I cambiamenio climatici sta no influenzando sempre di più le specie marine, visto che l'oceano è uno degli ambienti naturali più colpiti dal surriscaldamento globale e dall'aumento di concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera. In risposta a questi stravolgimenti ambientali, secondo uno studio di un team di scienziati guidati dai ricercatori dell'Università di Glasgow, i pesci si stanno trasferendo in massa sempre più velocemente verso acque più fredde, vicine ai poli, mutando completamente le condizioni ecologiche dei luoghi da cui emigrano e in cui arrivano. La ricerca, che è il prodotto di lungo studio sarà presto pubblicata presso la rivista Global Change Biology, ma è già disponibile nella sua versione di prepubblicazione.
L'obiettivo di questi pesci, ovviamente, è quello di raggiungere acque più calme e meno soggetti agli sbalzi di temperatura, spiegano i biologi, e sono principalmente due gli stili di viaggio che stanno intraprendendo questi organismi. La maggioranza delle specie preferisce infatti dirigersi verso Nord o verso Sud, spostandosi velocemente a livello della superficie e formando dei grossi banchi che si spostano controcorrente, seguendo le direzioni delle correnti calde dell'oceano. La più nota di queste correnti è quella nota come "corrente del Golfo", che riscalda l'Europa nord-occidentale soprattutto durante l'inverno. Altri pesci, invece, prediligono spingersi verso i poli, decidendo come prima cosa di raggiungere gli abissi, di modo che possano godere di temperature meno elevate rispetto alla superficie.
Immaginare d'altronde che i pesci rimangano stanziali all'interno del loro territorio d'origine, mente l'acqua si surriscalda, è inverosimile. La temperatura dell'acqua influisce infatti pesantemente su molteplici funzioni delle specie e ne regola il metabolismo, lo sviluppo e la riproduzione. Questi animali inoltre presentano un range di sopportazione molto ristretto. Raggiunta quindi una certa temperatura, i pesci sono costretti a migrare e a cercare acque dalle temperature più basse, con la scomparsa totale di alcune specie ittiche in quelle località dove i pesci non possono proprio più tollerare le nuove condizioni ambientali che si sono instaurate.
Carolin Dahms, autrice principale dello studio, ha così dichiarato che per colpa di quest'innalzamento delle temperature molto probabilmente dovremo abituarci a un cambiamento radicale delle comunità ittiche a cui siamo stati abituati per secoli, con pesanti conseguenze legate all'ecologia dei luoghi come anche al commercio del pescato. «Abbiamo osservato una tendenza sorprendente. Le specie che vivono in aree che si stanno riscaldando più velocemente mostrano infatti cambiamenti più rapidi nelle loro distribuzioni geografiche rispetto anche ai loro più vicini parenti, presenti però in mari più tranquilli. Ciò è possibile perché il tasso di riscaldamento in alcune regioni si sta innalzando troppo e troppo rapidamente per consentire alle specie di adattarsi in loco. Con il risultato che il trasferimento di massa verso i poli potrebbe risultare davvero l'ultima strategia disponibile per far fronte al pericolo dell'estinzione».
L'oceano sempre più caldo non è però l'unica crisi che sta mettendo a dura prova molte specie. Anche la pesca intensiva contribuisce, affermano i biologi, a spingere sempre di più i giovani esemplari verso le aree meno battute dai pescherecci, la maggioranza dei quali è radunata nelle zone equatoriale dell'oceano o nei pressi della terraferma. Questo è un altro fattore che probabilmente obbligherà tantissime specie ad adattarsi velocemente ai nuovi stili di vita, visto che li porta poi a riprodursi in aree che precedentemente non erano abitate da questi pesci.
«Mentre però il trasferimento in acqua più fredda può consentire a queste specie di persistere a breve termine o anche di sopravvivere ad un'eventuale estinzione, resta da vedere come le reti trofiche e gli ecosistemi saranno influenzati da questi cambiamenti, sia a livello polare sia nelle regioni vicino l'equatore – ha affermato Shaun Killen, ecologo marino e altro autore dello studio – Se infatti le prede di queste specie non si muoveranno anch'essi dalle loro regioni di origine, o se questa migrazione di massa diventerà un disturbo per le regioni sottoposte al loro arrivo, potrebbero esserci gravi conseguenze per l'intera biosfera». Uno scenario molto rischioso che potrebbe stravolgere interi ecosistemi.
Questo studio ha anche dimostrato che il modo in cui misuriamo gli effetti della crisi climatica è molto importante. Ignorare come invece stiamo facendo adesso gli ecosistemi di più rapida evoluzione, altera infatti la nostra percezione su quello che sta realmente succedendo ed è per questo che i biologi di Glasgow invitano tutti i loro colleghi a studiare molteplici tipologie di ecosistemi, di modo da avere un quadro più completo sullo stato degli oceani e non solo quelli maggiormente studiati per questioni storiche (il Mediterraneo) o commerciali (l'Atlantico settentrionale).