci, c'è sicuramente il dimorfismo sessuale portato all'estremo. Le femmine sono enormemente più grandi dei maschi, possiedono un corpo globoso decorato con tubercoli ossei e spine, simile a quello di un pesce palla, e sono attrezzate di spaventosi e lunghi denti aguzzi.
I maschi misurano invece appena qualche centimetro, possiedono un corpo più allungato e affusolato e hanno praticamente il solo compito di fornire gameti riproduttivi alle femmine. In alcune specie di lofiformi il maschio è diventato talmente "inutile" che si attacca come un parassita al corpo della femmina, che se lo porta dietro come fosse una borsetta di spermatozoi, da usare a piacimento quando è arrivato il momento di dare alla luce i piccoli.
Un'altra bizzarria da fantascienza è la curiosa appendice tentacolare presente sulla testa delle femmine: l'illicio. Questa antenna mobile attaccata alla fronte è una vera e propria "canna da pesca luminosa", che le femmine utilizzato per catturare pesci e altre prede nel buio degli abissi. L'estremità dell'illicio in alcune specie emette infatti una luce naturale generata da batteri simbionti, simile alla bioluminescenza delle lucciole, che viene utilizzata per attirare nel buio le ignare prede curiose che la scambiano per cibo.
Questo insolito ritrovamento ci ha permesso di conoscere un po' più da vicino una famiglia di creature fra le più misteriose e affascinanti dei nostri oceani, ma fornisce anche delle preziose informazioni sullo stato di salute degli ecosistemi a quelle profondità. Infatti ritrovare una grande quantità di animali abissali spiaggiati significa che le condizioni dell'habitat sono variate a tal punto da rendere impossibile la vita di questi animali, un indizio essenziale per iniziare studi approfonditi sullo stato di salute di ecosistemi difficilmente visibili dall'uomo.