Negli ultimi vent'anni siamo stati testimoni di un importante aumento dell'interesse, da parte della ricerca, verso la cognizione e il comportamento dei cani che vivono nelle nostre famiglie. Sono stati approfonditi numerosi dettagli della loro comunicazione e del modo in cui si interfacciano con noi, eppure a tutt'oggi vi sono molte domande a cui non abbiamo ancora trovato risposte certe.
Una di queste riguarda i segnali comunicativi usati dai cani tra loro e con noi esseri umani: quando i cani mostrano segnali di eccitazione o segnali di pacificazione, lo fanno rivolti al proprio partner, oppure sono mere riflessioni di un cambiamento nel proprio stato di eccitazione?
Per trovare una risposta in questo ambito ancora dibattuto, il Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell'Università di Parma ha ideato uno studio, durante il quale i cani verranno sottoposti alle stesse situazioni, prima in assenza e poi in presenza di un partner sociale.
Le differenze comportamentali in situazioni sociali e non sociali
«Gli animali possono comunicare in maniera volontaria ma anche in maniera passiva, ovvero inconsapevole – spiega a Kodami Giulia Pedretti, ricercatrice del team dell'Università di Parma – L'obiettivo è quindi quello di osservare le differenze comportamentali proposte dall'individuo quando si trova solo rispetto a quando si trova di fronte ad un suo simile o a un essere umano».
Per comprendere quali siano i comportamenti che le ricercatrici di Parma andranno ad osservare, bisogna però fare un passo indietro e fare chiarezza sul significato del termine arousal, ovvero quel parametro che in neuropsicologia viene definito come il livello di eccitazione emozionale. Per quanto riguarda gli studi sul comportamento del cane da cui parte questa ricerca, l'arousal è un fattore di enorme importanza, perché permette di comprendere il volume dell'emozione che l'animale sta vivendo e fornisce importanti indizi su come si sente.
«I comportamenti che vengono usati come indicatori del livello di arousal di un individuo includono generalmente lo sbadiglio, il leccarsi le labbra o il naso, sollevare la zampa anteriore e ansimare – spiega la ricercatrice – Viene inoltre compreso il freezing, ovvero l'immobilizzarsi, e le modifiche dell'espressione facciale, in particolare la posizione delle orecchie e della bocca».
La prima ad ipotizzare che questi segnali venissero usati dai cani come mezzo di comunicazione è stata Turid Rugaas, addestratrice e scrittrice norvegese che già dalla fine degli anni ottanta si è dedicata a questa tematica. L'ipotesi che ha reso famosi gli studi di Rugaas è che il cane abbia evoluto una serie di segnali visivi in grado di prevenire l'aggressività dell'individuo che ha di fronte con l'obiettivo di calmarlo ed evitare, così, i conflitti.
Se questi segnali hanno effettivamente una connotazione comunicativa, i ricercatori si aspettano quindi che i cani si comportino in maniera differente nella condizione sociale rispetto a quella non sociale. «In particolare ci aspettiamo che i cosiddetti segnali calmanti, vengano emessi con maggiore frequenza nella condizione sociale, soprattutto nei confronti degli altri cani», spiega Giulia Pedretti.
Gli obiettivi dello studio
Per svolgere questa ricerca, però, l'Università di Parma ha bisogno di binomi uomo – cane che siano disposti a partecipare attivamente ai test: «Le attività saranno suddivise in quattro giornate e proseguiranno fino a luglio – spiega la ricercatrice – Ogni esperienza, ovviamente, verrà svolta ponendo particolare attenzione alle emozioni positive dei cani, in modo che la partecipazione ai test venga vissuta con piacere».
«I test verranno effettuati all'interno di una stanza nella quale è stato appositamente allestito un divisorio dotato di un’apertura che sarà coperta da un pannello in plexiglas e un pannello verde – spiega Pedretti – Proporremo loro diverse situazioni e prima di tutto li abitueremo a ricevere il cibo attraverso l'apertura».
Dopo 10 ripetizioni il cibo sarà poi reso irraggiungibile dallo strato di plexiglas e, a questo punto, grazie alle riprese delle telecamere, verranno osservati i movimenti dei muscoli facciali che gli individui utilizzeranno nelle espressioni proposte di fronte alla situazione.
«Lo stesso test verrà poi ripetuto anche in presenza di un altro cane – spiega la ricercatrice – E per verificare il livello di eccitazione nel relazionarsi con un suo simile, preleveremo anche un campione di saliva prima e dopo la sessione, in modo da verificare se vi sarà un aumento del cortisolo, che viene anche chiamato l'ormone dello stress». Ogni sessione dell'esperimento terminerà con tre momenti in cui il cane riceverà nuovamente il cibo dall'apertura, in modo da concludere l'esperienza in maniera positiva.
L'ultimo test infine, prevede la presenza di un essere umano dalla parte opposta del plexiglas: «Ormai è scientificamente dimostrato che anche noi siamo veri e propri partner sociali per i cani e sarà quindi interessante capire se mostrano comportamenti diversi quando sono di fronte a noi, rispetto a quando si relazionano con un loro simile».
Chi volesse partecipare al test può scrivere alla mail giulia.pedretti@unipr.it