La natura ci ha già dimostrato che esistono forme di imitazione e mimetismo tra gli animali davvero incredibili. C'è chi si confonde alla perfezione con l'ambiente, chi imita i colori e le forme di specie tossiche o pericolose e chi è in grado addirittura di copiare la voce e i versi di altri animali, tutto per ingannare un potenziale predatore. In questo sono maestri gli uccelli, le cui capacità di mimetismo vocale sono bene note da tempo, ma da oggi dobbiamo aggiungere all'elenco degli imitatori più talentuosi anche i pipistrelli.
Alcune specie di chirotteri, in particolare il vespertilio maggiore, se infastiditi sono infatti in grado di imitare il ronzio di calabroni e api per allontanare un possibile predatore, soprattutto barbagianni e altri rapaci notturni. Lo ha scoperto un team di ricercatori coordinati dal Dipartimento di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli Federico II: «Si tratta del il primo caso mai dimostrato di mimetismo acustico nei mammiferi» spiega Leonardo Ancillotto, ricercatore della Federico II e primo autore dello studio appena pubblicato su Current Biology.
Dalle osservazioni sul campo allo studio
Tra i naturalisti e i chirotterologi esperti come Leonardo Ancillotto era qualcosa di cui si sospettava da tempo: «Chi lavora sul campo ed è abituato a manipolare pipistrelli per studiarli lo sospetta da un po' – racconta il ricercatore – L'idea è nata assieme professor Danilo Russo e ad altri colleghi, con cui più volte ci siamo ritrovati ad ascoltare questi ronzii emessi dai pipistrelli e che ricordavano tantissimo quelli di api, vespe e calabroni. Allora ci siamo detti, se inganno noi perché non potrebbe essere lo stesso con altri predatori? Proviamo a verificarlo».
Per dimostrarlo i ricercatori hanno registrato numerosi ronzii emessi da diverse specie di pipistrelli quando vengono disturbati, in particolare quelli del vespertilio maggiore (Myotis myotis), un chirottero di medie dimensioni piuttosto comune in Italia: «Li abbiamo poi analizzati e descritti da un punto di vista bioacustico per poterli studiare più nel dettaglio – racconta Ancillotto – E lo stesso abbiamo fatto anche con i suoni di diverse specie di imenotteri, come api, calabroni, vespe e bombi, grazie all'aiuto di Federico Cappa e Rita Cervo dell'università di Firenze».
Gli studiosi hanno poi confrontato i vari tipi di ronzii per scovare tutte le similitudini e le differenze "ripulendo" quello dei pipistrelli dalla componente a ultrasuoni, frequenze che i rapaci notturni non sono in grado di percepire. I ronzii del vespertilio erano davvero molto simili a quelli di allarme alcuni imenotteri, in particolare con quelli del calabrone (Vespa crabro) e dell'ape domestica (Apis mellifera). Restava quindi da dimostrare sul campo l'ipotesi iniziale, cioè che quei suoni così tanto simili a quelli degli imenotteri imenotteri potessero essere efficaci per scacciare i predatori.
Il test sui rapaci notturni
Per scoprirlo gli studiosi hanno approfittato dei tanti rapaci notturni presenti al CRAS della LIPU di Roma, che aveva in cura un buon numero di allocchi e barbagianni: «Abbiamo sostanzialmente sottoposto ogni singolo rapace agli stimoli acustici, sia ronzii di pipistrello che quelli di imenotteri – spiega Leonardo Ancillotto – Osservando e misurando poi le loro reazioni anche in risposta ad altri suoni e versi di controllo. Le reazioni ai ronzii di pipistrelli e insetti negli uccelli sono state praticamente identiche, i rapaci mettevano in atto comportamenti d'allarme o di fuga, mentre al contrario si mostravano incuriositi quando ascoltavano gli altri versi dei pipistrelli. Era evidente che barbagianni e allocchi erano spaventati dai ronzii».
Restava solo un ultima importantissima cosa da fare: dimostrare che le reazioni dei rapaci non erano innate, ma appresse grazie all'esperienza. Era questa la chiave per confermare che i pipistrelli stavano effettivamente "copiando" il suono di un animale in perfetto stile batesiano, un tipo di mimetismo in cui una specie innocua, il vespertilio, ne imita una pericolosa, il calabrone. Hanno quindi ripetuto l'esperimento su altri rapaci cresciuti per tutta la vita al CRAS e che quindi non avevano certamente avuto alcun tipo di esperienza con api, vespe o calabroni in natura.
Il primo caso di mimetismo batesiano nei mammiferi
«E la cosa ha funzionato. Se fosse stata una risposta innata avrebbero dovuto reagire tutti allo stesso modo, cosa che non è successo – racconta Ancillotto – I giovani cresciuti al CRAS in effetti non reagivano negativamente ai ronzii, né a quelli dei pipistrelli né a quelli degli imenotteri». Il primo gruppo di rapaci, quindi, aveva probabilmente avuto una brutta esperienza con calabroni e api imparando un'importantissima lezione: restare lontani dai ronzii (e quindi dalle punture). Cosa che è tornata poi molto utile anche al vespertilio ingannatore.
Questo studio è il primo in assoluto a dimostrare il mimetismo acustico batesiano in un mammifero e tra i primi in generale tra tutti gli animali. «In futuro vorremmo allargare lo studio anche ad altre specie di chirotteri e non solo – conclude Leonardo Ancillotto – In tanti ci stanno contattando per raccontarci le loro osservazioni e siamo sicuri si tratti di un comportamento molto più diffuso di quanto pensiamo, anche in altri animali che nidificano o trovano rifugio in cavità, come gli uccelli».
Il ronzio del calabrone sembra quindi incutere parecchio timore non solo nella nostra specie. Gufi, allocchi e barbagianni terrorizzati dall'imitazione del vespertilio maggiore ne sono la prova. Un segnale d'avvertimento evidentemente tanto efficace e difficilmente fraintendibile, che i piccoli mammiferi alati hanno imparato a sfruttare alla perfezione.