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20 Dicembre 2023
12:50

I primi umani arrivarono in America con i loro cani, che vennero poi utilizzati anche per ricavare tessuti

I cani che accompagnarono i primi esseri umani in Nord America divennero nel tempo cani lanosi, delle particolari razze che venivano usate anche per ricavarne tessuti, tosando la loro pelliccia. Per quanto questo possa sembrare strano, in verità questi cani sopravvissero fino alla prima metà dell'Ottocento, momento in cui erano un simbolo della tradizione culturale di alcune particolari popolazioni indigene: i Salish.

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Alcune nuove scoperte recentemente pubblicate su Science stanno completamente cambiando il modo con cui gli archeologi e gli antropologi guardano alle prime popolazioni umane che arrivarono negli attuali Stati Uniti nord occidentali. Questi antichi popoli, infatti, non giunsero in America da soli, ma si portarono dietro anche molti animali che avevano già domesticato in Asia o che trovarono lungo la strada circa 15.000 anni fa. In particolare, tra questi c'erano anche alcune razze di cani oggi estinte, che inoltre producevano una quantità davvero impressionante di pelliccia che veniva tosata e utilizzata dalla nostra specie al posto dei velli di pecora.

Questi studi si basano sull'analisi genetica della pelliccia di "Mutton," uno degli ultimi individui conosciuti di cane lanoso e i cui resti sono oggi conservati allo Smithsonian Institution da quando è morto, nel 1859. Questa varietà di cani era tipica dell'America Settentrionale, anche se oggi ci sono pochi reperti che ne testimoniano l'esistenza. Gran part dei loro resti sono infatti andati perduto e anche la storia di questo particolare individuo, che raconta dell'antico rapporto umani-cani in Nord America, è stata per lungo tempo dimenticata, almeno fino all'inizio degli anni 2000. Da allora, infatti, i resti conservati di Mutton sono stati messi a disposizione dei ricercatori e solo recentemente un team di archeologi, antropologi e biologi molecolari li ha analizzati dal punto di vista genetico.

In vita Mutton era il compagno di George Gibbs, un naturalista che lavorava alla spedizione Northwest Boundary Survey e che aveva il compito di mappare la Columbia Britannica e le coste del Pacifico nordoccidentale. La sua razza era già molto rara all'epoca e al momento della sua morte, probabilmente, sopravvivevano solo pochissimi altri individui, andati poi perduti per sempre. Mutton, inoltre, disponeva però di un folto manto bianco, che viene descritto dallo stesso Gibbs come "una pelliccia perfetta per affrontare l'inverno".

Non si sa dove l'esploratore trovò il suo cane, ma effettuando diverse indagini archeologiche e antropologiche nelle regioni da lui esplorate, il team di ricerca dello Smithsonian ha scoperto che fino a metà Ottocento gran parte dei villaggi Salish, un gruppo etno-linguistico di popoli amerindi, allevava e associava questa razza anche a una sorta di status symbol, visto che possedere un cane lanoso era visto come sinonimo di ricchezza, purezza e sacralità.

Tradizionalmente, sembra infatti che solo le donne più Salish  più influenti potevano dotarsi di questi cani, che erano talmente lanosi da poter essere utilizzati anche come metro di valutazione della stessa ricchezza di una famiglia. Le loro pellicce, infatti, venivano riconvertite in coperte e tappeti e spesso mescolati con peli di capre di montagna per tessere indumenti e tende. Chi aveva un cane lanoso quindi poteva quindi o rivenderne la pelliccia o usarla per produrre dei tessuti, godendo perciò di un maggior potere economico che gli consentiva di vivere in maniera più agiata.

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Immagine da Wikimedia Commons

Andando però poi ad effettuare le analisi genetiche sulla pelliccia di Mutton, i ricercatori hanno scoperto che i cani lanosi allevati dai Salish si differenziarono dalle altre linee genetiche dei cani moderni già circa 5.000 anni fa. Un indizio che ha permesso di datare indietro nel tempo l'origine di questa razza all'arrivo dei primi uomini in Nord America.

Ciò ha portato infatti gli esperti a credere che i diretti antenati di questa razza abbiano raggiunto le Americhe insieme agli esseri umani e che siano stati sfruttati per ragioni tessili per interi millenni, finché i coloni europei non cominciarono a decimare le popolazioni americane native. In quel preciso momento storico, infatti, la tradizione di allevare cani lanosi per ragioni tessili venne persa e gli stessi nativi americani degli ultimi secoli si convinsero che era più vantaggioso importare la lana degli ovini provenienti dall'enorme praterie centrali degli Stati Uniti che allevare questi costosi cani.

«Perché impiegare tanto tempo e fatica per allevare cani da lana e realizzare coperte in modo tradizionale quando potevi semplicemente acquistare una coperta tessuta a macchina? – spiegano gli autori dello studio – Non aveva più senso seguire i vecchi processi manifatturieri e a farne principalmente le spese furono i cani lanosi». Le attuali popolazioni Salish, tuttavia, non sono d'accordo con questa ricostruzione.

Debra Sparrow, una maestra tessitrice della Musqueam Nation, una comunità che unisce tutte le popolazioni Salish oggi esistenti, ha infatti spiegato che loro non si sarebbero mai separati dai loro cani lanosi, se non fossero intervenuto i coloni provenienti da oriente. Gli europei, infatti, obbligarono per tutto l'Ottocento a loro antenati ad abbandonare le loro tradizioni e di vestirsi all'occidentale, fenomeno che ha repentinamente portato i cani lanosi a essere messi da parte. L'introduzione poi di nuove razze arrivate dall'Europa ha poi sicuramente contribuito a portare all'estinzione questi cani.

Oggi alcuni Salish vorrebbero vedere tornare i cani lanosi all'interno delle loro famiglie, ma al momento non c'è modo di riportarli in vita. Clonare infatti Mutton e i pochi altri esemplari ancora conservati è quasi impossibile, perché il loro DNA è troppo degradato dopo aver passato oltre 160 anni all'interno dei musei. Questo animale, quindi, è destinato probabilmente a essere ricordato solo come un elemento moto importante della tradizione indigena delle comunità Salish, anche se sembra aver anche contribuito all'inizio all'espansione umana nell'intero Nord America.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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