Dopo oltre un secolo, i salmoni sono finalmente tornati a nuotare liberamente nel fiume Klamath e nei suoi affluenti, al confine tra California e Oregon. Questo storico momento arriva pochi giorni dopo il completamento del più grande progetto di rimozione dighe nella storia degli Stati Uniti. Nei giorni scorsi, i ricercatori hanno infatti confermato che i salmoni reali hanno ripreso la loro naturale migrazione verso i siti riproduttivi che per più di cento anni erano rimasti inaccessibili a causa delle degli sbarramenti artificiali.
Tra le dighe rimosse c'era anche la Iron Gate, una delle quattro strutture più imponenti presenti nell'area. Questi sbarramenti, costruiti tra il 1918 e il 1962 per generare energia elettrica, hanno interrotto il naturale scorrimento del fiume e devastato gli ecosistemi locali, impattando soprattutto sui salmoni. Per secoli, il fiume Klamath è stato infatti uno dei principali siti riproduttivi per i salmoni sulla costa occidentale degli Stati Uniti, ma una volta reso inaccessibile la popolazione di pesci ha subito un calo numerico drammatico.
Per le popolazioni locali, che hanno combattuto per decenni affinché venissero rimosse le dighe, si tratta di una grande vittoria. Le comunità indigene, insieme a gruppi ambientalisti e conservazionisti, hanno infatti portato avanti una lunga battaglia fatta di proteste e cause legali, mettendo in luce gli enormi danni ambientali causati dagli sbarramenti, in particolare per le specie anadrome come salmoni, che dal mare hanno bisogno di risalire fiumi e torrenti per potersi riprodurre. Si tratta però solo dell'inizio di un lungo percorso di ripresa e rinaturalizzazione del fiume e dei suoi abitanti.
I biologi dovranno ora monitorare per tutto l'autunno e l'inverno la migrazione e il recupero delle popolazioni ittiche, tra cui oltre ai salmoni reali (Oncorhynchus tshawytscha) e argentati (O. kisutch) ci sono anche le trote arcobaleno (O. mykiss). Questo monitoraggio fornirà dati preziosi sul processo di "guarigione" del fiume e sugli effetti positivi a lungo termine della rimozione delle dighe. Quello degli sbarramenti dei fiumi è purtroppo uno dei più grandi problemi che minacciano gli ecosistemi d'acqua dolce in tutto il mondo.
Solo qui in Europa, per esempio, ci sono oltre un milione di barriere destinate certamente ad aumentare, anche in risposta all'emergenza climatica ed energetica che stiamo vivendo. Ma la soluzione esiste, ed è anche molto efficace: si chiama ripristino dei fiumi e degli ecosistemi. La "semplice" eliminazione delle barriere, con il ripristino naturale del corso dei fiumi, si è già dimostrata essere l'azione più rapida ed efficace per favorire la ripresa delle popolazioni ittiche migratrici. Dove sono state eliminate le vecchie dighe ormai andate in disuso, i pesci sono tornati e la natura si è ripresa.
Inoltre, circa il 25% delle barriere che bloccano i fiumi europei sono ormai vecchie o non più in funzione, e potrebbero quindi essere rimosse o restaurate senza grosse ripercussioni. L'Unione Europea, con La Strategia per la Biodiversità del 2030, si è perciò posta l'ambizioso obiettivo di ripristinare il naturale corso dei fiumi per almeno 25mila chilometri. Progetti e movimenti come Dam Removal Europe (DRE) hanno già portato alla rimozione di centinaia di dighe e sbarramenti, ma la strada verso il ripristino naturale dei fiumi è ancora lunga e, purtroppo, piena di vecchie e nuove barriere.